lunedì 26 febbraio 2024

La chiamano religione, ma è bramosia di possesso

 


Il database del Centro Studi di Abusi Psicologici rileva «che l’abuso spirituale è vivo e vegeto in molti contesti religiosi, non solo quelli per i quali è più facile presupporre possano tendere alla deriva settaria»

La chiamano religione, ma è bramosia di possesso. Possesso degli altri, possesso di Dio, di cui ci si appropria per soddisfare la propria ossessione di dominio. La tesi con la quale la musicista Maria Teresa Pizzulli ha conseguito la laurea in Scienze Bibliche e Teologiche alla Facoltà Valdese di Teologia, relatore il pastore Sergio Manna, correlatore lo psicoterapeuta Luigi Corvaglia, affronta un tema quanto mai scottante alla luce dei recenti casi di cronaca: l’ abuso spirituale, tanto invisibile quanto devastante e distruttivo, tanto sfuggente quanto ancora difficile da definire a livello penale, se non quanto arriva alle estreme conseguenze.

Il database del Centro Studi di Abusi Psicologici (CeSAP) di cui da cinque anni Pizzulli è segretaria, rileva «che l’abuso spirituale è vivo e vegeto in molti contesti religiosi, non solo quelli per i quali è più facile presupporre possano tendere alla deriva settaria. Piccole e grandi chiese, inorganizzate o organizzate, registrano al loro interno vari tipi di abusi (verbali, fisici, sessuali…) generati dall’ abuso spirituale».

Resta il fatto che ci sono delle tipicità, delle caratteristiche che uniscono tali devianze, a partire dai leader, fautori di sudditanza, condizionamento mentale, manipolazione. Il lavoro di Pizzulli parte dal massacro di Shakaola dell’aprile 2023, in Kenya, dove centinaia di persone furono indotte al suicidio dal loro capo Paul Mackenzie della Good News International Ministries Church, digiunando fino alla morte per incontrare Gesù. Mackenzie come Jim Jones, il padre pedofilo dei “Children of God” David Berg, il torturatore di bambini ed ex nazista delle SS Paul Schӓfer, erano tutti seguaci del predicatore americano William Branham. Misogino, omofobo, razzista, Branham obbligava gli adepti all’ osservanza rigida di regole sull’abbigliamento, sull’alimentazione, vietava lo sport e la musica, la scuola pubblica ai bambini.

«Nelle chiese a deriva settaria – rimarca Pizzulli – la fede è adesione incondizionata al messaggio del leader, unico dispensatore di salvezza». Basandosi su una fede puramente emozionale, Branham approdò in Kenya negli anni ’50 del Novecento, facendosi credere il Cristo disceso dal cielo. La mistica della leadership unita spesso a un messaggio apocalittico, millenarista, provoca nell’uditorio aspettative di miracoli, di guarigioni, di eventi straordinari.

Così «ieri come oggi – scrive Pizzulli – autoproclamati pastori e apostoli che nel sud del mondo sostituiscono la figura dello sciamano, ingannano tanti con la promessa di guarigione, benessere e salvezza. L’enfasi sulla guerra demoniaca porta coloro che sono nel bisogno e nella malattia ad affidarsi ai guru del proprio tempo, invece che a Cristo e non solo in Africa».

Al di là dei dati, recentemente diffusi su organi di stampa, che ci dicono che la pandemia da Covid ha portato a una crescita del numero di sette sataniche, è acclarato come in contesti di particolare vulnerabilità, molti vadano alla ricerca di certezze e, in particolare di qualcuno, di un “salvatore”, che dia loro tali certezze.

