giovedì 14 settembre 2023

"Un anno vissuto biblicamente. Le lezioni di A. J. Jacobs sulla religione e la vita quotidiana" di Davide Romano



Qualche anno fa, il giornalista newyorkese A. J. Jacobs ha intrapreso un viaggio straordinario che ha catturato l'attenzione di molti. La sua sfida era vivere, per un intero anno, seguendo letteralmente ogni indicazione contenuta nella Bibbia. Questa audace impresa ha portato alla creazione di un libro che ha suscitato riflessioni profonde sulla religione e sulla vita quotidiana.

Molti credenti prendono la Bibbia molto sul serio, cercando di applicare i suoi principi nella loro vita di tutti i giorni. Studiano le Scritture, partecipano a discussioni religiose e cercano di vivere secondo le norme stabilite nei testi sacri. Ma quali sarebbero le conseguenze se prendessimo alla lettera ogni indicazione di un libro antico, scritto più di 3000 anni fa, mentre viviamo in un mondo moderno?

A. J. Jacobs, cresciuto in una famiglia ebrea laica, si definisce un agnostico che ha sempre avuto dubbi sulla religione. Tuttavia, l'interesse personale per le sue radici ebraiche e la curiosità giornalistica lo hanno spinto a intraprendere un "Anno Vissuto Biblicamente". La sua missione era chiara: seguire alla lettera tutte le istruzioni contenute nella Bibbia per un anno intero.

Jacobs ha iniziato il suo progetto meticolosamente, raccogliendo oltre 700 istruzioni specifiche dalla Bibbia. Queste includevano non solo i celebri Dieci Comandamenti, ma anche dettagliate leggi sulla purezza e su come condurre la vita quotidiana. Con l'aiuto di consulenti teologici, ha cercato di mettere in pratica queste regole, documentando tutto nel suo libro "Un anno vissuto biblicamente."

I risultati dell'esperimento sono stati sorprendenti. Jacobs ha cambiato radicalmente il suo aspetto fisico, portando una barba piena e un piccolo sgabello pieghevole ovunque, per evitare di sedersi in luoghi in cui persone "impure" potevano essersi accomodate. Ha modificato la sua dieta, il linguaggio e il comportamento sociale. Ma l'aspetto più interessante dell'esperimento è stato come queste trasformazioni abbiano influenzato le sue convinzioni personali.

Durante quell'anno, Jacobs ha interagito con una vasta gamma di credenti, da ebrei chassid ballerini a agricoltori Amish, da pellegrini al Muro del Pianto a pastori israeliani e cristiani che maneggiavano serpenti. Questi incontri hanno contribuito a modellare la sua comprensione della fede e della pratica religiosa.

Tuttavia, la domanda più grande che Jacobs ha posto è come la Bibbia sia applicabile nella vita di oggi. Poche persone prenderebbero alla lettera la Bibbia come lui l'ha fatto, ma il suo esperimento ha sollevato importanti interrogativi su come i credenti scelgano cosa prendere alla lettera e cosa interpretare o adattare alla cultura e alle circostanze attuali.

Jacobs sottolinea che se i credenti non sono disposti a seguire le istruzioni bibliche con la stessa dedizione, non possono considerarsi veri letteralisti. Tuttavia, il vero potere della Bibbia emerge quando viene letta e interpretata nel contesto di una relazione con Dio.

Le Scritture diventano una guida preziosa quando vengono lette alla luce di una relazione personale con il divino. La Bibbia non è solo un elenco di regole, ma una raccolta di storie ed esempi che possono essere applicati alla vita di tutti i giorni. La vera trasformazione avviene quando si permette a Dio di parlare attraverso le Scritture e di guidare la vita in modo significativo.

In conclusione, l'esperimento di A. J. Jacobs ha dimostrato che prendere alla lettera la Bibbia può comportare cambiamenti significativi nella vita di una persona. Tuttavia, la vera forza della Bibbia risiede nella sua capacità di guidare e ispirare quando viene letta nel contesto di una relazione personale con Dio. La Bibbia diventa una fonte di saggezza, guida e ispirazione per coloro che cercano un rapporto autentico e profondo col Signore. Non lo diventa, invece, per chi si accosta al testo sacro con superficialità o con la curiosa supponenza dell'investigatore (anche se Dio può usare anche questa errata predisposizione perché si arrivi a Lui. A Dio nulla è impossibile). 

"Quando la preghiera si fa complicata. Alla ricerca di risposte e speranza" di Davide Romano

 


La preghiera è una pratica nata forse con l’uomo che molte persone utilizzano per comunicare con un potere superiore o per cercare conforto, speranza e risposte alle domande più profonde. Tuttavia, ci sono momenti nella vita in cui la preghiera può sembrare un'impresa ardua, quando le parole sfuggono e la risposta desiderata sembra irraggiungibile. In questi momenti d’incertezza, cosa si può fare?

