Ah, i Teatini! Un
ordine che, a volte, sembra sfuggire alle lenti della storia e dell'attenzione
popolare, ma che merita di essere celebrato con tutti gli onori, soprattutto in
questo anno in cui ricorre il cinquecentenario dalla loro fondazione. Cinque
secoli fa, nel 1524, nacque una congregazione che incarnava lo spirito del
Barocco: un intreccio di profonda pietà, rigore ascetico, e, perché no, un
pizzico di quella vanità clericale che, se ben dosata, non guasta mai.
Fondati da Gaetano
di Thiene e Gian Pietro Carafa, futuro Papa Paolo IV, i Teatini non scelsero un
santo o un mistero per dare nome al loro ordine. No, scelsero di legarsi al
vescovo di Chieti, una piccola città che pochi saprebbero collocare su una
mappa. Ma questa scelta, apparentemente modesta, nasconde una saggezza
profonda. Come suggerisce Sant'Agostino, “La misura dell'amore è amare senza
misura,” e i Teatini, nel loro amore per la Chiesa, non cercavano di
impressionare con titoli altisonanti, ma puntavano alla sostanza e alla
sincerità della loro missione.
La magnificenza
delle chiese teatine è un paradosso affascinante: dietro l’austerità
dell’intento si cela una bellezza che esalta il divino. Come diceva San Tommaso
d'Aquino, “Il bello è lo splendore del vero,” e i Teatini lo dimostrarono attraverso
architetture che non solo servivano alla gloria di Dio, ma che elevavano lo
spirito di chiunque vi mettesse piede. Le loro chiese, veri gioielli del
Barocco, risplendono ancora oggi, unendo la grandiosità artistica alla
profondità della fede.
Lo stile dei
Teatini, a differenza di altri ordini più modesti nelle apparenze, rifletteva
una comprensione particolare della povertà: una virtù interiore che non doveva
escludere l'apprezzamento della bellezza creata. Come affermava Romano
Guardini, “L’arte è una creazione sublime, un’immagine dello Spirito divino,” e
i Teatini sembravano aver abbracciato questa visione, trasformando le loro
chiese in opere d’arte che parlano dell’ineffabile.
Inoltre, i Teatini
erano noti per la loro discrezione. Non cercavano la fama né la gloria, non
predicavano alle masse come i Domenicani né si immergevano nelle dispute
intellettuali come i Gesuiti. Preferivano il silenzio contemplativo,
l'influenza nascosta, ma pervasiva, nelle sfere ecclesiastiche e politiche.
Come ricordava Kierkegaard, “La vera grandezza è invisibile,” e i Teatini, con
la loro sapiente ritrosia, ne sono un perfetto esempio.
Ma ciò che rende i
Teatini davvero speciali, e forse un po' inaspettati, è la loro umanità. In un
mondo ecclesiastico spesso dominato da rigide regole e severe discipline, i
Teatini ci mostrano che la santità può essere, come dice Karl Rahner, “una
profonda umanità.” Un’umanità che accoglie sia la magnificenza del Barocco che
l’austerità dell’ascetismo, un’umanità che non disdegna la bellezza, la gioia,
e, sì, anche un tocco di vanità mondana.
In definitiva, i
Teatini ci ricordano che la via della santità è un cammino ricco di
contraddizioni, dove l'uomo, come affermava Blaise Pascal, “supera
infinitamente l’uomo.” E in questo anniversario dei loro 500 anni, rendiamo
omaggio a un ordine che, nella sua apparente discrezione, ha saputo unire sacro
e profano, grandezza e modestia, in un abbraccio che è profondamente,
splendidamente umano.
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