Manipolando la Bibbia a proprio uso e consumo, distorcendo il significato dei Vangeli, Branham e i suoi seguaci approfittavano delle fragilità e dei bisogni delle persone, per isolarle completamente dal resto del mondo, in primis dalle loro famiglie, dai loro affetti, dalla realtà esterna descritta come fonte di ogni male, abitata da forze demoniache.  Jones fece breccia anche perché condiva i suoi sermoni di messaggi antirazzisti dal vago sapore socialista e induceva a credere nella possibilità di creare un paradiso in terra. Le sue tecniche di lavaggio del cervello, portarono 913 persone a togliersi la vita, in Guyana nel novembre 1978, poi si puntò la pistola alla testa.

Cosa possono fare le chiese e cosa può fare la magistratura sono le due domande a conclusione del lavoro di Pizzulli. Sul primo quesito viene messo in chiaro che libertà religiosa non significa lasciare spazio a una discrezionalità dove individui possono prendere il sopravvento sugli altri. Nessuna libertà religiosa può ammettere violenze, fisiche o psicologiche. Nelle chiese si sta diffondendo la sensibilità a contrastare condotte, non soltanto di pastori, contrarie alla dignità delle persone, quando non in aperta violazione all’integrità personale. Dall’altra parte, invece, «sul piano giuridico regna il nulla e chi si adopera a favore delle vittime di derive settarie e invoca un decreto legge viene ingiustamente accusato di essere contro i movimenti religiosi.

https://riforma.it/2024/02/21/la-chiamano-religione-ma-e-bramosia-di-possesso/

venerdì 23 febbraio 2024

In libreria: Davide Romano, “Bagnarsi di sole, nutrirsi d’arte. L’Italia vista dai russi”, Edizioni ExL


Il tema dei rapporti italo-russi è sconfinato e perpetuo. Il presente lavoro cerca di comprendere e rappresentare i momenti nodali dell’incontro tra l’Italia e la Russia. L’Italia fu uno dei primi Stati dell’Europa Occidentale con cui i principi della Moscovia riuscirono a instaurare rapporti culturali stabili e proficui. L’assimilazione della cultura italiana da parte dei russi fu, per certi aspetti, decisiva per gli sviluppi dell’architettura, della scultura, della pittura, della musica e del teatro operistico. Inoltre, l’Italia nel corso dei secoli è divenuta per l’anima russa “il paradiso in terra”. Proprio qui venivano a studiare e a divertirsi i russi più facoltosi e famosi; proprio qui scelsero di curare il corpo e l’anima i russi più disperati; proprio qui alcuni di loro scelsero anche di morire.

Davide Romano, giornalista. Da sempre attivo nel mondo del volontariato e appassionato di studi religiosi, lavora da molti anni nell’ambito della comunicazione politica, culturale, religiosa e sindacale. Ha scritto e scrive per numerose testate ed è stato anche fondatore e direttore responsabile del bimestrale di economia, politica e cultura “Nuovo Mezzogiorno” e del mensile della “Funzione Pubblica Cgil Sicilia Forum 98”.

Ha pubblicato, tra l’altro: "L'amore maldestro", Palermo 2001; “La linea d’orizzonte tra carne e Cielo”, Prefazione di Paolo Scrima, Palermo 2003; “La buriana e altri racconti”, Prefazione di Maurizio Rizza, Palermo 2003; “Nella città opulenta. Microstorie di vita quotidiana”, Prefazione di Diego Novelli, Palermo 2003, 2004;  “L’anima in tasca”, Prefazione di Antonio Riolo, Palermo 2004; “Piccola guida ai monasteri e ai conventi di Sicilia”, Palermo 2004; “Il santo mendicante. Vita di Giuseppe Benedetto Labre”, Palermo 2005; “25 e non li dimostra. Storia della Funzione pubblica Cgil-Sicilia”, Palermo 2005; “Dicono di noi. Il Belpaese nella stampa estera”, Presentazione di Rosalinda Camarda, Prefazione di Pino Apprendi, Palermo 2005;  “La pagliuzza e la trave. Indagine sul cattolicesimo contemporaneo”, Presentazione di Marcelle Padovani, Prefazione di Anna La Rosa, Con un contributo di don Vitaliano della Sala, Palermo 2007; “A mio padre con rabbia” in Aa. Vv., “Specchio poetico. Raccolte in dialogo”, Sant’Arcangelo di Romagna (Rn) 2008; “Bagnarsi di sole, nutrirsi d’arte. L’Italia vista dai russi”, Palermo 2010, 2015; (con Fabio Bonasera) “Inganno padano. La vera storia della Lega Nord”, Prefazione di Furio Colombo, Palermo 2010, 2011;  “Uno spettro s'avanza. Globalizzazione, mafie, diritti e nuova cittadinanza”, Presentazione di Paolo Ferrero, Prefazione di Daniele Gallo, Palermo 2011, 2013.