Nonostante i cambiamenti sociali e culturali, la preghiera continua a essere una pratica diffusa. Le persone si rivolgono alla preghiera in cerca di conforto, speranza e direzione, indipendentemente dalle loro convinzioni religiose. Le statistiche mostrano che una grande percentuale della popolazione mondiale prega regolarmente, dimostrando la sua universalità come strumento di ricerca interiore.

Uno dei grandi dilemmi della preghiera è la percezione che le nostre suppliche possano rimanere senza risposta. Molti s’interrogano su come funzioni la risposta divina alle preghiere o perché sembra che alcune preghiere siano esaudite mentre altre no. La perseveranza è fondamentale in questi casi. Le parole di Gesù, "chiedi e ti sarà dato", potrebbero essere interpretate come un invito a perseverare nella preghiera, anche quando sembra che non ci siano risposte immediate.

Un aspetto cruciale della preghiera è l'onestà. Non è necessario utilizzare parole elaborate o formule complesse per comunicare con il divino. È possibile condividere sinceramente i propri sentimenti, che siano rabbia, tristezza o confusione. L'onestà nell'approccio alla preghiera è fondamentale.

La preghiera non si limita alle parole. Può essere espressa attraverso la musica, l'osservazione della natura, l'espressione artistica o la scrittura di pensieri e sentimenti sotto forma di poesia o lettere. Questi approcci alternativi possono essere altrettanto efficaci quando le parole sono difficili da trovare.

È facile concentrarsi sulle sfide e sulla sofferenza, ma è altrettanto importante riconoscere le benedizioni e gli aspetti positivi della vita. Tenere un registro delle esperienze positive può aiutare a mantenere la prospettiva e la speranza nei momenti in cui la preghiera sembra difficile.

La preghiera può essere un'esperienza solitaria, ma non è necessario affrontarla da soli. Condividere le proprie sfide e preoccupazioni con amici e familiari di fiducia può essere una fonte preziosa di supporto. Chiedere agli altri di pregare insieme a voi può alleviare il peso delle preoccupazioni e favorire un senso di connessione spirituale.

Anche se la preghiera può comportare sfide e momenti difficili, è importante perseverare. La tenacia e la determinazione possono essere strumenti potenti, anche quando sembra che le risposte non arrivino o la preghiera sia un'impresa ardua. La preghiera, con onestà, apertura e perseveranza, può continuare a essere un mezzo per trovare speranza, conforto e una connessione più profonda con l'aspetto spirituale della vita.

Scriveva Pascal: "Consolati, non mi cercheresti se non mi avessi trovato". Forse molti di noi cercano Dio nella preghiera proprio perché, in modo misterioso, Lui si è fatto già trovare. 

mercoledì 13 settembre 2023

“Pino Puglisi, il Vangelo contro la mafia” di Davide Romano









Sono passati trent’anni da quel 15 settembre del 1993, una data destinata a rimanere impressa nella memoria collettiva, il giorno in cui don Pino Puglisi fu ucciso dalla mafia. Era il suo 56° compleanno, e la sua vita venne spezzata davanti al portone di casa, nel cuore del quartiere Brancaccio di Palermo. Dietro questo vile omicidio si celavano i mandanti principali, i capi mafiosi Filippo e Giuseppe Graviano, successivamente condannati all'ergastolo. A premere il grilletto fu Salvatore Grigoli, un uomo che, paradossalmente, in carcere intraprese un cammino di conversione.

La storia di Don Pino Puglisi è una testimonianza di fede e coraggio che sfida la stessa oscurità della mafia. Il suo sorriso in quegli ultimi istanti e le parole "Me lo aspettavo" dimostrano la sua consapevolezza del pericolo che correva e la sua determinazione a non cedere di fronte alla violenza criminale. Questo eroe della fede è stato beatificato il 25 maggio 2013, poco dopo l'elezione di Papa Francesco, riconosciuto come martire "in odium fidei" cioè in odio alla fede.

Don Pino Puglisi aveva capito che la linfa vitale delle mafie risiedeva nel muro di omertà e consenso che si creava tra la gente. Per contrastarlo, ha dedicato la sua vita a educare i giovani alla cultura della legalità, rendendoli consapevoli e desiderosi di rompere le catene che imprigionavano la Sicilia. Quando nel settembre del 1990 fu nominato parroco a Brancaccio, il quartiere della sua infanzia, Don Pino continuò a seguire questo stile di annuncio e incontro personale, creando strutture che facilitassero le relazioni.

