Visualizzazione post con etichetta gesù. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta gesù. Mostra tutti i post

giovedì 31 agosto 2023

I Poveri, il cuore del Vangelo

“Egli, alzati gli occhi verso i suoi discepoli, diceva: ‘Beati voi che siete poveri, perché il regno di Dio è vostro. Beati voi che ora avete fame, perché sarete saziati’”.  (Luca 6,20-21)

Nel cuore stesso del Vangelo risplende una verità innegabile: i poveri occupano una posizione centrale. È impossibile penetrare il significato del Vangelo senza considerare la condizione dei poveri. Essi divengono parte integrante della stessa natura di Gesù che, nonostante la sua divina ricchezza, ha volontariamente scelto di umiliarsi, di condividere la povertà umana, e persino di assumere il peso del peccato, la forma più cruda di povertà. In questa scelta, i poveri si fondono con la stessa personalità di Cristo. Paradossalmente, è proprio la loro povertà che ci assicura un patrimonio eterno, e già in questo momento ci permette di arricchirci attraverso l'amore. Questo perché la più grande povertà che dobbiamo combattere è la mancanza di amore.

Al termine del nostro pellegrinaggio terreno, la verità profonda della vita sarà rivelata con chiarezza: le finzioni del mondo, che attribuiscono senso all'esistenza mediante il successo, il potere e la ricchezza, si dissolveranno. Invece, l'amore che avremo donato e condiviso emergerà come l'unico vero tesoro. Le cose materiali svaniranno nell'oblio, ma l'amore resterà, risplendendo come un faro luminoso nella notte. Se vogliamo evitare di vivere una povertà spirituale, dobbiamo chiedere la grazia di riconoscere la presenza di Gesù nei volti dei poveri e di servirlo attraverso il nostro impegno verso di loro. Perché servire i poveri, diceva Giacomo Cusmano, è servire Gesù.

Noi siamo portatori di un tesoro di inestimabile valore, una ricchezza che non dipende dal numero di beni materiali accumulati, ma dalla nostra essenza. Questa ricchezza trae origine dalla vita che ci è stata donata, dalla virtù che risiede in noi e dalla bellezza indelebile con cui Dio ci ha dotati, essendo noi riflessi della sua immagine. Ciascuno di noi è un gioiello prezioso agli occhi di Dio, unico e irripetibile nella storia dell'umanità. Dio ci contempla con occhi di amore e ascolta i battiti dei nostri cuori con tenerezza. Spesso, però, ci lasciamo sopraffare dal senso di mancanza, concentrandoci su ciò che ci manca anziché rallegrarci per ciò che possediamo. Cadendo nella tentazione del "magari", finiamo per ignorare i doni e i talenti che ci sono stati affidati. Mentre c'è qualcosa che desidereremmo avere, c'è anche tanto che abbiamo già.

Dio ci ha arricchito con questi doni in base alla sua conoscenza profonda di ciascuno di noi e alla fiducia nella nostra capacità di farli fruttare, nonostante le nostre fragilità. Anche il servo timoroso, che ha nascosto il proprio talento per paura, riceve la fiducia di Dio. Dio si augura che, nonostante le sue paure, anche questo servo utilizzi bene ciò che gli è stato dato. In sintesi, il Signore ci esorta ad impegnarci attivamente nel tempo presente, abbandonando le nostalgie per il passato e ponendoci nell'attesa operosa del suo ritorno.

La nostalgia, tuttavia, può tramutarsi in un'oscura nuvola che avvolge l'anima. Questo senso di malinconia, come un'ombra giallastra o un'oscurità soffocante, ci fa rivolgere costantemente lo sguardo al passato o agli altri, impedendoci di concentrarci sulle nostre potenzialità e sulle opportunità di lavoro che Dio ci ha concesso. Nel Vangelo, i servi lodevoli sono coloro che osano sfidare la zona di comfort. Essi non sono prudenti e cauti, non si preoccupano di conservare gelosamente ciò che hanno ricevuto, ma hanno il coraggio di metterlo in gioco. Infatti, il bene che non viene investito si perde; così, la grandezza della vita non dipende da quanto si accumula, ma da quanto si condivide e si fa fruttare. In un mondo in cui molti sono preoccupati solo di accumulare, pensando a sé stessi più che agli altri, la vita diventa vuota e priva di significato. Una vita vera è quella che si nutre di doni, quella che vive per essere dono agli altri.