Ha curato, fra gli altri, i seguenti volumi: Girolamo Li Causi, “Terra di Frontiera. Una stagione politica in Sicilia 1944–1960”, Presentazione di Italo Tripi, Prefazione di Oliviero Diliberto, Palermo 2009; Ines De Benedetti, “Poesia nascosta. Le ricette della cucina tradizionale ebraica italiana”, Palermo 2013, 2015, 2017; Tatiana Kalinina, "Non solo caviale. Le ricette della cucina tradizionale russa”; Lev Tolstoj, “Riflessioni di un vegetariano”, Palermo 2017; Lev Tolstoj, “Vita di Gesù e altri scritti”, Palermo 2017. 

Ha fondato la comunità informale di cristiani “La Compagnia del Vangelo” per il servizio degli ultimi.

mercoledì 21 febbraio 2024

La storia dei Valdesi in quattro volumi per gli 850 anni del Movimento

 


 

Il grande progetto editoriale ideato dalla Società di Studi Valdesi con l'editrice Claudiana

Per gli 850 anni della nascita del movimento dei valdesi - nato nel 1174 come rinnovamento spirituale detto dei "Poveri di Lione" su iniziativa di un certo Valdo che, ancora prima di Francesco d'Assisi, auspicava il ritorno a un cristianesimo pauperista - Claudiana, editrice di riferimento del mondo protestante in Italia, ha realizzato il grande progetto editoriale ideato dalla Società di Studi Valdesi de La storia dei valdesi, che arriva in libreria con i primi due dei quattro volumi complessivi (gli altri due volumi sono attesi entro la fine di marzo).

Si tratta di una grande opera scientifica collettiva, inter-generazionale e inter-disciplinare, frutto degli ultimi cinquant'anni di studi e ricerche compiuti secondo una pluralità di sguardi e approcci metodologici da parte di un centinaio di storici e storiche nonché studiose e studiosi (solo in minoranza di estrazione valdese) di sociologia, antropologia, linguistica, letteratura, teologia e altre discipline coordinati da quattro curatori, specialisti dei diversi periodi trattati - rispettivamente Francesca Tasca per il Medioevo, Susanna Peyronel Rambaldi per il Cinque e Seicento, Gian Paolo Romagnani per il Settecento e l'Ottocento fino alla Breccia di Porta Pia e Paolo Naso dalla fine dello Stato pontificio al 1990 - e organizzata in quattro volumi suddidivisi cronologicamente per raccontare 850 anni di storia valdese, dalla nascita all'adesione alla Riforma protestante, dalle persecuzioni alla concessione dei diritti civili, fino alla piena cittadinanza nell'Italia democratica.

Come spiega Gian Paolo Romagnani, presidente della Società di Studi Valdesi e curatore del terzo volume dell'opera, "quest'impresa è stata concepita allo scopo di aggiornare la narrazione, sostanzialmente ferma alla vecchia Storia dei valdesi di Amedeo Molnar, Augusto Armand Hugon, Valdo Vinay, pubblicata fra il 1974 e il 1980, rileggendo le vicende di 850 anni di storia valdese alla luce della storiografia internazionale più aggiornata e fuori da ogni approccio confessionale o identitario, grazie alla collaborazione di quasi cento autori, per lo più esterni al mondo valdese. Con quest'opera, la Società di Studi Valdesi ha inteso fornire sia un contributo al dibattito storiografico internazionale, sia un'occasione di riflessione per il mondo evangelico italiano ed europeo".