La sua particolare attenzione si concentrava sui giovani e sulle problematiche sociali dei quartieri emarginati di Palermo. Fu un attento osservatore dei lavori del Concilio Vaticano II e diffondeva i suoi documenti tra i fedeli. Non ebbe timore, per esempio, di opporsi a un comitato che spendeva ingenti somme per la festa patronale, mentre la parrocchia mancava di spazi adeguati per le attività. Nel 1992, cominciò a progettare la creazione di una grande struttura parrocchiale, inserita in un'area verde, con annesso un teatro, uno spazio per le celebrazioni all'aperto, un gazebo e una biblioteca.

Don Pino Puglisi ha testimoniato che la paura non può essere l'ultima parola di chi crede in Cristo. La sua vita ci sfida a domandarci se sia folle affrontare le mafie con la forza disarmata del Vangelo. Forse lo è, ma è una follia che ci chiama ad amare i nostri nemici, a pregare per i nostri persecutori, a odiare il male ma a continuare ad amare le persone, anche quelle che sembrano essersi smarrite lungo il cammino dell'umanità. Don Pino Puglisi è un esempio straordinario di come la fede possa illuminare anche il cammino più buio e pericoloso, ispirandoci a lottare per la giustizia, la verità e la dignità umana.

 

 

 

“I Valdesi: Una Passione per la Fede e la Libertà” di Davide Romano



Nel cuore delle maestose Alpi italiane, tra scenari montani mozzafiato e una ricca storia di perseveranza, troverete i Valdesi. Questo gruppo di cristiani, noto anche come Chiesa Valdese, è animato da una passione profonda per la fede, la libertà e la giustizia.

I Valdesi affondano le loro radici in una tradizione di resistenza e ricerca della verità. Nel Medioevo, in un'epoca in cui la Chiesa Cattolica esercitava un controllo rigoroso sulla fede cristiana, i Valdesi si ribellarono coraggiosamente. Essi credevano in una fede semplice e autentica, basata sulla lettura diretta della Bibbia. La passione per la verità li spinse a tradurre la Bibbia in lingue comprensibili, rendendo la Parola di Dio accessibile a tutti.

La fede è il cuore pulsante della vita Valdese. La passione per Dio e la profonda connessione spirituale attraverso la lettura e lo studio della Bibbia sono le chiavi della loro identità. Essere Valdesi significa coltivare una relazione personale e appassionata con Dio, alla ricerca costante della verità spirituale.

La passione dei Valdesi si estende all'accoglienza della diversità. Questa comunità ha sempre aperto le porte a persone di diverse culture, credenze e stili di vita. L'inclusività è un segno distintivo della loro fede, dimostrando che l'amore per il prossimo supera qualsiasi barriera.

Essere Valdesi significa anche abbracciare l'impegno sociale e la giustizia. Questa comunità non si limita a vivere la propria fede nei confini delle chiese, ma s’impegna attivamente per migliorare il mondo che li circonda. Dall'assistenza ai bisognosi alla difesa dei diritti umani, i Valdesi incarnano la passione per la giustizia e la compassione.

L'essere parte della comunità Valdese è come essere parte di una grande famiglia. La solidarietà e il sostegno reciproco sono valori fondamentali. Nelle gioie e nelle sfide della vita, i Valdesi sono lì per gli altri, creando un legame che va al di là delle semplici appartenenze religiose.

Infine, la passione dei Valdesi si riflette nel loro impegno per la pace e la nonviolenza. Sono fermamente convinti che la pace sia un valore fondamentale del cristianesimo e lavorano instancabilmente per promuovere la comprensione e la conciliazione tra le persone.

Essere Valdesi, pertanto, è abbracciare una passione profonda per la fede, la libertà, la giustizia e l'amore per il prossimo. Questa comunità ha attraversato secoli di sfide, ma la loro passione per la verità e la ricerca spirituale continua a guidarli. Sono una testimonianza vivente di come la fede possa essere un faro luminoso nella notte, una guida per la vita e una fonte inesauribile d’ispirazione.


martedì 12 settembre 2023

“Il celibato ecclesiastico, la ‘fulgida gemma’ che la Chiesa Cattolica Romana non vuol gettare via” di Davide Romano



Come ribadì papa Paolo VI: «Il celibato sacerdotale, che la Chiesa custodisce da secoli come fulgida gemma, conserva tutto il suo valore anche nel nostro tempo». La Chiesa cattolica riconosce che teoricamente si potrebbe cambiare questa disciplina della Chiesa latina, della quale alcuni individui e gruppi chiedono l'abolizione o la modifica, ma della quale i recenti papi hanno sottolineato l'alto valore.

