venerdì 22 dicembre 2023

“Giuseppe Benedetto Labre, il santo mendicante” di Davide Romano, giornalista

 

"Sii povero e ama la povertà. Ricorda che niente siamo, che niente possediamo, che niente vale la pena tranne Dio." - Giuseppe Benedetto Labre

La storia di Giuseppe Benedetto Labre, santo per la Chiesa cattolica romana, nonostante le sue radici francesi, si intreccia in modo indelebile con il nostro Paerse, dove ha vissuto gran parte della sua vita dedicandosi alla preghiera, all'adorazione eucaristica e a un profondo senso di povertà e di condivisione con i più poveri ed emarginati. Nato il 26 marzo 1748 ad Amettes, un piccolo villaggio nella diocesi di Boulogne-sur-Mer, in Francia, Labre ha incarnato la spiritualità attraverso una vita di rinuncia e servizio.

Labre proveniva da una famiglia di agricoltori, ma fin dalla giovinezza, il suo cuore era orientato verso la vita spirituale. A soli sedici anni, intraprese il cammino della rinuncia alle ricchezze materiali, desiderando dedicare la sua vita a Dio. Tuttavia, i primi tentativi di ingresso in ordini religiosi come i Cappuccini e i Trappisti furono infruttuosi.

Nel 1770, Labre giunse a Roma, la Città Eterna, alla ricerca della sua vocazione spirituale. Qui iniziò il capitolo più significativo della sua vita, caratterizzato da una profonda devozione e povertà. La sua giornata era un perpetuo atto di adorazione, passata pregando nelle chiese e nutrendo una vita ascetica. La sua testimonianza di vita divenne presto una fonte di ispirazione per coloro che lo incontravano.

"Sii come il pane: il pane è per tutti e si dà a tutti. Sii anche tu per tutti." - Giuseppe Benedetto Labre

La vita di Labre era segnata da estrema povertà. Dipendeva interamente dalla carità degli altri, eppure la sua gioia interiore e la sua pace lo rendevano un faro di speranza per i poveri e gli emarginati di Roma. Indossava abiti logori e digiunava quasi ininterrottamente, dimostrando che la vera ricchezza risiede nella consacrazione a Dio.

Labre trascorse gli ultimi anni della sua vita peregrinando tra le chiese di Roma e compiendo pellegrinaggi a luoghi sacri. Nel periodo della Quaresima del 1783, la sua salute peggiorò notevolmente, e il 16 aprile di quell'anno, a trentacinque anni, chiuse gli occhi sulla terra. La sua morte fu accolta con una mistura di tristezza e riconoscenza per la testimonianza di vita offerta.

La fama di santità di Giuseppe Benedetto Labre si diffuse rapidamente. Il suo spirito di sacrificio e la sua dedizione alla povertà ispirarono molte persone. La Chiesa Cattolica lo canonizzò il 8 dicembre 1881, riconoscendo ufficialmente la sua santità.

"Il mio unico desiderio è quello di essere santo." - Giuseppe Benedetto Labre

Oggi, San Giuseppe Benedetto Labre è venerato come il patrono dei senzatetto, dei pellegrini e dei giovani in cerca di direzione nella vita. La sua vita di totale abbandono a Dio continua a ispirare milioni di persone in tutto il mondo, insegnando che la vera ricchezza è nel dono di sé e nell'amore per il prossimo.


sabato 16 dicembre 2023

“John Henry Newman tra fede e ragione” di Davide Romano, giornalista

 


 

John Henry Newman, noto teologo, cardinale e scrittore del XIX secolo, è una figura chiave nella storia della Chiesa cattolica e del pensiero religioso. La sua vita, caratterizzata da una profonda ricerca spirituale e intellettuale, ha influenzato il panorama religioso e filosofico del suo tempo. In questo articolo, esploreremo la vita straordinaria di John Henry Newman, dalle sue origini alla sua canonizzazione nel 2019.

Nato il 21 febbraio 1801 a Londra, Newman proveniva da una famiglia di ascendenza olandese e fu battezzato nella Chiesa anglicana. La sua educazione iniziale fu eccezionale, distinguendosi per la sua intelligenza e il suo talento accademico. Si diplomò a Oxford nel 1821 e divenne un Fellow presso Oriel College.

La carriera accademica di Newman fiorì ad Oxford, dove divenne noto per la sua brillantezza intellettuale e le sue riflessioni teologiche. Nel 1833, fondò il movimento Tractarian, noto anche come Oxford Movement, un gruppo di intellettuali che cercavano di rinnovare la Chiesa anglicana tornando alle sue radici cattoliche. Questo fu il primo passo significativo verso la sua conversione al cattolicesimo.

Dopo anni di intensa ricerca teologica e spirituale, Newman si convertì al cattolicesimo nel 1845. Questa decisione radicale lo portò a rinunciare alla sua posizione a Oxford e a intraprendere una nuova vita come sacerdote cattolico. La sua conversione non fu priva di controversie, ma fu un atto di profonda sincerità nella sua ricerca della verità religiosa.

Dopo la sua conversione, Newman divenne uno dei teologi cattolici più eminenti del suo tempo. Le sue opere, tra cui l'influente "Essay on the Development of Christian Doctrine" e "Apologia Pro Vita Sua," riflettevano la sua dedizione alla fede e la sua abilità di comunicare idee complesse in modo accessibile.

Nel 1879, Papa Leone XIII nominò Newman cardinale, riconoscendo la sua straordinaria contribuzione alla Chiesa e il suo impegno per il dialogo tra fede e ragione. Questo fu un momento significativo nella sua vita, poiché divenne il primo cardinale inglese dai tempi della Riforma.

Il 13 ottobre 2019, Newman è stato canonizzato da Papa Francesco. La sua santità è stata riconosciuta non solo per la sua erudizione teologica, ma anche per la sua vita di preghiera, umiltà e carità.

Oggi, l'eredità di John Henry Newman continua a vivere attraverso le sue opere e l'influenza che ha avuto sulla teologia cattolica. La sua ricerca della verità, la sua dedizione alla fede e la sua abilità di adattarsi ai cambiamenti della società lo rendono un esempio per i credenti di tutte le epoche.

La vita di John Henry Newman è un racconto avvincente di ricerca spirituale, conversione e impegno per la verità. La sua canonizzazione è un riconoscimento della sua santità e della sua influenza duratura sulla Chiesa cattolica.

sabato 9 dicembre 2023

Palermo, la Compagnia del Vangelo lancia l’iniziativa “Aggiungi un posto a tavola. A Natale dona anche tu un pasto completo a un povero”

Natale, tempo gioioso di regali e di auguri, tempo per le cene in famiglia all’ombra di alberi pieni di luci. Ma non per tutti. Sempre più persone, infatti, anche all’interno delle nostre società opulente, fanno fatica a mangiare tutti i giorni. La Compagnia del Vangelo, in collaborazione con le suore Serve dei Poveri del Boccone del Povero del Capo, a Palermo, lancia l’iniziativa “Aggiungi un posto a tavola”.

“Il Natale è ormai alle porte e molte famiglie si preparano a celebrare la festività con cene e regali – scrive in una nota il giornalista Davide Romano, responsabile della comunità La Compagnia del Vangelo -. Sarebbe bello se, soprattutto in un giorno così speciale per tutti, non ci dimenticassimo dei nostri fratelli e delle nostre sorelle in difficoltà”.

