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lunedì 16 settembre 2024

Medio Oriente, Romano (Compagnia del Vangelo) lancia la sottoscrizione di un appello a Israele: “Fermatevi, la vostra storia vi chiama alla pace”.

 




Davide Romano, giornalista di lungo corso e fondatore della Compagnia del Vangelo, un gruppo ecumenico informale che ha come scopo il dialogo e il servizio ai più poveri, lancia un appello deciso e diretto al popolo d'Israele: “Fermatevi, la vostra storia non può essere quella di una guerra eterna con i palestinesi.” Romano, impegnato da anni nel dialogo interreligioso ed ecumenico, non si perde in retorica, ma va dritto al punto: Israele deve fermarsi e riflettere, perché la pace non è un’opzione tra tante, è l’unica via per uscire dal baratro.

Romano richiama con forza le radici storiche e culturali del popolo israeliano. “Il Talmud ci insegna: ‘Chi salva una vita, salva il mondo intero.’ E quante vite si stanno perdendo oggi?”. Con queste parole, il giornalista sottolinea il peso morale che grava sulle spalle di Israele. Per un popolo che ha conosciuto il dolore dell’esilio e l’orrore della Shoah, Romano sottolinea che non si può permettere che quelle stesse ferite giustifichino nuove ingiustizie. “La violenza porta solo altra violenza”, scrive Romano, senza lasciare spazio a interpretazioni.

 

Una storia che non può essere ignorata

Nell’appello, pubblicato sul blog della Compagnia del Vangelo (https://lacompagniadelvangelo.blogspot.com), Romano cita figure storiche come Martin Buber e Shimon Peres, ma lo fa per lanciare un messaggio senza fronzoli. “Il vero dialogo non è tra amici, ma tra nemici”, afferma, ricordando che la pace si costruisce con fatica e compromessi, non con le armi. L'appello si rivolge non solo ai leader politici, ma anche al popolo comune, a chi vive quotidianamente il conflitto e deve trovare il coraggio di guardare negli occhi chi è dall'altra parte.

 

Un invito aperto a tutti

Romano non si ferma a un generico richiamo morale. Invita chiunque, istituzioni e cittadini comuni, a sottoscrivere il suo appello per la pace. Per aderire basta inviare una mail a lacompagniadelvangelo@yahoo.com, un gesto semplice che può fare la differenza. La convinzione di Romano è chiara: “Ogni piccolo atto di sostegno al dialogo è un passo verso la pace, e ignorare questo appello significa restare complici della violenza e dell'indifferenza”.

 

La scelta obbligata

In un contesto internazionale sempre più polarizzato, Romano chiude il suo appello con una riflessione amara ma inevitabile: “O scegliamo la pace, o ci condanniamo a vivere in un futuro di sangue e distruzione”. Non c’è spazio per esitazioni: il tempo per agire è adesso, e il percorso verso la pace non può più essere rimandato.

Per Romano, la pace non è solo un desiderio o un’aspirazione, ma una scelta obbligata. “Israele deve ricordare il suo passato per costruire un futuro diverso”, conclude il giornalista, “perché la vera forza non sta nel brandire le armi, ma nel trovare il coraggio di deporle e dialogare”.

 

sabato 7 settembre 2024

“Popolo d'Israele, la tua storia ti chiama alla pace. Un appello” di Davide Romano



Popolo d'Israele, figlio di una storia plurimillenaria di sofferenza, esilio e speranza, oggi ti trovi in un crocevia che mette alla prova la tua anima e il tuo futuro. La guerra con i palestinesi, il sangue che scorre nelle strade di Gaza e della Cisgiordania, non può essere la tua eredità. Il Talmud dice: “Chi salva una vita, salva il mondo intero”. Quante vite si stanno spegnendo ora, mentre le cicatrici della tua stessa storia ci ricordano il dolore dell'ingiustizia e dell'oppressione?

 

In questi giorni bui, risuonano le parole di Elie Wiesel, sopravvissuto alla Shoah, che ci ammoniva: “Il contrario dell'amore non è l'odio, è l'indifferenza”. Noi non possiamo essere indifferenti alla sofferenza, alle lacrime delle madri, alle grida dei figli. Non possiamo distogliere lo sguardo pensando che la guerra e la violenza possano in qualche modo essere una soluzione, quando in realtà non fanno altro che perpetuare cicli di vendetta e disperazione.

 

Popolo d'Israele, sei nato dal fuoco della persecuzione, dall’orrore di un genocidio. Gli ebrei della diaspora hanno cercato per secoli un rifugio, un luogo di pace. Ma come può la pace germogliare dal sangue versato su una terra condivisa? Martin Buber, uno dei tuoi più grandi filosofi, ci ha insegnato che il rapporto con l’altro deve essere di dialogo, non di scontro: “Il vero dialogo implica il riconoscimento reciproco, e questo è l'inizio della pace”.

 

Oggi, il mondo ti osserva. Non con l’odio, ma con una speranza che riposa sulle tue spalle. Ricorda le parole di Abraham Joshua Heschel, il rabbino che marciò con Martin Luther King: “Poiché la libertà è il dono più grande che Dio ha dato all'umanità, non possiamo mai giustificare l'oppressione o la sofferenza imposta agli altri”. Popolo d'Israele, sei stato schiavo in Egitto, hai conosciuto la sofferenza dell’esilio e dell’oppressione. Non permettere che il tuo dolore diventi la ragione per infliggerne altro.

 

Non possiamo ignorare la paura e il dolore che hai vissuto, le sirene che risuonano, la minaccia costante di razzi e attentati. Ma è proprio da questo dolore condiviso, da questa comune umanità ferita, che può sorgere un nuovo patto di convivenza. Shimon Peres, uno dei padri fondatori di Israele, disse: “Non ci sono vincitori in una guerra. O perdiamo tutti o vinciamo insieme”. Il vero trionfo non sarà militare, ma la capacità di costruire un futuro di coesistenza.

 

La Bibbia, cuore pulsante della tua storia, grida per la giustizia. Isaia, il profeta della pace, proclamava: “Forgeranno le loro spade in vomeri, e le loro lance in falci; nessuna nazione alzerà la spada contro un'altra nazione, e non impareranno più la guerra”. Questo è il tuo destino, non la guerra, non la distruzione, ma la costruzione di un futuro di pace.

 

Il dialogo deve nascere tra la gente comune, tra te e i palestinesi che vivono fianco a fianco, nonostante tutto. Amos Oz, scrittore e voce della tua coscienza, affermava: “La pace non è il matrimonio di due amanti; è piuttosto un compromesso tra due nemici”. Questo è il coraggio richiesto: non di impugnare le armi, ma di abbassarle, guardando negli occhi chi ti sembra nemico e cercando un terreno comune.

 

Popolo d'Israele, sei una nazione costruita sulla speranza, sulla promessa di un futuro diverso. Non lasciare che questa promessa venga spezzata dalla violenza. Ricorda le parole del tuo stesso Talmud: “Non devi completare il lavoro, ma non sei libero di abbandonarlo”. La pace è un cammino lungo, difficile, ma necessario. Se non ora, quando?

 

La tua storia ti chiama a essere un modello per l'umanità, a dimostrare che anche nelle terre più contese, nelle situazioni più disperate, la pace è possibile. Io ti supplico: non dimenticare chi sei, non dimenticare da dove vieni. E soprattutto, non dimenticare dove sei diretto.


“Italia un Paese di scrittori (che non leggono)” di Davide Romano

L'Italia, si dice spesso, è il Paese dei santi, poeti e navigatori. Ma oggi, forse, sarebbe più corretto aggiornarlo così: il Paese de...