Nata dalla necessità di ripensare la storia valdese, la nuova Storia dei Valdesi si pone quindi come sintesi importante dei migliori studi e approfondimenti degli ultimi cinquant'anni e come lavoro culturale volto ad abbandonare schemi precostituiti e proporre nuove interpretazioni derivanti dall'esplorazione di nuove fonti documentarie, nuovi temi, nuove correnti storiografiche e nuove sensibilità.

Il presidente Claudiana, Eugenio Bernardini, commenta: "Fin dalle origini, la chiesa valdese attribuisce grande importanza all'istruzione e alla cultura, strumenti indispensabili affinché chiunque possa leggere autonomamente la Bibbia e formare le proprie opinioni in ogni campo. La casa editrice Claudiana, che è punto di riferimento per la cultura protestante nel nostro Paese, ha il compito di tradurre in carta stampata questa convinzione, per cui era inevitabile che si impegnasse in questa grande impresa editoriale: le chiese e i movimenti religiosi hanno bisogno di una ricerca storica rigorosa su cui basare la consapevolezza che il proprio presente non nasce nell'oggi e che il proprio futuro non può non tenere conto dei legami con il passato. Se non si fondano su una solida base storica e scientifica, le grandi narrazioni collettive che nutrono le scelte culturali, politiche e sociali sono pura ideologia, propaganda di parte. Assumendo la storiografia preesistente, questa Storia lavora sulle principali tesi storiografiche degli ultimi decenni, su nuovi ambiti di ricerca e cerca di allontanarsi da una rappresentazione talora un po’ compiaciuta del valdismo".

(Fonte: Repubblica.it)

 

“Quando Tolstoj divenne vegetariano” di Davide Romano, giornalista


La riflessione sulle motivazioni etico-religiose e antropologiche di una scelta vegetariana è al centro di questo breve scritto del 1892, che fu a lungo noto con il titolo Il primo gradino, allusiva metafora dietro cui compare quell’ideale di ascetismo che Lev Tolstoj volle far proprio, a partire da un certo momento della sua vita. Il primo di un numero infinito di gradini di una colossale scalinata, la cui faticosa e travagliata ascesa costituisce l’unica via che conduce alla virtù.

 È noto a tutti quanto sia stata ricca di contraddizioni, di passioni, di pensieri e sentimenti la straordinaria esistenza di Lev Tolstoj. Quando, all’indomani di un’infanzia dorata, trascorsa nella lussuosa tenuta di famiglia a Jàsnaja Poljàna, dopo aver perso prematuramente i genitori, Tolstoj si trasferì in città, allora ebbe inizio quello che lui stesso definì “l’orribile ventennio di dissolutezza e di schiavitù all’ambizione, alla vanità e soprattutto alla carne”, un periodo di totale abbandono a ogni sorta di piacere, a cui si aggiunse poi l’esperienza della vita militare.

A questa giovanile immersione nella mondanità appagante e sensuale si contrapporrà, negli anni della maturità, un’intensa e mai placata tensione ascetica, un tormentato bisogno di purificazione interiore, di cui la scelta vegetariana rappresentò solo un aspetto. Per moltissimi anni, a partire dagli anni del suo rivolgimento spirituale, fra il 1870 e il 1880, e fino alla sua morte, avvenuta nel 1910, Tolstoj si nutrì esclusivamente di verdure, pane e legumi. Alla base di una simile risolutezza stavano delle profonde motivazioni filosofiche e ideologiche, in cui lo stoico distacco dalle passioni, di tradizione pagana, incontrava l’ideale cristiano del sacrificio e della rinuncia, e si fondeva con esso in un unico principio filosofico, secondo cui l’astinenza si pone come primo passo di un lungo percorso di elevazione spirituale.