E aggiunge: “Insieme alle suore del Boccone del Povero al Capo di via piazzetta san Marco 8, nel popolare quartiere del Capo a Palermo, abbiamo così pensato di organizzare il pranzo di Natale per chi è senza famiglia o vive per strada. Persone che le ottime suore servono già durante tutto l’anno con la mensa che gestiscono insieme a un gruppo di volontari, ma che non vogliono lasciare sole soprattutto nel giorno in cui ricordiamo la nascita del Signore in mezzo a noi”.

“Chi volesse dare un contributo, offrendo un pasto o il proprio aiuto come volontario – conclude Romano -, può contattare la superiora del convento suor Rosalia al numero 329 491 9286 o recarsi direttamente sul posto”.


“Church Army, cristiani in divisa per servire i più poveri” di Davide Romano, giornalista



Anche nel nostro Paese, non pochi conoscono l’Esercito della Salvezza (in inglese Salvation Army) con le sue curiose uniformi militari. Ma non molti sanno che esistono anche altre realtà simili come, ad esempio, la Church Army. Fondata nel 1882 da Wilson Carlile, è un'organizzazione cristiana della Chiesa Anglicana che ha attraversato più di un secolo di storia, portando avanti la sua missione di servizio e speranza. L'ispirazione per la sua creazione risiedeva nella volontà di estendere la compassione e il messaggio cristiano al di là delle quattro pareti di una chiesa, raggiungendo le persone, soprattutto le più emarginate, direttamente nelle loro comunità e nelle loro esigenze quotidiane.

L'approccio distintivo della Church Army è quello di essere radicata nelle comunità locali, operando attraverso un corpo di volontari e missionari che si immergono nelle realtà quotidiane delle persone. La loro missione si fonda sull'idea che la fede cristiana non debba rimanere confinata nei luoghi di culto, ma debba tradursi in azione pratica, portando speranza e amore tangibile dove c'è bisogno.

Uno degli aspetti chiave del lavoro della Church Army è il suo impegno nella lotta contro l'emarginazione sociale e l'isolamento. Attraverso programmi e iniziative mirate, l'organizzazione cerca di raggiungere coloro che sono ai margini della società, offrendo sostegno emotivo, materiale e spirituale. Come afferma Wilson Carlile, il fondatore, "La Church Army è chiamata a essere un esercito di persone dedicate a portare il Vangelo a coloro che altrimenti non lo ascolterebbero." E, particolare, ai più poveri.

Un'altra caratteristica distintiva della Church Army è la sua adattabilità alle sfide contemporanee. Nel corso degli anni, l'organizzazione ha risposto prontamente ai cambiamenti nella società e alle nuove esigenze emergenti. Dall'assistenza ai senzatetto all'impegno nella promozione dell'istruzione e dello sviluppo comunitario, la Church Army si è dimostrata un faro di speranza che si adatta alle esigenze mutevoli delle comunità che serve.

Il lavoro della Church Army è stato ampiamente riconosciuto per il suo impatto positivo. Le testimonianze delle persone toccate dal loro servizio narrano storie di trasformazione, rinascita e rinforzo della fede. L'organizzazione agisce come un ponte tra la tradizione ecclesiastica e le esigenze pratiche del mondo contemporaneo, dimostrando che la fede può essere vissuta in modo autentico anche al di fuori delle strutture ecclesiastiche convenzionali.

Diffusa oggi in tutto il Mondo, la Church Army si distingue come un'organizzazione che incarna il messaggio cristiano attraverso l'azione concreta e la presenza nelle comunità. La sua eredità di servizio compassionevole ha lasciato un'impronta duratura nella storia della missione cristiana. Continuando a lavorare per alleviare le sofferenze umane e portare speranza, la Church Army rimane un faro di luce e amore nelle comunità che serve.

“Servire i poveri per rimanere umani” di Davide Romano, giornalista

 


Nel cuore di ogni società, la questione della povertà emerge come un richiamo urgente alla compassione e all'azione. Servire i poveri non è soltanto un atto di beneficenza, ma un impegno profondo che riflette il nostro riconoscimento condiviso della dignità umana e dell'uguaglianza. Come afferma Mahatma Gandhi, "La vera grandezza di una nazione risiede nel modo in cui tratta i suoi membri più vulnerabili."

La solidarietà e il senso di comunità che emergono dal servizio ai poveri non solo connettono le persone, ma gettano le basi per una società più forte e resilienti. Come Martin Luther King Jr. ha sottolineato, "Ogni volta che alziamo gli altri, ci innalziamo anche noi stessi." In questo spirito, il servizio ai poveri diventa una pietra angolare per costruire relazioni umane significative e sostenere l'unità nella diversità.

La riduzione delle disuguaglianze, una sfida che affligge molte società, richiede un impegno costante nel servire i poveri. Come dichiara Nelson Mandela, "La vera prova di una società avanzata non è la magnificenza delle sue costruzioni, ma il benessere di tutti i suoi membri." Investire in programmi che offrono opportunità di formazione e sostegno economico è un passo essenziale per garantire che ogni individuo possa contribuire al progresso collettivo.

L'importanza di servire i poveri non si limita all'aspetto economico, ma si estende anche alla dimensione personale. Madre Teresa di Calcutta sottolinea questa connessione profonda quando afferma: "Nel servire gli altri, troviamo la gioia che non può essere espressa." Questa gioia, derivante dall'atto di dare, si traduce in una forza motrice che spinge le persone a continuare a lottare per un mondo più equo.

Infine, l'azione di servire i poveri è fondamentale per la costruzione di un'economia sostenibile. Il premio Nobel per la pace Muhammad Yunus, pioniere del concetto di microcredito, afferma che "L'uso intelligente del microcredito può contribuire a liberare le energie umane e a creare condizioni per un futuro sostenibile." Un'economia equa e inclusiva è la chiave per garantire che nessuno sia lasciato indietro.

Il servizio ai poveri, insomma, è un imperativo morale che richiede l'impegno di tutti. Come afferma Papa Francesco, "La povertà non è destinata a esistere in modo perpetuo. Possiamo debellarla eliminando le cause strutturali della povertà e promuovendo lo sviluppo integrale dei più vulnerabili della nostra società." È attraverso il servizio compassionevole ai poveri che possiamo realmente sperare di creare una società che riflette i valori universali di giustizia, uguaglianza e amore.

martedì 5 dicembre 2023

“Solitario viaggio in Giappone, i ricordi di un'avventura indimenticabile” di Davide Romano


Il grande orientalista Fosco Maraini che una delle esperienze più incantevoli del mondo è “vagare per il Giappone di tempio in valle, di villa in bosco, di fiume in monte, di lago in costa marina, con alcuni cari amici, senza un piano prestabilito”.

Un’esperienza che, a un certo punto della mia vita, ho deciso di donarmi e di vivere da solo, senza alcuna compagnia se non quella di alcuni libri e il ricordo di qualche documentario. Ma, per quanto mi aspettassi essere sorpreso dal Paese del Sol Levante, nulla avrebbe mai potuto in verità preparami al continuo splendore di cui ho fatto ogni istante esperienza. Ancora oggi, quando vado con la mente a quell’avventura, i ricordi quasi si confondono e si trasformano e mi viene il dubbio di aver più sognato che vissuto il mio solitario viaggio.