La fedeltà a Dio non si limita soltanto a rispettare regole e comandamenti, che spesso hanno poco a che fare con la volontà del Signore, ma implica anche il coraggio di spendere la propria vita in un servizio incrollabile. Anche se abbiamo piani ben delineati, quando il richiamo al servizio si fa presente, è importante lasciarli da parte e rispondere con generosità. Purtroppo, esistono cristiani che giocano in difensiva, aderendo rigorosamente alle regole per evitare rischi.

La vera fedeltà a Gesù, invece, richiede audacia e il coraggio di amare, superando la passività che potrebbe facilmente trasformarsi in complicità. In un mondo segnato dall'incertezza e dalla fragilità, dobbiamo evitare di sprecare la nostra preziosa vita concentrando l'attenzione egoisticamente su noi stessi, rinunciando all'indifferenza. Oggi dobbiamo rispondere con un coraggio intraprendente e un amore attivo, affrontando le sfide con rinnovata speranza e compassione verso gli altri.

Scriveva il teologo tedesco Dietrich Bonhoeffer: “Di tutto questo alla fine rimarrà soltanto una cosa, cioè l'amore che abbiamo avuto nei nostri pensieri, nelle nostre preoccupazioni, nei nostri desideri e speranze. Tutto il resto cessa, passa, tutto ciò che non abbiamo pensato e desiderato per amore, tutti i pensieri, tutta la conoscenza, tutti i discorsi senza amore finiscono: soltanto l'amore rimane in eterno”.

 (Davide Romano)

martedì 18 luglio 2023

“La fede che Gesù vorrebbe, o che non vorrebbe, trovare. Un commento a Lc 18, 1-8” di Davide Romano

 


Luca 18, 1-8

La vedova e il giudice

1 Propose loro ancora questa parabola per mostrare che dovevano pregare sempre e non stancarsi: 2 «In una certa città vi era un giudice, che non temeva Dio e non aveva rispetto per nessuno; 3 e in quella città vi era una vedova, la quale andava da lui e diceva: "Rendimi giustizia sul mio avversario". 4 Egli per qualche tempo non volle farlo; ma poi disse fra sé: "Benché io non tema Dio e non abbia rispetto per nessuno, 5 pure, poiché questa vedova continua a importunarmi, le renderò giustizia, perché, venendo a insistere, non finisca per rompermi la testa"». 6 Il Signore disse: «Ascoltate quel che dice il giudice ingiusto. 7 Dio non renderà dunque giustizia ai suoi eletti che giorno e notte gridano a lui? Tarderà nei loro confronti? 8 Io vi dico che renderà giustizia con prontezza. Ma quando il Figlio dell'uomo verrà, troverà la fede sulla terra?»

 

Fateci caso. Questa è l’unica parabola di Gesù che termina con una domanda, piuttosto inquietante, rivolta a tutti noi, quasi un lascito e una sfida. Una domanda che riecheggia nelle nostre orecchie da più di duemila anni e che è preceduta da una raccomandazione: quella della preghiera. Ricordiamoci che Gesù ha già insegnato ai suoi discepoli il Padre Nostro quando gli hanno chiesto di insegnargli a pregare (Lc 11, 1-4) e che ha già parlato loro della necessità di insistere nella preghiera (Lc 11, 5-13) per ricevere lo Spirito Santo, la cosa più necessaria ai credenti.