Papa Giovanni Paolo II (1978-2005) intervenne più volte in difesa del celibato dichiarando che sarebbe stato una positiva soluzione al calo delle vocazioni. Giovanni Paolo II elencò anche una serie di motivi perché un sacerdote debba essere celibe, quali: maggior tempo da dedicare alla parrocchia e alla comunità, un prete non deve pensare ai beni terreni e questo nell'ottica di avere un figlio sarebbe ingiusto. Tra i suoi discorsi sul celibato da notare quello del 9 novembre 1978 al clero di Roma.

Papa Benedetto XVI (2005-2013) nella Sacramentum Caritatis afferma: «Il fatto che Cristo stesso, sacerdote in eterno, abbia vissuto la sua missione fino al sacrificio della croce nello stato di verginità costituisce il punto di riferimento sicuro per cogliere il senso della tradizione della Chiesa latina a questo proposito».

Il celibato ecclesiastico, o la pratica del voto di castità per i membri del clero cattolico romano, è infatti un tema dibattuto da secoli. Alcuni critici vedono questa pratica come obsoleta, mentre altri la considerano fondamentale per la vita religiosa. In questo articolo, esploreremo alcune delle ragioni per cui il celibato ecclesiastico rimane una parte importante della tradizione cattolica e difenderemo questa scelta sacra.

Il celibato ecclesiastico ha radici profonde nella tradizione apostolica. Gesù stesso ha parlato dell'importanza della castità e del lasciare tutto per seguirlo. Gli apostoli, che sono stati i primi vescovi e sacerdoti della Chiesa, hanno abbracciato questa chiamata, scegliendo di vivere una vita di celibato per dedicarsi completamente al servizio di Dio e della comunità cristiana. Questa tradizione si è trasferita attraverso i secoli e rimane un segno di continuità con gli insegnamenti degli apostoli.

Il celibato ecclesiastico consente ai sacerdoti di concentrarsi completamente sul loro ministero spirituale e sul servizio alla comunità. Senza le responsabilità della famiglia, i sacerdoti possono essere più disponibili per le necessità dei fedeli. Possono dedicare più tempo alla preghiera, alla meditazione e allo studio delle Sacre Scritture, il che arricchisce il loro insegnamento e la loro guida spirituale.

Il celibato ecclesiastico aiuta a evitare situazioni in cui il sacerdote potrebbe essere influenzato da questioni familiari o interessi personali nelle sue decisioni pastorali. Evita anche il rischio di eredità ecclesiastiche, in cui posizioni di potere e autorità vengono trasmesse da una generazione all'altra all'interno delle famiglie dei sacerdoti. Ciò contribuisce a garantire una maggiore trasparenza e integrità nell'amministrazione delle parrocchie e delle diocesi.

Il celibato ecclesiastico è considerato un atto di consacrazione totale a Dio. I sacerdoti rinunciano volontariamente alle relazioni romantiche e familiari per essere più vicini a Dio e alla sua chiamata. Questa scelta rappresenta un impegno profondo e un segno di sacrificio personale, che è altamente stimato nella tradizione religiosa.

In conclusione, il celibato ecclesiastico è una pratica che ha profonde radici nella tradizione apostolica e che continua a svolgere un ruolo importante nella Chiesa cattolica. Questa scelta sacra offre numerosi vantaggi, tra cui la dedizione al servizio spirituale, l'evitare potenziali conflitti di interesse e il segno di una consacrazione totale a Dio. Mentre il dibattito sul celibato ecclesiastico può continuare, è importante riconoscere il suo significato nella vita religiosa e il ruolo che svolge nell'approfondire la fede e la dedizione dei sacerdoti cattolici. È curioso che chi lo contesta, battendosi per un sacerdozio uxorato, ovvero chi vuole preti con mogli e figli, è spesso lo stesso che, al momento dell’ordinazione sacerdotale, lo ha accettato senza alcuno scrupolo morale e senza alcuna costrizione. Ci ha solo ripensato dopo quando magari ha incontrato l’amore carnale negli occhi di una donna (o di un altro uomo). Troppo comodo.

 

"Cirillo Lucaris, il patriarca di Costantinopoli che provò, invano, a riformare la Chiesa Ortodossa" di Davide Romano

Cirillo Lucaris è una figura di spicco nella storia della Chiesa Ortodossa, noto per il suo ruolo di patriarca ecumenico di Costantinopoli nel XVII secolo e per le sue influenti idee teologiche. La sua vita e il suo lavoro hanno lasciato un'impronta indelebile sulla storia della Chiesa Ortodossa e sulla teologia cristiana nel suo complesso.