Ricordo ancora il profumo dell'incenso che s'innalzava delicatamente nell'aria mentre mi trovavo nel suggestivo tempio di Kyoto. Il mio viaggio in Giappone è stato un'esperienza indimenticabile, un caleidoscopio di tradizioni antiche, modernità sfrenata e paesaggi mozzafiato.

Partendo dalla frenetica Tokyo, ho vagato tra i grattacieli illuminati al neon e le strade affollate di Akihabara, il quartiere dell'elettronica. Il contrasto con i giardini sereni di Rikugien è stato straordinario, regalandomi una pausa di tranquillità circondato da alberi secolari e laghetti placidi.

Proseguendo verso il Monte Fuji, la maestosità di questa montagna sacra ha rapito il mio sguardo. La neve scintillava al sole del mattino, creando uno spettacolo surreale di pace e bellezza. Un'escursione fino alla quinta stazione mi ha permesso di abbracciare la grandezza di questo simbolo nazionale.

Nara, con i suoi cervi sacri che si aggirano liberamente tra i visitatori, è stata un'esperienza unica. Nutrire questi animali, considerati messaggeri degli dei, ha creato un legame speciale con la spiritualità del luogo.

Kyoto, ricca di antichi templi e giardini zen, mi ha trasportato indietro nel tempo. Il Tempio d'Argento, con i suoi padiglioni riflettenti e il viale di ciliegi in fiore, è stato un vero spettacolo. Le vie geisha di Gion, con le loro lanterne illuminate, hanno aggiunto un tocco di mistero e tradizione.

La cucina giapponese ha deliziato i miei sensi. Ramen fumanti, sushi freschissimo e dolci artistici sono diventati un rituale quotidiano. La cura e l'attenzione nei dettagli della preparazione culinaria sono un riflesso della perfezione giapponese in ogni ambito.

Le sorgenti termali di Hakone hanno regalato relax e benessere, immerso in acque calde con vista sul paesaggio vulcanico. La mia visita al parco dei cervi di Miyajima, con il Torii galleggiante sull'acqua, ha sigillato il viaggio con un'immagine iconica che rimarrà impressa nella memoria.

Ogni passo in Giappone è stato un dialogo con la storia, la spiritualità e la natura. Questo paese ha lasciato un'impronta indelebile nel mio cuore, un mosaico di ricordi che si intrecciano come i rami dei ciliegi in primavera.

 

sabato 2 dicembre 2023

“San Filippo Neri, il ‘Santo dell'Allegria’” di Davide Romano

 


San Filippo Neri, conosciuto come il "Santo dell'Allegria", rimane un esempio attuale e ispiratore per molte persone. La sua spiritualità e il suo messaggio di gioia hanno una rilevanza senza tempo che può essere applicata anche oggi. Ecco come la figura di San Filippo Neri può essere attuale nel contesto moderno:

In un'epoca in cui molte persone cercano la felicità in modi superficiali o materiali, la testimonianza di San Filippo Neri offre un richiamo alla gioia autentica. La sua vita dimostra che la vera gioia deriva dalla relazione con Dio, dall'amore per gli altri e dalla capacità di apprezzare le piccole cose della vita.

San Filippo Neri affrontò molte sfide durante la sua vita, ma mantenne un atteggiamento ottimista. Nel contesto moderno, in cui le persone affrontano varie difficoltà personali e sociali, la sua vita è un esempio di come la fede e la gioia possono aiutare a superare le avversità.

La pratica di San Filippo Neri di sorridere e di essere gentile con gli altri è un insegnamento prezioso. Nell'era digitale, in cui la comunicazione spesso avviene attraverso schermi e tastiere, la gentilezza e il sorriso possono avere un impatto significativo nel promuovere relazioni positive e connessioni umane autentiche.

San Filippo Neri è noto per gli "oratori" informali, dove le persone si incontravano per pregare, discutere e condividere. Nel mondo contemporaneo, dominato dalla tecnologia, la sua enfasi sull'incontro faccia a faccia e sul dialogo diretto offre un modello importante per combattere l'isolamento e promuovere la comunione comunitaria.

La spiritualità di San Filippo Neri era centrata sulla gioia e sull'esperienza della presenza di Dio. Nel contesto moderno, in cui molte persone cercano significato e spiritualità, il suo approccio alla preghiera e alla vita spirituale può essere un'ispirazione per coloro che cercano una connessione più profonda con il divino.

San Filippo Neri aveva l'abitudine di dire: "Diffondi la gioia". Questo invito rimane attuale oggi, invitando le persone a essere portatori di gioia nelle loro comunità, a diffondere positività e a creare ambienti che promuovano il benessere emotivo e spirituale.

San Filippo Neri, il Santo dell'Allegria, continua a offrire un modello rilevante per affrontare le sfide della vita moderna attraverso la gioia autentica, la gentilezza, la spiritualità e il desiderio di incontrare gli altri con amore e compassione.

“Viaggiare, un cammino verso la trascendenza” di Davide Romano



Viaggiare, lungi dall'essere solo un mezzo per esplorare nuovi luoghi geografici, può diventare un potente strumento per arricchire la vita spirituale di un individuo. Attraverso l'incontro con nuove culture, la contemplazione di paesaggi mozzafiato e l'esperienza di sfide avventurose, il viaggio offre un cammino unico verso la trascendenza e la crescita interiore.

 

1. Esplorare l'infinitezza della creazione:

Viaggiare permette di immergersi nell'infinita bellezza della creazione. L'esplorazione di paesaggi diversi, dalla maestosità delle montagne alla tranquillità degli oceani, può essere un'esperienza spirituale che riporta l'individuo alla meraviglia dell'esistenza. Come afferma il poeta John O' Donohue, "Viaggiare è un modo di ritrovare la bellezza della vita."

 

2. Incontri  che illuminano l'anima:

Gli incontri durante i viaggi sono occasioni per entrare in contatto con l'anima del mondo. Condividere momenti con persone di diverse culture e tradizioni può portare a una comprensione più profonda della connessione umana. Come afferma Thich Nhat Hanh, maestro zen, "Nel nostro cammino spirituale, abbiamo bisogno di incontrare gli altri per continuare il nostro viaggio."

 

3. La saggezza delle tradizioni antiche:

Viaggiare spesso coinvolge l'esplorazione di luoghi sacri e antichi, arricchendo così la nostra comprensione delle tradizioni spirituali. Visitare luoghi di culto, monasteri e siti storici può connetterci con una saggezza millenaria. Come dice Anatole France, "Viaggiare è scoprire che tutti hanno ragione. La saggezza di ogni popolo è un tassello del mosaico dell'umanità."

 

4. La semplicità che nutre lo spirito:

La vita quotidiana spesso ci immerge in un vortice di complessità. Viaggiare può offrire momenti di semplicità e quiete che nutrono lo spirito. In questo senso, come afferma Paulo Coelho, "Il viaggio di scoperta non è cercare nuovi paesaggi, ma avere nuovi occhi."

 

5. La gratitudine per la vita:

Il viaggio può essere un catalizzatore per la gratitudine. Attraverso l'incontro con modi di vivere diversi, si può imparare a valorizzare le proprie esperienze e risorse. Il maestro spirituale Eckhart Tolle sottolinea, "Riconoscere il bene che c'è già nella tua vita è la quintessenza della saggezza spirituale."