In questa parabola Gesù ci racconta di una vedova (quella delle vedove è la categoria indifesa e oppressa per eccellenza nella Bibbia, insieme a quella dell’orfano e del povero) e di un giudice che non teme Dio e che non ha rispetto per nessuno. La vedova però, grazie alla sua insistenza, riesce ad avere giustizia. La conclusione di Gesù è lapidaria: “Ascoltate quel che dice il giudice ingiusto. Dio non renderà dunque giustizia ai suoi eletti che giorno e notte gridano a lui? Tarderà nei loro confronti? Io vi dico che renderà loro giustizia con prontezza” (Lc 18, 6-8). Il giudizio, quindi, avverrà in fretta e la Chiesa non dovrà aspettare molto anche se i tempi del Signore non sono i nostri tempi.

“Perché mille anni sono ai tuoi occhi come il giorno di ieri che è passato, come un turno di veglia della notte” (Salmo 90, 4).

Gli fa quasi eco Lutero: Dio esaudirà le nostre preghiere, ne siamo certi, ma non sappiamo quando e in che modo.

E questo giorno, il giorno del suo ritorno e del giudizio, va aspettato in perseverante preghiera. Una preghiera nutrita dal desiderio del Signore. “Se continuo è il tuo desiderio, continua e la tua preghiera” dice Agostino commentando il salmo 37.

L’invito alla preghiera continua e insistente, del resto, ci è più volte ripetuto anche dall’apostolo Paolo: “Non cessate mai di pregare” (1 Tessalonicesi 5, 17) o Romani 12, 12 (“Siate allegri nella speranza, pazienti nella tribolazione, perseveranti nella preghiera”) o Colossesi 4, 2 (“Perseverate nella preghiera”). Solo per fare alcuni esempi.

Pregare per vivere continuamente in amoroso dialogo con il nostro Signore, compiendo tutto alla sua costante presenza, cercandolo in ogni cosa, ascoltando la sua voce e aprendo quindi le orecchie e il cuore alla Sua Parola. “Parla, Signore, poiché il tuo servo ascolta” (1 Sam 3, 9).

Pregare per perseverare nell’attesa senza lasciarsi vincere da un mondo in cui ormai vige la convinzione che ogni cosa è nelle nostre mani, che l’uomo è artefice di se stesso e che non vi è più posto per Dio nel mondo nuovo che ci siamo costruiti. Un mondo perfetto governato da algoritmi.

Ma torniamo alla domanda iniziale. Sappiamo che la seconda venuta del Signore sarà preceduta da un tempo di persecuzione, apostasia e incredulità. (Mt 24, 9-13; 24).

E, se facciamo bene attenzione, il Signore non ci chiede se al suo ritorno troverà l’amore, anche se sappiamo che “l’amore di molti si raffredderà” (Mt 24, 12) e che un amore freddo è un amore ormai morto. Ma il Signore ci chiede se troverà la fede, la cosa che gli sta più a cuore, la radice della vita, la sorgente di ogni autentico amore, quasi la madre di ogni cosa. Quante volte ha detto “La tua fede ti ha salvato”?

“Se non avrete fede, certo non potrete sussistere”, aveva detto Isaia (7, 9).

Sappiamo anche però che Gesù è già venuto una volta. E che tipo di fede ha trovato allora? Fra i suoi contemporanei? Nel suo popolo? Ha trovato la fede di Caiafa, che è fede nella Legge, una Legge che lo ha condannato a morte. Ma ha trovato anche la fede di Roma che credeva nella sua missione civilizzatrice portata avanti a colpi di spada per le strade del mondo allora conosciuto e fino ai suoi estremi confini. Una fede che Gesù contesta, come prima aveva contestato anche quella di Caiafa. Cosa dice Gesù a Pilato? “Tu non avresti potestà alcuna contro di me se ciò non ti fosse dato dall’alto” (Gv 19, 10-11)..

La fede che cercava Gesù non l’ha trovata neppure fra i suoi. Ricordate l’episodio di Nazareth? “E si meravigliava della loro incredulità” (Mc 6, 6).