Cirillo Lucaris nacque nel 1572 sull'isola di Creta, all'epoca parte della Repubblica di Venezia. Venne educato presso la Scuola Patriarcale di Costantinopoli, dove ricevette una solida formazione teologica e filosofica. Mostrò un notevole talento intellettuale fin dalla giovane età, il che lo rese un candidato ideale per una carriera all'interno della Chiesa Ortodossa.

Nel 1602, Cirillo fu eletto patriarca ecumenico di Costantinopoli. Durante il suo episcopato, cercò di riformare e rafforzare la Chiesa Ortodossa, affrontando le sfide poste dalla presenza crescente del potere ottomano nell'Impero Bizantino. Lucaris si sforzò di mantenere la fede ortodossa in un periodo turbolento, stabilendo scuole e promuovendo l'istruzione teologica.

Uno dei contributi più significativi di Cirillo Lucaris alla teologia ortodossa fu la sua enfasi sulla predestinazione e la giustificazione per fede. Queste idee erano in linea con le influenze riformate dell'Occidente, in particolare con la teologia di Giovanni Calvino. Lucaris sostenne che la salvezza fosse basata sulla grazia di Dio e sulla fede personale, un concetto che era in contrasto con la teologia ortodossa tradizionale che poneva maggiormente l'accento sulle opere e i sacramenti.

Le idee teologiche di Lucaris portarono a una controversia all'interno della Chiesa Ortodossa. Alcuni leader ecclesiastici e teologi ortodossi accusarono Lucaris di eresia e cercarono di deporlo dal suo ruolo di patriarca. Tuttavia, Lucaris ricevette il sostegno da parte di alcune potenze protestanti dell'Europa occidentale, in particolare da Enrico IV di Francia e James I d'Inghilterra. Questo sostegno politico contribuì a mantenere Lucaris al potere, ma aumentò anche la tensione tra le fazioni ortodosse tradizionaliste e quelle che abbracciavano le sue nuove idee.

Cirillo Lucaris trascorse gran parte della sua vita in lotta contro le accuse di eresia. Nel 1638, fu deposto e esiliato, ma tornò al potere in diverse occasioni. Tuttavia, la sua vita si concluse tragicamente quando fu assassinato nel 1638, mettendo fine a una carriera controversa e influente.

Nonostante la sua morte prematura, l'eredità di Cirillo Lucaris è durata nel tempo. Le sue idee teologiche hanno continuato a influenzare il pensiero teologico ortodosso e sono state oggetto di studio e dibattito per secoli. La sua determinazione nel difendere le sue convinzioni e la sua capacità di navigare tra le complesse dinamiche politiche e religiose del suo tempo lo rendono una figura eccezionale della Chiesa Ortodossa.

Ancora oggetto di un aspro confronto fra gli storici nel mondo ortodosso, Cirillo Lucaris è stato un patriarca ecumenico di grande importanza nella storia della Chiesa Ortodossa. Le sue idee teologiche, sebbene assai ostacolate nel suo tempo, hanno contribuito a plasmare la teologia ortodossa successiva e hanno lasciato un'impronta duratura sulla Chiesa e sul pensiero religioso.


“Più boy scout e meno poliziotti. Il Movimento Scout e l’eredità di Baden-Powell: educare per un mondo migliore” di Davide Romano

 


Che cosa hanno in comune l’astronauta Neil Armstrong, il primo uomo ad aver messo piede sulla Luna, l’attore Richard Gere, il cantautore Paul McCartney, il presidente Usa John F. Kennedy e il re di Svezia Carlo XVI? È semplice: tutti loro sono stati scout!

Perché il Movimento Scout è una delle organizzazioni giovanili più influenti e significative del Mondo, con una storia ricca di tradizioni e ideali che continuano ad ispirare giovani e adulti in tutto il pianeta. Fondato da Lord Robert Baden-Powell, figlio di un pastore anglicano e avviato giovanissimo alla carriera militare, un uomo straordinario la cui visione ha lasciato un'impronta indelebile sulla società, oggi conta più di 36 milioni di membri sparsi in più di 160 nazioni.

Tutto ebbe inizio all'inizio del XX secolo, quando Baden-Powell, un generale britannico di grande talento e osservatore appassionato della natura umana, organizzò un campo sperimentale di accampamento per ragazzi nell'isola di Brownsea, in Inghilterra, nel 1907. Questo campo segnò l'inizio ufficiale del Movimento Scout, poiché Baden-Powell riconobbe la necessità di fornire ai giovani un'educazione basata sull'esperienza diretta, sulla natura e sulla cittadinanza responsabile.