 

6. Il ritorno a se stessi:

Viaggiare offre anche l'opportunità di ritornare a se stessi. Lontano dalle distrazioni quotidiane, si può riflettere sulla propria vita, valori e obiettivi. Come dice Agostino d’Ippona, "Il mondo è un libro, e coloro che non viaggiano ne leggono solo una pagina."

 

Per tutti questi motivi, viaggiare può essere un percorso spirituale significativo. Attraverso l'esplorazione del mondo esterno, possiamo scoprire strati più profondi della nostra anima e connetterci con l'essenza della vita. Come scrive Khalil Gibran, "Il viaggio non porta solo via il nostro corpo, ma ci libera dalla percezione quotidiana, aprendo gli occhi della nostra anima." Viaggiare, quindi, diventa un viaggio non solo geografico ma anche spirituale.

 

“I Gesuiti, origine e grandezza dell'ordine religioso di papa Francesco” di Davide Romano

 


 

I Gesuiti, formalmente noti come la Compagnia di Gesù, sono un ordine religioso della Chiesa cattolica fondato nel 1540 da Ignazio di Loyola. Da allora, questa comunità ha giocato un ruolo significativo nella storia del mondo, distinguendosi per la sua dedizione alla spiritualità, all'istruzione e alla missione. L'ordine è cresciuto nel corso dei secoli, adattandosi ai cambiamenti sociali e culturali, ma ha mantenuto il suo impegno per l'educazione, il servizio e la promozione della fede cristiana. In questo articolo, esploreremo la grandezza dei Gesuiti attraverso il loro impatto nella storia.

La Compagnia di Gesù è stata fondata da Ignazio di Loyola, un ex soldato spagnolo che, dopo essere stato ferito in battaglia, ha sperimentato una profonda conversione spirituale. Nel 1534, Ignazio e sei compagni giurarono voti di povertà e castità, dedicandosi al servizio di Dio. Nel 1540, il Papa Paolo III riconobbe ufficialmente la Compagnia di Gesù, consentendo la sua espansione in tutto il mondo.

I Gesuiti si impegnavano a diffondere la fede cristiana attraverso l'insegnamento, la predicazione e il lavoro missionario. Questa missione li ha portati a operare in molte parti del mondo, incluso il Nuovo Mondo durante l'epoca delle esplorazioni.

Una delle caratteristiche distintive dei Gesuiti è stata la loro dedizione all'educazione. Nel corso dei secoli, hanno fondato numerose scuole, collegi e università in tutto il mondo. I Gesuiti hanno sempre creduto che l'educazione fosse uno strumento potente per formare individui competenti e moralmente responsabili. I loro istituti educativi sono stati pionieri nell'integrazione di una formazione spirituale e intellettuale, influenzando generazioni di studenti.

I Gesuiti sono stati attivi anche nel campo delle attività missionarie, portando il cristianesimo in luoghi lontani e spesso difficili da raggiungere. La loro presenza è stata particolarmente importante durante il periodo delle esplorazioni e dell'evangelizzazione nelle colonie.

Inoltre, i Gesuiti hanno contribuito significativamente alla cultura, alla scienza e alle arti. Molti membri dell'ordine sono stati eminenti scienziati, filosofi e artisti che hanno apportato contributi rilevanti alla conoscenza umana. La loro tradizione intellettuale e la promozione delle arti hanno influenzato positivamente le società in cui operavano.

Nel corso del tempo, i Gesuiti si sono distinti anche per il loro impegno sociale e la promozione della giustizia. Sono stati attivi nelle opere di carità, nell'assistenza ai poveri e nella difesa dei diritti umani. Il loro approccio alla giustizia sociale ha radici profonde nei principi della dottrina sociale della Chiesa cattolica.

La grandezza dei Gesuiti nella storia risiede nella loro capacità di adattarsi alle sfide dei tempi, mantenendo al contempo il loro impegno per la fede, l'educazione, la missione e la giustizia sociale. La loro influenza si estende in molte aree della società, contribuendo al progresso intellettuale, culturale e spirituale. Mentre l'ordine ha attraversato periodi difficili nella sua storia, la sua eredità di dedizione al servizio e alla ricerca della giustizia continua a ispirare molte persone oggi.

venerdì 24 novembre 2023

“Bellezza e necessità del silenzio” di Davide Romano




Viviamo in un'epoca caratterizzata dalla frenesia, dalla costante connessione e dalla rumorosa sovrabbondanza di informazioni. In mezzo a questo tumulto, spesso dimentichiamo il valore essenziale del silenzio. Il silenzio non è solo l'assenza di suoni, ma un luogo di potenza e riflessione, un rifugio che offre molto più di quanto la vita moderna ci permetta di percepire.

 

"Il silenzio è un amico leale, un compagno che ci accompagna senza tradimenti." - Confucio

In un mondo dove le parole perdono spesso il loro significato nel caos delle comunicazioni, Confucio ci ricorda che il silenzio diventa un alleato prezioso. Non richiede spiegazioni verbali, ma ci invita a esplorare il nostro io più profondo, offrendoci un rifugio dalla costante sinfonia del mondo esterno.

 

"Il silenzio è una forma di espressione potente." - Paulo Coelho

Con eloquente semplicità, Paulo Coelho ci sottolinea che il silenzio grida con una voce udibile solo nell'intimità delle nostre anime. Nonostante la mancanza di parole, è in questo silenzio che scopriamo la forza nascosta e la verità autentica che a volte sfugge alle parole troppo pronunciate.

 

"Il silenzio dice molto di più di quanto siamo soliti esprimere verbalmente." - Eckhart Tolle

Le riflessioni di Eckhart Tolle ci suggeriscono che il silenzio è un linguaggio più puro e autentico, un modo di comunicare direttamente con il cuore senza il filtro delle parole. Nel silenzio, troviamo una forma di espressione che va oltre le limitazioni del linguaggio, rivelando pensieri e emozioni in modo più profondo.

 

"Il silenzio è un'arte." - Abraham Lincoln

Le parole sagge di Abraham Lincoln ci invitano a considerare il silenzio come un'arte. È la capacità di discernere ciò che merita di essere detto e ciò che può essere compreso meglio nella tranquillità della riflessione interna. Il silenzio diventa così un mezzo per mantenere i pensieri segreti e comunicare solo ciò che è veramente significativo.

 

In conclusione, il richiamo alla fedeltà del silenzio sottolinea la sua forza intrinseca, invitandoci a considerare la bellezza di questo amico silenzioso nelle diverse sfaccettature della nostra vita.

In un'epoca in cui la comunicazione è spesso veloce e superficiale, il silenzio diventa una risorsa preziosa. La sua bellezza risiede nella sua capacità di consentire la riflessione, alimentare la creatività e offrire un rifugio dalla frenesia del mondo esterno. Trovare momenti di silenzio nella nostra vita quotidiana diventa un atto di auto-amore, un'opportunità di riconnettersi con noi stessi e scoprire la ricchezza della nostra interiorità. In un mondo che sembra gridare costantemente, la bellezza del silenzio ci invita a scoprire la melodia profonda della nostra anima.

sabato 18 novembre 2023

“Padre Giovanni Semeria tra amore per i poveri e istanze moderniste” di Davide Romano

 


“L'abito di Lev Tolstoj, simile a quello di un contadino russo, e il suo pasto semplice e frugale delineano un quadro della sua vita quotidiana”. Si offre in questo modo ‘autore di “Guerra e pace” ai suoi visitatori. Fra questi, il padre Giovanni Semeria che però offre un giudizio aspro sul grande scrittore russo, sottolineando che la differenza tra Tolstoj e il contadino russo è equiparabile a quella tra la polenta che un ricco gusta per svago una volta all'anno e quella che un povero consuma per necessità ogni giorno della sua vita.