Ma c’è un’altra ragione per cui lo scrittore di Jàsnaja Poljàna si dichiara convinto sostenitore della scelta vegetariana, ed è il suo rifiuto della violenza o, in senso più ampio, il suo intimo e inestinguibile sentimento di amore per la vita, la sensazione di potersi appropriare del significato pieno e profondo dell’esistenza proprio attraverso il conseguimento di un’armonia con la natura.

L’ideale nonviolento tolstojano, com’è noto, fu di ispirazione a Gandhi, il quale dichiarò di aver creduto nella nonviolenza proprio grazie alla lettura, nel 1894, del saggio Il Regno di Dio è in voi. Tutto il sistema di pensiero di Tolstoj trae origine dall’ansia religiosa che lo anima, e l’intera sua produzione letteraria, dagli anni Settanta in poi, risente di questa sua disposizione interiore. Il fervore della sua religiosità è la chiave per interpretare non soltanto la sua produzione saggistica ed esegetica, ma anche quella narrativa, nonché l’intera sua complessa spiritualità, la sua filosofia, il suo stile di vita, fino alle sue scelte nell’alimentazione.

La questione del vegetarianismo era stata centrale nel dibattito culturale europeo dell’Ottocento, come attesta il grande interesse riscosso, in tutto il vecchio continente, dall’opera dell’inglese H. Williams, The Ethics of Diet, pubblicata nel 1878. Il presente saggio apparve qualche anno dopo, nel 1892, proprio come prefazione all’edizione russa dell’opera di Williams. In una prosa dal tono sospeso fra la semplicità di un apologo e la letterarietà di certi riferimenti colti, la prospettiva etica di Tolstoj balzava in primo piano, nel fermo rifiuto dell’aberrante e innaturale atto di violenza di cui il consumo di carne è inglorioso corollario.

La straordinaria modernità del pensiero del grande filosofo russo si allaccia con forza alle più calde questioni che percorrono, a più di un secolo di distanza, la nostra società. L’attualità delle rivendicazioni del movimento animalista o il dilagante favore che incontra in questi nostri anni la scelta di un’alimentazione vegetariana rappresentano posizioni ideologiche estremamente affini alle istanze così appassionatamente caldeggiate dal vegliardo di Jàsnaja Poljàna, testimone lungimirante e intuitivo del suo secolo, un secolo di profondi rivolgimenti culturali, in cui il vecchio mondo dell’ancien régime, con tutti i suoi sentimenti e i suoi valori, tramontava, per lasciare spazio alla sensibilità nuova della società che nasceva.

 

Lev Nikolàevič Tolstoj nacque nel 1828 a Jàsnaja Poljàna, nella tenuta di proprietà della nobile famiglia materna, nei pressi della città di Tula. Dopo la perdita di entrambi i genitori, trascorse gli anni dell’adolescenza tra Mosca e Kazan, dove iniziò gli studi universitari. Nel 1851 ebbe inizio la sua avventura al fronte, nel Caucaso; sono questi gli anni in cui Tolstoj inizia a scrivere, e da lì a poco vedrà la luce il suo primo romanzo, Infanzia, pubblicato nel 1852, cui seguirà nel 1856I racconti di Sebastopoli, ispirato proprio all’avventura nell’esercito. Intorno ai trent’anni, Tolstoj decise di far ritorno a Jàsnaja Poljàna, dove rimase per gran parte della sua vita. Nel 1862 sposò Sonja Andrèevna Bers, e negli stessi anni pubblicò le opere che lo hanno reso immortale: Guerra e pace è del 1869, Anna Karenina del 1877. Tra gli anni Settanta e gli anni Ottanta, Tolstoj attraversò un periodo di profonda crisi spirituale, dalla quale uscì grazie alla religione. Da questo momento, tutta la sua produzione letteraria, narrativa e saggistica risentì di una rinnovata prospettiva filosofica ed etico-religiosa. L’opera completa di Tolstoj è raccolta in 90 volumi, non ancora integralmente tradotti in italiano.