Uno dei principi fondamentali del Movimento è l'idea di "imparare facendo". Gli scout sono incoraggiati a mettersi alla prova in situazioni reali, imparando a sopravvivere in natura, a lavorare in squadra e a sviluppare un senso di indipendenza e responsabilità. Questo approccio all'educazione si basa sull'idea che i ragazzi imparano meglio attraverso l'esperienza diretta piuttosto che tramite le lezioni teoriche.

Un altro pilastro del Movimento Scout è l'importanza data ai valori etici e morali. Gli scout sono tenuti a seguire "la legge scout" che include principi come l'onestà, la lealtà, la solidarietà, il rispetto per gli altri e la natura, e il servizio alla comunità. Questi valori sono incanalati attraverso l'adempimento del "dovere verso Dio, verso gli altri e verso se stessi", il che promuove una cittadinanza responsabile e un senso di dovere nei confronti della società.


L'Eredità di Baden-Powell

Lord Baden-Powell ha lasciato un'eredità duratura attraverso il suo lavoro nel Movimento Scout. Il suo libro "Scouting for Boys" è stato pubblicato nel 1908 ed è diventato un bestseller internazionale, diffondendo i principi del Movimento Scout in tutto il mondo. Baden-Powell credeva fermamente che gli scout potessero contribuire a costruire un mondo migliore attraverso la promozione della pace, della cooperazione internazionale e dell'educazione dei giovani.

Oltre all'aspetto educativo, Baden-Powell aveva una profonda connessione con la natura e promuoveva la conservazione dell'ambiente. Questo approccio rispettoso alla natura è ancora una parte importante del Movimento Scout oggi, con numerosi progetti e attività legate all'ambiente e alla sostenibilità.

 

Il Movimento Scout oggi

Il Movimento Scout è cresciuto enormemente da quando è stato fondato. È attivo, come dicevamo, in più di 160 paesi e coinvolge milioni di giovani in tutto il mondo. Ogni anno, gli scout partecipano a attività di servizio, accampamenti, programmi educativi e progetti comunitari. Queste esperienze contribuiscono a formare cittadini responsabili, leader capaci e individui consapevoli.

Il Movimento Scout e il suo fondatore, Baden-Powell, hanno avuto un impatto significativo sulla società globale, promuovendo l'educazione esperienziale, l'etica e la conservazione dell'ambiente. Questo movimento continua a ispirare giovani e adulti a impegnarsi per un mondo migliore, attraverso l'apprendimento pratico, la cittadinanza responsabile e il servizio alla comunità. La visione di Baden-Powell e l'eredità del Movimento Scout sono testimonianza del potere dell'educazione e della passione nel plasmare il futuro delle nuove generazioni.

Davanti alla crisi di valori delle giovani generazioni, all’edonismo di massa, alla ricerca della visibilità ad ogni costo, all’egoismo come molla della competizione sociale… servirebbero forse più boy scout e meno poliziotti. Più educazione e meno repressione. 

domenica 10 settembre 2023

Palermo, Al Cep si torna in classe prima ma nel nome di Padre Pino Puglisi a 30 anni dal suo omicidio



All'istituto comprensivo Giuliana Saladino la campanella suonerà già domani con un evento speciale dedicato al parroco di Brancaccio, assassinato dalla mafia il 15 settembre del 1993, e un ospite d'eccezione: l'arcivescovo Corrado Lorefice

La data ufficiale per la riapertura delle scuole in Sicilia è mercoledì 13 settembre, ma alcuni istituti hanno deciso di anticipare e per molti studenti la campanella del nuovo anno scolastico suonerà già domani mattina, lunedì 11. Succederà anche all'istituto comprensivo Giuliana Saladino del Cep, dove però è previsto un evento molto speciale, in nome di Padre Pino Puglisi, a trent'anni dalla sua uccisione: alla riapertura della scuola sarà infatti presente anche l'arcivescovo Corrado Lorefice.

Alle 10, nella sede centrale della scuola, in via Barisano da Trani, si svolgerà un incontro, aperto anche al territorio, dal titolo: "Il messaggio di Padre Pino Puglisi alla scuola palermitana", al quale oltre all'arcivescovo, che concluderà i lavori, interverranno il dirigente scolastico Giusto Catania, la scrittrice Gabriella Cascio (autrice del libro "Ho incontrato Padre Puglisi", Edizioni La Zisa) il teologo Rosario Giuè (parroco a Brancaccio prima di Padre Puglisi), Gregorio Porcaro referente regionale di Libera e viceparroco di Pino Puglisi a Brancaccio. 

sabato 9 settembre 2023

"Tassateci tutti! I super ricchi chiedono di pagare più tasse per salvare il pianeta" di Davide Romano


Gesù aveva proclamato: "Guai a voi, ricchi, perché avete già ricevuto la vostra consolazione." Tuttavia, nel corso di questi circa duemila anni, sembra che questa ammonizione non abbia turbato più di tanto il sonno dei signori e padroni di questo mondo. Tuttavia, negli ultimi tempi, si è verificato un cambiamento sorprendente. I super ricchi che hanno chiesto di contribuire di più attraverso il pagamento di tasse per migliorare la qualità della vita globale e ridurre le disuguaglianze.