Nell'estate del 1903, il barnabita padre Giovanni Semeria si avventura in Russia insieme all'amico don Salvatore Minocchi con l'intento di visitare Jasnaja Poljana, la tenuta del settantacinquenne scrittore Tolstoj. Quest'ultimo è diventato un punto di riferimento culturale per i credenti che aspirano a un impegno più profondo nel riscatto dei poveri e auspicano una Chiesa più dinamica e attenta alle emergenze sociali. Durante il loro viaggio attraverso Vienna e San Pietroburgo, vengono calorosamente accolti da Tolstoj a Jasnaja Poljana.

In seguito a lunghe conversazioni, Semeria matura l'idea che sostenere chi è nel bisogno non può rimanere un'ideologia o un atteggiamento culturale, ma deve permeare la vita e l'attività della Chiesa nel cuore e nel midollo. Non basta limitarsi a un impegno intellettuale, come fa Tolstoj, il quale, secondo Semeria, sembra completamente assorbito dal problema morale e religioso. Se si vuole che il "umanitarismo" di Tolstoj si trasformi in "vero cristianesimo", ovvero in carità, occorre scendere in campo e sporcare le mani. Concetti che, 76 anni dopo, a Puebla, verranno chiamati "opzione preferenziale per i poveri". Questi concetti, oggi parte integrante del racconto quotidiano della Chiesa di Francesco, all'epoca di Semeria erano rivoluzionari e già anticipati in una sua corrispondenza per il Cittadino, scritta durante la sua esperienza in Russia. Nel corso degli anni, Semeria sviluppa e fa propri questi concetti fino a farli diventare il cuore della sua stessa esistenza.

Genocchi, d'altra parte, non condivide questa posizione e mantiene intatta la sua ammirazione per l'intelletto e la critica di Tolstoj. Le loro vie nella Chiesa, in un contesto modernista, si dividono rapidamente: Genocchi, sospeso a divinis, abbandona l'abito talare e diventa docente alla Sapienza, mentre Semeria, pur avendo ricevuto offerte da prestigiose università protestanti europee, dichiara piena fedeltà alla Chiesa. Dopo l'aspra esperienza della Prima guerra mondiale, diventa apostolo della carità e servo degli orfani, giungendo al punto di sacrificare la propria vita in condizioni di estrema difficoltà pur mantenendo la promessa fatta ai loro padri nelle trincee del fronte orientale.

Semeria, nato orfano di padre e cresciuto con una madre costretta a emigrare in Piemonte per sopravvivere, diventa uno dei preti più noti della sua epoca. La sua eloquenza e modernità nell'approccio lo rendono in grado di comunicare con le folle, intellettuali laicisti, soldati poveri al fronte e persino bambini ospitati nelle case fondate con don Giovanni Minozzi negli anni Venti.

Giovan Battista Montini, a Brescia, è uno degli esempi in cui il prete ha lasciato un segno significativo. Paolo VI stesso ricorda come Semeria abbia confortato i genitori preoccupati per Montini durante il suo periodo di formazione in seminario, predicendo che un giorno sarebbe diventato "vescovo e anche di più". Nelle discussioni successive alla morte, si è parlato ampiamente delle simpatie moderniste di Semeria, del suo ruolo come cappellano militare nella Grande Guerra, della sua vasta cultura e delle sue relazioni con i letterati più famosi. Tuttavia, la sua "opzione per i poveri", teorizzata in tempi rivoluzionari e messa in pratica con l'aiuto di don Giovanni Minozzi attraverso la fondazione dell'Opera Nazionale per il Mezzogiorno d'Italia per assistere gli orfani di guerra, è rimasta in secondo piano. La sua devozione al Sacro Cuore e a Maria, insieme al costante richiamo all'esempio della croce e alla sua ardente spiritualità, sono aspetti spesso trascurati della sua figura.

Se durante le sue grandi predicazioni a Roma e Genova Semeria plasmava "ogni parola nella preghiera", negli ultimi anni della sua vita scriveva conferenze e libri con l'unico scopo di raccogliere fondi per sfamare i suoi "figli". Questo sforzo, compiuto di notte mentre era inginocchiato a terra con il foglio appoggiato su una sedia, rappresenta un'ascesi che si fonde perfettamente con la sua carità. Sempre più viveva per i poveri, più il suo sguardo si rivolgeva a Cristo. Una figura autentica e profetica della fede moderna, che ha sperimentato la depressione durante gli orrori delle trincee, ma è emerso più forte di prima. Il suo modo di affrontare la disperazione è in sé una profezia che ha lasciato alla Chiesa e al nostro tempo.

“La suora del West. Vita avventurosa di Rosa Maria Segale (meglio nota come suor Blandina)” di Davide Romano



In un'insolita storia legata al Far West, i protagonisti non sono i classici duelli tra pistoleri, gli assalti alle diligenze o le guerre tra indiani e il Settimo cavallerizzo. Al centro dell'attenzione emerge Suor Blandina, al secolo Rosa Maria Segale, una missionaria italiana inviata nel Far West dopo la metà dell'Ottocento per sostenere i poveri e i bisognosi. Recentemente, la diocesi di Santa Fe ha annunciato l'avvio del processo di beatificazione per Suor Blandina, la cui storia presenta persino un alone leggendario, incrociandosi per ben tre volte con quella di un temuto bandito: Billy the Kid.

Il primo incontro con il pistolero più veloce del West coinvolse un compagno della banda di Billy, ferito durante una lite e abbandonato in una baracca desolata. Suor Blandina si prese cura di lui per settimane, fornendo assistenza e impedendo che il malato si togliesse la vita. In un'altra occasione, riuscì a persuadere Billy the Kid a risparmiare la vita di quattro medici del paese che avevano rifiutato di curare il suo compagno ferito.

Il bandito e la sua banda progettarono di rapinare un convoglio, ma Billy, notando la presenza di Suor Blandina sulla carovana, decise di abbandonare l'impresa. Il secondo incontro avvenne nella città di Santa Fe, dove il giovane fuorilegge era rinchiuso in una cella di massima sicurezza per aver minacciato di assassinare il governatore Lew Wallace, autore del celebre romanzo "Ben Hur".

Suor Blandina, nata a Cicagna (Liguria) nel 1850, emigrò con la sua famiglia negli Stati Uniti all'età di quattro anni. Entrò nel convento delle suore della Carità nell'Ohio a 16 anni, assumendo il nome di Blandina in memoria di santa Blandina, martire nel 177 durante l'impero di Marco Aurelio. Dopo aver insegnato per sei anni, fu inviata come missionaria a Trinidad, in Colorado, con l'obiettivo di costruire una scuola pubblica.