Il libro: Lev Nikolàevič Tolstoj, “Riflessioni di un vegetariano”, Prefazione e cura di Davide Romano, Edizioni EL


lunedì 5 febbraio 2024

“Affrontare la tristezza cristianamente” di Davide Romano, giornalista

Affrontare la tristezza cristianamente può essere un approccio più efficace di quelli che vanno più di moda al momento. Ecco alcuni consigli ispirati agli insegnamenti di uomini e donne di fede nei secoli per affrontare la tristezza:

Prega e rifletti: Molti insegnamenti spirituali enfatizzano l'importanza della preghiera e della riflessione. Dedica del tempo a pregare o a meditare, cercando consapevolezza e pace interiore.

Pratica la gratitudine: Molte tradizioni spirituali insegnano l'importanza di essere grati per ciò che si ha. Concentrati su ciò che è positivo nella tua vita, anche nei momenti difficili.

Coltiva la compassione: Sii compassionevole verso te stesso e verso gli altri. I santi spesso incoraggiano la compassione come un modo per alleviare la sofferenza.

Cerca il significato: Rifletti sul significato più profondo della tua vita. Chiediti quali valori sono davvero importanti per te e cerca di allinearti con essi.

Pratica l'umiltà: L'umiltà è una virtù insegnata da molte tradizioni religiose. Accetta la tua umanità e la tua vulnerabilità, riconoscendo che tutti affrontano sfide.

Condividi le tue preoccupazioni: Parla con qualcuno di fiducia, che sia un amico, un familiare o un leader spirituale. La condivisione può alleggerire il peso della tristezza.

Fidati del processo: I santi spesso insegnano la fiducia in un piano più grande. Anche se non comprendi completamente il motivo della tua tristezza, cerca di fidarti del processo della vita.

Pratica la carità: Coinvolgiti in attività caritatevoli o di volontariato. L'atto di dare agli altri può portare gioia e un senso di realizzazione.

Trova consolazione nelle Scritture: Molte tradizioni religiose contengono testi sacri che offrono conforto e saggezza. Leggere le Scritture può essere una fonte di ispirazione.

Cerca la comunità: Unisciti a una comunità spirituale o religiosa. Essere circondato da persone con valori simili può fornire sostegno e condivisione.

“Orrore senza fine. Diffusi i dati sulla pedofilia nella Chiesa evangelica tedesca” di Davide Romano, giornalista

La recente diffusione dei dati relativi agli abusi sui minori all'interno della Chiesa evangelica in Germania ha scosso profondamente l'opinione pubblica. I risultati dell'ampio studio commissionato dalla chiesa protestante tedesca indicano un numero sconcertante di oltre 9.000 minori coinvolti in episodi di abusi dal 1946 fino ai giorni nostri.

La vescova Kirsten Fehrs, presidente del Consiglio della Chiesa evangelica in Germania (Ekd), ha emesso un mea culpa significativo di fronte a questi allarmanti risultati. Ha espresso la sua scioccante consternazione per la violenza inflitta ai bambini, inclusa quella perpetrata negli asili nido, evidenziando l'assenza di protezione e giustizia da parte della Chiesa. Fehrs ha riconosciuto apertamente il massiccio fallimento nel prevenire e affrontare gli abusi, sia al momento in cui si sono verificati che successivamente, quando le vittime hanno avuto il coraggio di farsi avanti.

Lo studio fa parte di un pacchetto di misure adottato dal Sinodo Ekd nel novembre 2018 per proteggere da abusi e molestie sessuali. La Chiesa evangelica ha istituito un consiglio consultivo per la protezione contro la violenza, commissioni indipendenti nelle chiese regionali e ha incorporato la protezione contro la violenza nei regolamenti legali, rappresentando un tentativo tangibile di affrontare il problema.