Nell'ultimo decennio, i miliardari del pianeta hanno assistito a un incredibile aumento dei loro patrimoni, passando da 5.600 a 11.800 miliardi di dollari. Tuttavia, a livello mondiale, solo una minima parte delle entrate fiscali proviene dalle imposte patrimoniali. Le regole attuali consentono addirittura a metà dei milionari del mondo di eludere l'imposta di successione, trasferendo una ricchezza di 5 mila miliardi di dollari ai propri eredi, esentasse.

Questa situazione di ingiustizia disarmante è ciò che ha ispirato un appello ai leader del G20, che si riuniranno in India in questi giorni. L'appello è stato sottoscritto da quasi 300 milionari, rinomati economisti e rappresentanti politici provenienti da quasi tutti i Paesi del G20 ed è stato promosso da organizzazioni come Oxfam, Patriotic Millionaires, Institute for Policy Studies, Earth 4 All e Millionaires for Humanity. Il nucleo centrale del messaggio è la richiesta urgente di raggiungere rapidamente un nuovo accordo internazionale sulla tassazione dei grandi patrimoni, con l'obiettivo di evitare che l'eccessiva concentrazione di ricchezza comprometta il nostro futuro comune.

Si afferma che tassando gli ultra-ricchi, si possono generare le risorse necessarie per affrontare le sfide globali. L'estrema concentrazione di ricchezza nelle mani di pochi è vista come una minaccia economica per l'ambiente e i diritti umani, che può destabilizzare la stabilità politica a livello mondiale. Decenni di riduzione delle tasse per i più ricchi, basati sulla falsa promessa che il benessere di pochi si sarebbe diffuso a tutti, hanno contribuito ad aggravare le disuguaglianze, portandole a livelli allarmanti.

Si chiede quindi al G20 di agire immediatamente e di intervenire per aumentare le tasse sui ricchi, migliorando così l'equità dei sistemi fiscali e generando le risorse fondamentali per affrontare le enormi minacce globali che stiamo affrontando. Si evidenzia che, per la prima volta in decenni, la povertà estrema sta aumentando e che quasi due miliardi di persone vivono in Paesi in cui l'inflazione supera la crescita dei salari. Inoltre, il tempo per gli Stati di effettuare gli investimenti necessari per contenere l'aumento delle temperature entro 1,5 gradi Celsius, come previsto dall'Accordo di Parigi, si sta esaurendo rapidamente.

Gli appelli per l'azione sono supportati da proposte autorevoli e condivise, ma ora è richiesta la volontà politica per tradurle in azioni concrete. Un elenco impressionante di firmatari, tra cui anche alcuni ricchi italiani, sostiene questa causa e auspica che l'appello al G20 non cada nel vuoto. Si confida che questo possa stimolare azioni significative da parte dei governi per ridurre le disuguaglianze e generare risorse cruciali per affrontare sfide globali come la povertà crescente e il cambiamento climatico. I governi avranno questo coraggio? Lo vedremo fra poco.

giovedì 31 agosto 2023

I Poveri, il cuore del Vangelo

“Egli, alzati gli occhi verso i suoi discepoli, diceva: ‘Beati voi che siete poveri, perché il regno di Dio è vostro. Beati voi che ora avete fame, perché sarete saziati’”.  (Luca 6,20-21)

Nel cuore stesso del Vangelo risplende una verità innegabile: i poveri occupano una posizione centrale. È impossibile penetrare il significato del Vangelo senza considerare la condizione dei poveri. Essi divengono parte integrante della stessa natura di Gesù che, nonostante la sua divina ricchezza, ha volontariamente scelto di umiliarsi, di condividere la povertà umana, e persino di assumere il peso del peccato, la forma più cruda di povertà. In questa scelta, i poveri si fondono con la stessa personalità di Cristo. Paradossalmente, è proprio la loro povertà che ci assicura un patrimonio eterno, e già in questo momento ci permette di arricchirci attraverso l'amore. Questo perché la più grande povertà che dobbiamo combattere è la mancanza di amore.