A Trinidad, Suor Blandina si batté anche per l'abolizione del linciaggio, una pratica popolare che condannava senza pietà chiunque fosse ritenuto colpevole di furto di bestiame. Dopo Trinidad, fu inviata a Santa Fe, dove riuscì a fondare un ospedale e una scuola per orfani. Successivamente, a Albuquerque, creò una biblioteca pubblica e avviò la scuola pubblica "Nostra Signora degli Angeli" insieme alle altre suore di Carità.

L'ultima tappa della sua missione la riportò a Trinidad, in Colorado, dopo 12 anni di assenza. Qui, Suor Blandina continuò i suoi insegnamenti missionari, dedicandosi infine ai connazionali italiani emigrati nelle città americane in cerca di lavoro e un futuro migliore. La sua straordinaria vita è stata narrata da lei stessa nel diario "At the End of the Santa Fe Trail" (pubblicato nel 1932), basato sulle lettere scambiate con sua sorella Giustina, anche lei religiosa nell'Ohio. Il volume è stato pubblicato in Italia negli anni novanta con il titolo "Una suora italiana nel West".

 

"Tutta la Bibbia c’invita a meditare” di Davide Romano












La meditazione è una pratica plurimillenaria che ha dimostrato di apportare benefici significativi alla salute mentale e fisica di coloro che la adottano nella propria vita quotidiana. Mentre alcune persone possono associare la meditazione principalmente alle tradizioni orientali, è importante sottolineare che anche nella fede cristiana la meditazione ha un ruolo centrale. In questo articolo, esploreremo la profonda utilità e la necessità della meditazione cristiana attraverso citazioni ed insegnamenti che sottolineano l'importanza di questa pratica millenaria nel contesto della fede cristiana.

 

La ricerca interiore attraverso la meditazione:

Il cristianesimo ha una lunga tradizione di ricerca interiore e contemplazione. Il Salmo 1:2-3 afferma: "Ma il suo diletto è nella legge del Signore, e nella sua legge medita giorno e notte. Egli sarà come un albero piantato lungo corsi d'acqua, che dà il suo frutto a tempo debito, le cui foglie non appassiscono; tutto quello che fa avrà buon successo". Questa citazione evidenzia l'importanza di meditare sulla Parola di Dio come mezzo per trovare stabilità e successo nella vita.

 

La presenza di Dio nella meditazione:

La meditazione cristiana non è solo una riflessione intellettuale, ma un modo per entrare in relazione con il divino. Come affermato nel Libro di Giosuè 1:8: "Non si allontani mai dalla tua bocca questo libro della legge, ma medita in esso giorno e notte, perché tu osservi e metta in pratica tutto ciò che vi è scritto; perché allora riuscirai nelle tue imprese e prospererai". La meditazione qui è vista come un mezzo per attirare la presenza di Dio nella nostra vita quotidiana.

 

La pace interiore attraverso la meditazione:

Nel libro di Filippesi 4:7, San Paolo ci insegna che la pace che sorpassa ogni intelligenza può essere raggiunta attraverso la preghiera e la supplica, accompagnate dalla gratitudine. La meditazione cristiana, centrata sulla presenza di Dio e la riflessione sulla Sua Parola, è un veicolo per raggiungere questa profonda pace interiore.

 

La meditazione come atto di adorazione:

Nella meditazione cristiana, il momento di silenzio e di ascolto può diventare un atto di adorazione. Il Salmo 46:10 ci esorta: "State fermi e riconoscete che io sono Dio; sarò esaltato tra le nazioni, sarò esaltato sulla terra!". La meditazione permette di fermarsi, riconoscere la Divinità e adorare il Creatore.

 

Concludendo, la meditazione cristiana è un'antica pratica che trova fondamento nelle Sacre Scritture. Attraverso la riflessione sulla Parola di Dio e la ricerca interiore, i cristiani possono sperimentare una connessione più profonda con il divino e raggiungere una pace interiore che supera ogni comprensione. La meditazione, quindi, non solo trova legittimità nella fede cristiana, ma è anche vista come un cammino spirituale verso una vita più significativa e centrata su Dio.


giovedì 26 ottobre 2023

Palermo 29-30 ottobre, Le Serve dei Poveri celebrano il 40° anniversario della beatificazione di Giacomo Cusmano.

 












Un programma ricco di appuntamenti quello organizzato dalla congregazione religiosa delle Serve dei Poveri, più note come suore Bocconiste, per celebrare il 40° anniversario della beatificazione del loro fondatore, padre Giacomo Cusmano, avvenuta il 30 ottobre del 1983 ad opera del pontefice Giovanni Paolo II.

Il primo appuntamento è per domenica 29, alle ore 18,00, presso la chiesa di San Marco, sita in piazzetta San Marco 8, al Capo, a Palermo, con l’adorazione eucaristica e la celebrazione dei primi vespri solenni.

Si prosegue lunedì, alle 8,00 del mattino, sempre presso la stessa chiesa per la celebrazione delle lodi e della messa sempre in forma solenne, quest’ultima sarà presieduta da monsignor Giuseppe Oliveri, vicario generale dell’arcidiocesi di Palermo. Seguirà un rinfresco.

Alle 16,00 ci si sposterà presso la chiesa di Sant’Ernesto, in via Giovanni Campolo 11, per una conferenza dal titolo “La carità a Palermo”, tenuta da don Giuseppe Di Giovanni, parroco di santa Maria della Pietà e rettore del santuario diocesano di Santa Teresa.

Seguirà alle 17,00 l’apposizione di un omaggio floreale presso il monumento raffigurante il beato Giacomo Cusmano in piazza Giovanni Campolo 23. Alle 18,00 messa solenne a sant’Ernesto presieduta dal parroco, monsignor Carmelo Vicari. Alle 19,00 rinfresco.

 

https://bocconedelpovero.blogspot.com/2023/10/palermo-29-30-ottobre-le-serve-dei.html

 

L’addetto Stampa

Davide Romano

domenica 1 ottobre 2023

Lettera di Papa Francesco a Davide Romano, fondatore della Compagnia del Vangelo

 

Una commovente lettera del Santo Padre rivela il suo apprezzamento per il lavoro del giornalista palermitano

Vaticano, 1 ottobre 2023 – (AGiCatt - Agenzia Cattolica di Stampa) Una luce di speranza e ispirazione si è diffusa all'interno della comunità ecumenica di volontariato "La Compagnia del Vangelo" e tra quanti seguono il prezioso lavoro di Davide Romano. Il fondatore di questa straordinaria iniziativa, che da anni si dedica con passione e dedizione al servizio dei più vulnerabili, ha ricevuto una commovente lettera da Papa Francesco, un messaggio di affetto e incoraggiamento che ha toccato il cuore di molti.

Nella sua missiva, il Santo Padre ha elogiato il percorso di fede personale di Davide Romano, un ministro di culto protestante che ha dedicato la sua vita a promuovere l'ecumenismo e il servizio disinteressato verso chi ha più bisogno. La lettera è stata inviata durante un momento particolarmente significativo, in cui il Papa ha voluto riconoscere l'impegno incessante di Romano nella creazione di una mensa per i poveri e altre attività caritative presso il convento di San Marco a Palermo, nel quartiere popolare del Capo.

A coadiuvare Davide Romano in questa nobile impresa, c'è suor Marie Jeanne Mulamba Meta, della congregazione delle Serve dei Poveri del beato Giacomo Cusmano. Insieme, hanno dimostrato un impegno straordinario nel portare il volto compassionevole di Gesù Cristo a coloro che spesso vengono dimenticati dalla società. La loro opera di amore e solidarietà ha ispirato Papa Francesco, che ha voluto esprimere la sua gratitudine in questa commovente lettera.