I dati emersi sono sconcertanti: almeno 2.200 vittime accertate, ma il numero totale di minori coinvolti potrebbe superare i 9.000, coinvolgendo oltre 3.000 presunti abusatori. Di questi, circa un terzo sarebbero pastori e vescovi, mentre gli altri sarebbero operatori legati alle organizzazioni della Chiesa, in particolare Diaconia. Questi numeri spiazzanti mettono in luce la necessità di un'azione immediata e radicale.

Il presidente di Diakonie Deutschland, Rüdiger Schuch, ha riconosciuto il fallimento dell'istituzione Diakonie nel proteggere le persone e si è impegnato a collaborare con le vittime per affrontare i casi e promuovere ulteriori progressi. L'apertura a riconoscere il proprio errore è un passo importante verso un cambiamento effettivo.

I risultati dello studio, che indicano solo la "punta dell'iceberg", sono ora in fase di valutazione nel forum di partecipazione, coinvolgendo tutti i membri della Chiesa e le persone interessate. Dorothee Wüst, portavoce dei rappresentanti della chiesa nel forum, ha sottolineato la necessità di affrontare il fallimento istituzionale e personale evidenziato dallo studio, sottolineando che è essenziale un approccio correttivo tempestivo e accurato.

Il forum di partecipazione prevede di presentare un piano d'azione con conseguenze concrete nel novembre 2024, in collaborazione con i ricercatori dello studio. Detlev Zander, portavoce delle persone colpite, ha sottolineato la necessità di cambiamenti istituzionali significativi nella chiesa e nelle organizzazioni diaconali per smantellare le strutture di potere che favoriscono la violenza sessuale. Ha evidenziato l'importanza di un impegno comune e personale per garantire un cambiamento radicale nell'approccio della Chiesa alla protezione dei minori.

 

Lev Tolstoj, “Vita di Gesù e altri scritti”, prefazione e cura di Davide Romano, Ed. Ex Libris

 


“L’esigenza di superare la frammentarietà delle interpretazioni teologiche fu dunque all’origine dell’intenso lavoro di rilettura-riscrittura dei quattro Vangeli che Tolstoj iniziava e portava a termine nell’arco di due anni, fra il 1880 e il 1881, proprio allo scadere del decennio cruciale degli anni Settanta – si legge nella prefazione del libro -. Ne veniva fuori l’Unificazione e traduzione dei quattro Vangeli, cui seguiva alcuni anni dopo la pubblicazione di un compendio divulgativo, la Breve esposizione dell’Evangelo”.

“L’idea centrale dell’insegnamento evangelico è rappresentata, nella concezione tolstojana, dal Discorso della montagna, in cui Gesù pronuncia il grandioso messaggio delle beatitudini. (…) Avviene così la genesi della Vita di Gesù proposta in questa pubblicazione. La natura umana del Cristo tolstojano balza in primo piano; ma l’accento è posto sulla parola di Gesù, sulla semplicità del suo messaggio, sulla naturalezza con cui egli indica la via verso il bene, con cui cerca di orientare l’umanità, smarrita nella ricerca di un significato. Le parole di Cristo costituiscono la base anche del secondo scritto, La felicità, ma in una forma che è più quella di una piccola prosa filosofica, in cui la valenza etica dell’insegnamento cristiano viene esplicitata fino a diventare un modello comportamentale: in tal senso, forse, può apparire evidente la straordinaria attualità, o meglio, l’immortalità del messaggio religioso, così come ci viene consegnato dall’impareggiabile scrittore russo”.

“Accogliere senza giudicare. La forza della compassione e dell'empatia” di Davide Romano, giornalista

Nell'ampio spettro della convivenza umana, la diversità brilla come una gemma dai molteplici colori. Ogni individuo è unico nel suo insi...