Al termine del nostro pellegrinaggio terreno, la verità profonda della vita sarà rivelata con chiarezza: le finzioni del mondo, che attribuiscono senso all'esistenza mediante il successo, il potere e la ricchezza, si dissolveranno. Invece, l'amore che avremo donato e condiviso emergerà come l'unico vero tesoro. Le cose materiali svaniranno nell'oblio, ma l'amore resterà, risplendendo come un faro luminoso nella notte. Se vogliamo evitare di vivere una povertà spirituale, dobbiamo chiedere la grazia di riconoscere la presenza di Gesù nei volti dei poveri e di servirlo attraverso il nostro impegno verso di loro. Perché servire i poveri, diceva Giacomo Cusmano, è servire Gesù.

Noi siamo portatori di un tesoro di inestimabile valore, una ricchezza che non dipende dal numero di beni materiali accumulati, ma dalla nostra essenza. Questa ricchezza trae origine dalla vita che ci è stata donata, dalla virtù che risiede in noi e dalla bellezza indelebile con cui Dio ci ha dotati, essendo noi riflessi della sua immagine. Ciascuno di noi è un gioiello prezioso agli occhi di Dio, unico e irripetibile nella storia dell'umanità. Dio ci contempla con occhi di amore e ascolta i battiti dei nostri cuori con tenerezza. Spesso, però, ci lasciamo sopraffare dal senso di mancanza, concentrandoci su ciò che ci manca anziché rallegrarci per ciò che possediamo. Cadendo nella tentazione del "magari", finiamo per ignorare i doni e i talenti che ci sono stati affidati. Mentre c'è qualcosa che desidereremmo avere, c'è anche tanto che abbiamo già.

Dio ci ha arricchito con questi doni in base alla sua conoscenza profonda di ciascuno di noi e alla fiducia nella nostra capacità di farli fruttare, nonostante le nostre fragilità. Anche il servo timoroso, che ha nascosto il proprio talento per paura, riceve la fiducia di Dio. Dio si augura che, nonostante le sue paure, anche questo servo utilizzi bene ciò che gli è stato dato. In sintesi, il Signore ci esorta ad impegnarci attivamente nel tempo presente, abbandonando le nostalgie per il passato e ponendoci nell'attesa operosa del suo ritorno.

La nostalgia, tuttavia, può tramutarsi in un'oscura nuvola che avvolge l'anima. Questo senso di malinconia, come un'ombra giallastra o un'oscurità soffocante, ci fa rivolgere costantemente lo sguardo al passato o agli altri, impedendoci di concentrarci sulle nostre potenzialità e sulle opportunità di lavoro che Dio ci ha concesso. Nel Vangelo, i servi lodevoli sono coloro che osano sfidare la zona di comfort. Essi non sono prudenti e cauti, non si preoccupano di conservare gelosamente ciò che hanno ricevuto, ma hanno il coraggio di metterlo in gioco. Infatti, il bene che non viene investito si perde; così, la grandezza della vita non dipende da quanto si accumula, ma da quanto si condivide e si fa fruttare. In un mondo in cui molti sono preoccupati solo di accumulare, pensando a sé stessi più che agli altri, la vita diventa vuota e priva di significato. Una vita vera è quella che si nutre di doni, quella che vive per essere dono agli altri.

La fedeltà a Dio non si limita soltanto a rispettare regole e comandamenti, che spesso hanno poco a che fare con la volontà del Signore, ma implica anche il coraggio di spendere la propria vita in un servizio incrollabile. Anche se abbiamo piani ben delineati, quando il richiamo al servizio si fa presente, è importante lasciarli da parte e rispondere con generosità. Purtroppo, esistono cristiani che giocano in difensiva, aderendo rigorosamente alle regole per evitare rischi.

La vera fedeltà a Gesù, invece, richiede audacia e il coraggio di amare, superando la passività che potrebbe facilmente trasformarsi in complicità. In un mondo segnato dall'incertezza e dalla fragilità, dobbiamo evitare di sprecare la nostra preziosa vita concentrando l'attenzione egoisticamente su noi stessi, rinunciando all'indifferenza. Oggi dobbiamo rispondere con un coraggio intraprendente e un amore attivo, affrontando le sfide con rinnovata speranza e compassione verso gli altri.

Scriveva il teologo tedesco Dietrich Bonhoeffer: “Di tutto questo alla fine rimarrà soltanto una cosa, cioè l'amore che abbiamo avuto nei nostri pensieri, nelle nostre preoccupazioni, nei nostri desideri e speranze. Tutto il resto cessa, passa, tutto ciò che non abbiamo pensato e desiderato per amore, tutti i pensieri, tutta la conoscenza, tutti i discorsi senza amore finiscono: soltanto l'amore rimane in eterno”.

 (Davide Romano)

“Italia un Paese di scrittori (che non leggono)” di Davide Romano

L'Italia, si dice spesso, è il Paese dei santi, poeti e navigatori. Ma oggi, forse, sarebbe più corretto aggiornarlo così: il Paese de...