Nella missiva si legge che il Santo Padre "assicura il ricordo orante e, mentre ringrazia per il generoso servizio svolto a favore dei poveri e degli emarginati, manifestando loro il volto compassionevole di Gesù, invia volentieri il Suo benedicente saluto, che volentieri estende alle persone vicine e a quanti amorevolmente assiste."

Queste parole gentili e incoraggianti da parte di Papa Francesco hanno avuto un impatto profondo sulla comunità di "La Compagnia del Vangelo" e su tutti coloro che seguono il loro nobile lavoro. È un promemoria tangibile che il servizio disinteressato e la dedizione alla causa dei più bisognosi sono valori universali che uniscono le persone di fede in un impegno comune.

Nell'ambito di questa toccante lettera, un suggerimento prezioso è stato offerto da un collaboratore del vescovo di Roma: partecipare a un'udienza generale per incontrare di persona Papa Francesco. Questo incontro potrebbe rappresentare un momento significativo per condividere idee, ispirazioni e progetti futuri con il Santo Padre, consolidando ulteriormente il legame tra "La Compagnia del Vangelo" e la Chiesa Cattolica.

L'invito di Papa Francesco a Davide Romano e alla sua comunità è un riflesso del suo costante impegno a promuovere la fratellanza, l'unità e il servizio verso gli altri. È un richiamo a tutti noi a seguire l'esempio di questi straordinari volontari che lavorano instancabilmente per alleviare le sofferenze e diffondere l'amore nel mondo.

Questo commovente gesto del Papa ci ricorda che, anche nelle sfide del mondo moderno, l'amore e la solidarietà possono sempre trionfare. Insieme, possiamo costruire un mondo migliore per tutti, seguendo il messaggio di speranza e compassione del Santo Padre.

 

“La Parola di Dio è giusta” di Greetje Van der Veer

“La parola del Signore è retta e tutta l’opera sua è fatta con fedeltà”. (Salmo 33, 4)

“Gesù dice: Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno”. (Matteo 24, 35)

Siamo abituati a fare differenza fra ciò che diciamo e ciò che facciamo. Perché non è detto che ciò che diciamo è poi quello che facciamo, spesso c’è una bella differenza fra queste due realtà. Quante cose che diciamo si riducono poi a chiacchiere e basta. Presso Dio questa differenza non c’è. Quando Dio parla succede sempre qualcosa, basta pensare all’atto della creazione: «Dio disse: “Sia luce!”. E la luce fu!» (Gen. 1, 3).

Noi, esseri umani, possiamo fare a pezzi le cose con le nostre parole e le nostre azioni. Ma la parola di Dio è giusta, non ha un doppio senso, essa ci dà una direzione, è un sostegno. Le parole del Salmo 33 rinviano alla creazione sottolineando il modo in cui Dio parla e agisce.

Se consideriamo il creato (siamo nel periodo chiamato del “Tempo del Creato”), vediamo che ciò che ci circonda non funziona per niente, pare che Dio abbia compiuto un lavoro mal fatto. Quante cose non funzionano! Basta pensare alle mutazioni genetiche che causano malattie gravi, o ai terremoti, che in questo periodo, causano tanti, troppi morti.

Anche gli scrittori biblici descrivono quanto burrascosamente le cose possono svolgersi. Ma fondamentale è l’esperienza che la Creazione non è un caos, ma un cosmo, una terra per abitarci; Dio ha creato un mondo, una terra dove si può abitare bene, con giustizia ed equità proprio come canta questo salmo. A noi tutti e tutte il compito di inserirci in questo piano di Dio. Amen.

(Fonte: Riforma.it)

"Annunciare al mondo colui che cambia la nostra vita" di Greetje Van der Veer

“Come invocheranno colui nel quale non hanno creduto? E come crederanno in colui del quale non hanno sentito parlare? E come potranno sentirne parlare, se non c’è chi lo annuncia?” (Romani 10, 14)

Le Parole della lettera ai Romani suonano come un macigno. Erano dirette al popolo di Dio, Israele. Ma anche noi possiamo sentirci interrogati senza dubbio dalle parole dell’apostolo Paolo.

Leggiamo il versetto partendo dalla fine: se non c’è chi lo annuncia, come potranno sentirne parlare? Se non hanno sentito parlare di lui, come crederanno in lui? Se non hanno creduto, come lo invocheranno?

Parlare e fare, nel linguaggio biblico, sono parole complementari, due facce della stessa medaglia per così dire. Anche ascoltare e fare è una coppia simile. Ascoltare significa, fare proprio ciò che si sente, viverlo. Ma allora, se non lo si sente, come si può metterlo in pratica?

Dobbiamo annunciare colui che cambia la nostra vita, colui che chiamiamo il Salvatore, il Liberatore. Purtroppo, spesso siamo timidi, e tanto. Certo mettersi agli angoli delle strade e strillare il messaggio lieto, oggi non funziona. Però mettersi per strada con un banchetto con poco materiale, ma significativo, ed entrare in contatto con quelle poche persone che si avvicinano, può essere un primo passo per annunciare ciò che ci muove: l’evangelo. Un primo passo, bisogna uscire dal nostro guscio, dare una testimonianza esplicita, raccontare ciò che la Parola ha fatto nella nostra vita, dove ha fatto la differenza, e dove ci ha messo in discussione. Facciamoci coraggio!

È vero, la Parola fa il suo lavoro, ma per questo non viene meno il nostro compito di annunciarla, con parole e azioni.

Annunciamo, dunque la parola di Dio, dentro e fuori le nostre chiese. Amen.

 

(Fonte: Riforma.it)


lunedì 25 settembre 2023

Vaticano, Lettera di Papa Francesco al giornalista Davide Romano

 

Affettuosa e incoraggiante lettera di Papa Francesco al giornalista Davide Romano, fondatore della comunità ecumenica di volontariato “La Compagnia del Vangelo”, con l’invito a incontrarlo nel corso di una udienza generale.

“Il Santo Padre Francesco – scrive, tra le altre cose, uno stretto collaboratore del Pontefice –” loda “il suo percorso di fede personale e l’apprezzata attività di volontariato da Lei svolta”.

E aggiunge: “Sua Santità assicura il ricordo orante e, mentre ringrazia per il generoso servizio svolto a favore dei poveri e degli emarginati, manifestando loro il volto compassionevole di Gesù, invia volentieri il Suo benedicente saluto, che volentieri estende alle persone vicine e a quanti amorevolmente assiste”.

In merito poi all’incontro, il collaboratore del vescovo di Roma gli suggerisce, indicando la data, di partecipare a un udienza generale nel corso del quale poter incontrare Papa Francesco.