Non l’ha trovata né in Galilea, né in Giudea e soprattutto a Gerusalemme, la città santa, sulla cui sorte piangerà. Ma non l’ha trovata neppure fra i suoi stessi discepoli. “Gente di poca fede” (Mt 6, 30; 8, 26; 16, 8).

Ma l’ha trovata in un pagano, un centurione di Capernaum. “Io vi dico, in verità, che in nessuno, in Israele, ho trovato una fede così grande” (Mt 8, 10).

E oggi che fede troverebbe il Signore?  Troverebbe di sicuro molte credenze, anche le più fantasiose, ma troverebbe anche numerose fedi, che magari si richiamano al suo insegnamento o che lo venerano come profeta ma che nel contempo incendiano e devastano il mondo. Di sicuro troverà altre Roma che usano la religione, la piegano ai propri fini. Nazioni benedette dal Signore e i cui leader giurano sulla Bibbia per poi mandare i propri concittadini a morire per guerre insensate in terra straniera. Di quante insanguinate bandiere fiorisce ormai la terra!

O magari troverebbe credenti, seppure formalmente cristiani, che non lo attendono più. Chiese senza annuncio della grazia. Chiese che non hanno più bisogno di Dio, che ne posso fare benissimo a meno. Anzi, che ne hanno fatto già a meno. Chiese che godono del favore del mondo e che si sono trasformate in ong. Che non usano più le parole dure del Vangelo ma il linguaggio politicamente corretto dei piazzisti.

Guai a voi quando tutti gli uomini diranno bene di voi, perché i padri loro facevano lo stesso con i falsi profeti” (Lc 6, 26).

“Il pericolo principale del XX secolo sarà la religione senza Spirito Santo, il  cristianesimo senza Cristo, il perdono senza ravvedimento, la salvezza senza rigenerazione, la politica senza Dio e il paradiso senza inferno” ha scritto William Booth, il fondatore dell’Esercito della Salvezza.

Il pericolo, lo sappiamo bene, è anche del XXI secolo. Lo vediamo tutti i giorni.

Diceva Lutero che credere è essere assolutamente decentrati in Cristo per la fede e nel prossimo per amore. Una fede obbediente a Dio e al servizio di ogni uomo.

Ecco forse è proprio questa la fede che Gesù vorrebbe trovare oggi sulla terra. Una fede che si faccia concreta ospitalità per Dio. “Ecco io sto alla porta e picchio: se uno ode la mia voce e apre la porta, io entrerò da lui e cenerò con lui ed egli con me” (Apocalisse 3, 20)

Ancora oggi Dio cerca una dimora sulla terra. La cerca anche adesso e quella dimora possiamo essere noi: “Se uno mi ama, osserverà la mia parola; e il Padre mio l’amerà, e noi verremo a lui e faremo dimora presso di lui” leggiamo in Giovanni 14, 23.

Perciò credere, avere fede, affidare la propria vita completamente a Dio può essere semplicemente questo: aprire la porta della nostra esistenza a Dio in totale ubbidienza alla Sua Parola e lasciarlo entrare per dimorare in noi. Prepariamo, pertanto, la nostra casa in desiderante e orante attesa del nostro Signore. Finché egli venga. In modo da potergli dire con tutta la nostra esistenza ogni giorno, ogni istante: “Vieni, Signore Gesù” (Ap 22, 20).

Vieni, Signore Gesù, vieni nelle terre desolate delle nostre vite. Vieni ad abitare in noi e perdonaci per i troppi compromessi che abbiamo accettato, perdonaci se ci siamo accomodati in questo mondo come se fossimo di questo mondo. Oggi tu bussi di nuovo alla nostra porta. Oggi tu ci dici, come a Zaccheo, “debbo fermarmi a casa tua” (Mt 19, 5). Che la salvezza oggi entri anche nella nostra casa, nella nostra vita!

Amen!

“Accogliere senza giudicare. La forza della compassione e dell'empatia” di Davide Romano, giornalista

Nell'ampio spettro della convivenza umana, la diversità brilla come una gemma dai molteplici colori. Ogni individuo è unico nel suo insi...