 


“Il Vangelo secondo Tolstoj” di Davide Romano


 

“Io credo in Dio, che è per me lo Spirito, l’Amore, il Principio di tutte le cose. Io credo che egli è in me come io sono in lui. Io credo che la volontà di Dio non sia mai stata espressa più chiaramente che nella dottrina di Cristo; ma non si può considerare Cristo come Dio e rivolgergli delle preghiere senza commettere il più grande dei sacrilegi. Io credo che la vera felicità dell’uomo consista nel compimento della volontà di Dio”. Scriveva così Lev Tolstoj, nell’aprile del 1901, in un’epistola in cui chiariva la propria concezione della dottrina cristiana e la natura della propria fede, alla luce delle idee maturate nella sua lunga indagine teologica sui dogmi e le prescrizioni della Chiesa. Appena un paio di mesi prima, durante il Sinodo tenutosi nel febbraio 1901, la Chiesa Ortodossa Russa aveva emesso nei suoi confronti solenne sentenza di scomunica. Il suo trentennale, appassionato studio delle Sacre Scritture – alla ricerca di un punto di vista univoco e autentico nella comprensione della parola evangelica – lo aveva condotto verso una posizione di critica perentoria nei confronti delle gerarchie religiose e delle pratiche liturgiche, e si concludeva con una altrettanto perentoria e irrevocabile sentenza di rottura da parte delle istituzioni ecclesiastiche.

Il tracciato umano, prima ancora che intellettuale, del glorioso scrittore russo è segnato, a un dato momento della sua vita, da un periodo di profondo smarrimento. Negli anni Settanta del suo secolo, intorno ai 45 anni, una lacerante crisi interiore lo coinvolse e sconvolse, come scintilla fece brillare una carica esplosiva che spazzò via il muro di nichilismo e di pessimismo - che l’appassionata lettura dell’opera di Schopenhauer aveva alimentato - che derivava dal frustrante tentativo di giungere a Dio attraverso la ragione, la filosofia, la teologia: “L’uomo impiega la sua ragione per chiedersi: a che scopo, perché? A proposito della sua propria vita e di quella dell’universo. E la ragione stessa gli dice che non c’è risposta. (...) Che significa tutto ciò? Significa che la ragione non è stata fornita all’uomo per rispondere a questa domanda”. Nasceva adesso in lui la consapevolezza che ogni uomo, l’umanità intera, potesse vivere solamente in virtù della fede, e che il tentativo di affidare la propria vita al solo lume della ragione conducesse inesorabilmente alla disperazione. Trentacinque anni vissuti da nichilista, come lui stesso scrive nelle sue memorie, sfociarono all’improvviso in una rinnovata fede in Cristo. 

Nei suoi scritti autobiografici, Tolstoj racconta la sua evoluzione spirituale, il suo travagliato percorso di riavvicinamento alla religione, che lo portò a riguadagnare il valore positivo e profondo del messaggio cristiano, e trasformò profondamente la sua esistenza e la sua visione del mondo. Tutti i valori in cui credeva furono invertiti e sovvertiti, letteralmente scambiati di posto: “Cessai di volere quello che volevo prima e incominciai a volere quello che prima non volevo. Quello che prima mi sembrava buono mi apparve cattivo e quello che prima mi sembrava cattivo mi apparve buono”3. Nella fede bisognava cercare il senso vero dell’esistenza, il segreto di una felicità che appariva finalmente raggiungibile a chi avesse trovato il coraggio e la forza di liberarsi delle regole imposte dalla società e seguire con fiducia gli insegnamenti di Gesù. 

La società era quella ingloriosa della Russia ottocentesca, che innalzava l’intera struttura sociale sulla diseguaglianza e sull’ingiustizia, e in cui la ricchezza delle classi dirigenti gravava interamente sulle spalle degli umili lavoratori. In questa realtà, il conte Lev Nikolàevic Tolstoj, membro della privilegiata nobiltà, decise di rinunciare agli agi della propria condizione e iniziare a vivere come i contadini mujiks, indossando le loro stesse vesti, privandosi della servitù e liberandosi persino delle suppellettili che corredavano la sua abitazione. Stravaganze, forse, che testimoniano tuttavia la grandezza di un uomo di commovente e lungimirante sensibilità, che seppe rinunciare ai privilegi e denunciare un’ingiustizia sociale di cui non fu mai vittima. Stravaganze che furono forse alla base di quel filone di critica che vuol vedere in Tolstoj un anarchico o un sobillatore, o che finirà con l’individuare in lui il teorico ante litteram dell’ateismo sovietico. In realtà, quello che animava Tolstoj era un sentimento religioso che ebbe più che altro la natura di un assunto etico, che si fondava sul principio cristiano della rinuncia a sé e dell’amore verso gli altri; è dunque in tale ottica che bisogna leggere la sua bizzarra, commovente fuga dalla ricchezza e dalla gloria terrena. Il tormentato scrittore russo trovò nel messaggio cristiano una risposta, un sentiero tracciato, una via da seguire. 

La sua intima crisi spirituale finì con l’assumere il respiro dell’universalità, poiché diede vita a una riflessione filosofica di portata immensa che, lungi dall’aprirsi al misticismo, si caricò invece di una forza etica, pragmatica, antropologica, ponendo al centro dell’attenzione la questione esistenziale, la domanda eterna dell’uomo riguardo al senso della vita. L ’esegesi tolstojana dei Vangeli racchiudeva in sé un valore umanistico autentico, poiché fu condotta nel tentativo di individuare un significato, di fornire una risposta alla questione etico-pragmatica del “come vivere?”, indicando come unica via quella del compimento del bene, della rinuncia a se stessi e dell’amore incondizionato verso il prossimo. Le semplici parole di Cristo rappresentano per Tolstoj l’orizzonte luminoso, il messaggio liberatorio e universale che indica a tutti la strada da seguire per trovare il senso della vita e per raggiungere la felicità.

L’esigenza di superare la frammentarietà delle interpretazioni teologiche fu dunque all’origine dell’intenso lavoro di rilettura-riscrittura dei quattro Vangeli che Tolstoj iniziava e portava a termine nell’arco di due anni, fra il 1880 e il 1881, proprio allo scadere del decennio cruciale degli anni Settanta. Ne veniva fuori l’Unificazione e traduzione dei quattro Vangeli, cui seguiva alcuni anni dopo la pubblicazione di un compendio divulgativo, la Breve esposizione dell’Evangelo. L ’idea centrale dell’insegnamento evangelico è rappresentata, nella concezione tolstojana, dal Discorso della montagna, in cui Gesù pronuncia il grandioso messaggio delle beatitudini. Avviene così la genesi della Vita di Gesù proposta in questa pubblicazione. 

La natura umana del Cristo tolstojano balza in primo piano; ma l’accento è posto sulla parola di Gesù, sulla semplicità del suo messaggio, sulla naturalezza con cui egli indica la via verso il bene, con cui cerca di orientare l’umanità, smarrita nella ricerca di un significato. Le parole di Cristo costituiscono la base anche del secondo scritto, La felicità, ma in una forma che è più quella di una piccola prosa filosofica, in cui la valenza etica dell’insegnamento cristiano viene esplicitata fino a diventare un modello comportamentale: in tal senso, forse, può apparire evidente la straordinaria attualità, o meglio, l’immortalità del messaggio religioso, così come ci viene consegnato dall’impareggiabile scrittore russo.

 

Il libro: Lev Nikolàevi Tolstoj, “Vita di Gesù e altri scritti”, Prefazione e cura di Davide Romano, Edizioni EL, pp. 64, euro 12,00

 


“Accogliere senza giudicare. La forza della compassione e dell'empatia” di Davide Romano, giornalista

Nell'ampio spettro della convivenza umana, la diversità brilla come una gemma dai molteplici colori. Ogni individuo è unico nel suo insi...