giovedì 11 aprile 2024

“L’arte di ricominciare” di Davide Romano, giornalista

 


Scrive il noto biblista don Fabio Rosini: “La vita è una serie infinita di inizi. Talvolta ripartire può diventare difficile. Addirittura si può arrivare a pensare, dopo un fallimento o una dura prova, che ricominciare sia impossibile”. Ma è esattamente il contrario.

L'arte di ricominciare è un concetto che si riferisce alla capacità umana di affrontare e superare le sfide, le difficoltà e i fallimenti nella vita. Si tratta di un processo di rinascita, di rinnovamento e di crescita personale che coinvolge il superamento degli ostacoli e la trasformazione delle esperienze negative in opportunità di apprendimento e di miglioramento.

Ricominciare implica un atto di coraggio e di resilienza. Significa guardare avanti nonostante le delusioni del passato e avere fiducia nelle proprie capacità di affrontare nuove sfide. In questo senso, ricominciare è un'arte perché richiede creatività, determinazione e pazienza.

Uno degli aspetti cruciali dell'arte di ricominciare è la capacità di imparare dagli errori e dalle difficoltà incontrate lungo il percorso. Le esperienze negative possono fornire importanti lezioni di vita e diventare un trampolino di lancio per un nuovo inizio. Invece di lasciarsi abbattere dalle sconfitte, coloro che padroneggiano quest'arte sono in grado di trasformare le avversità in opportunità di crescita e di sviluppo personale.

Inoltre, ricominciare può coinvolgere anche un cambiamento di prospettiva e di atteggiamento nei confronti della vita. Può significare abbracciare la flessibilità, adattarsi ai cambiamenti e aprirsi a nuove possibilità. Spesso, le persone che riescono a ricominciare con successo sono quelle che mantengono una mente aperta e una visione ottimistica del futuro, nonostante le avversità incontrate.

Infine, l'arte di ricominciare può essere un processo continuo e in evoluzione. La vita è piena di alti e bassi, e ogni nuovo inizio può portare con sé nuove sfide e opportunità. Tuttavia, ciò che conta è la capacità di adattarsi, di crescere e di trasformarsi nel corso del tempo, continuando a guardare avanti con speranza e determinazione.

In sintesi, l'arte di ricominciare è un'abilità preziosa che può aiutarci a superare le difficoltà e a vivere una vita piena e significativa. Richiede resilienza, impegno e una mente aperta, ma può portare a una rinascita personale e a un nuovo inizio pieno di speranza e possibilità.

mercoledì 10 aprile 2024

Le lezioni ignorate del genocidio in Ruanda

 


di Francesca Sibani, giornalista di Internazionale

 

Dal 7 aprile i ruandesi ricorderanno il genocidio di trent’anni fa con una settimana di eventi commemorativi, a partire dalla visita del presidente Paul Kagame al memoriale del genocidio di Kigali, costruito sulle fosse comuni in cui furono seppellite 250mila vittime dei massacri. Seguirà una settimana di lutto nazionale, con le bandiere a mezz’asta, processioni, trasmissioni tv dedicate essenzialmente a film sul genocidio, racconta il sito Okayafrica.

Si stima che nel genocidio dei tutsi e degli hutu moderati, durato circa cento giorni, siano state uccise tra le 800mila e il milione di persone. Ancora oggi si continuano a trovare fosse comuni che erano state ben nascoste, come quella rinvenuta lo scorso ottobre nel distretto di Huye, con dentro 119 corpi.

Mai come quest’anno il passato sembra tutt’altro che sepolto, non solo per i ruandesi, ma anche per il resto del mondo. La parola “genocidio” (cos’è, come si annuncia, come prevenirlo) è tornata al centro del dibattito pubblico. Da Gaza al Sudan, infatti, il numero delle uccisioni di massa registrate è il più alto degli ultimi vent’anni, scrive l’Economist.

Molti tornano a guardare indietro, ad analizzare ancora una volta gli errori commessi per capire perché non si siano imparate le lezioni del passato. In un articolo intitolato “Perché l’occidente si rifiutò di fermare il genocidio ruandese”, Roméo Dallaire, che nel 1994 era il comandante della missione dei caschi blu Unamir in Ruanda, torna sulle accuse che dalla prima ora aveva rivolto alle Nazioni Unite e alle potenze mondiali. Sul magazine canadese The Walrus scrive che “per la maggior parte degli osservatori esterni, l’Africa era teatro di crisi sociali ed economiche generalizzate, accentuate da carestie, guerre civili e atrocità di massa. I paesi occidentali consideravano l’Africa un continente da compatire, non una fonte di potenziale; di certo non era una priorità”. Difficile sostenere che oggi l’Africa sia vista in modo molto diverso.

Dallaire bacchetta anche l’incapacità dell’Onu di intervenire. Solo dopo sei settimane e cinquecentomila morti, il consiglio di sicurezza approvò l’invio di cinquemila caschi blu di rinforzo per fermare quello che si era deciso a considerare un genocidio. Ma le prime truppe misero piede in Ruanda solo ad agosto, dopo la fine dei massacri.

Inoltre, anche allora la comunità internazionale dimostrò di applicare due pesi e due misure a seconda del colore della pelle delle vittime, sostiene Dallaire, secondo il quale ci si mobilitò con più decisione per l’ex Jugoslavia che per il Ruanda, dove “furono stuprate, uccise e sfollate più persone in tre mesi che in quattro anni di guerra in Bosnia”.

“Un genocidio dovrebbe essere importante. Dovremmo preoccuparci. Ma nessuna nazione volle investire le risorse per fermare il bagno di sangue. A quanto pare, alcuni esseri umani non sono degni delle protezioni offerte dalle convenzioni sui diritti umani elaborate dai paesi ricchi, che invece dovrebbero essere applicate universalmente”, conclude Dallaire.

La parola “genocidio” appare molte volte anche nelle lettere, negli appelli e negli articoli scritti in quegli anni dalla ricercatrice e attivista statunitense Alison De Forges, che era la referente dell’ong Human rights watch in Africa. De Forges era in contatto costante con persone sul campo in Ruanda e cercò di far capire al resto del mondo che si stava preparando un disastro.

Di recente l’organizzazione in difesa dei diritti umani ha pubblicato un archivio di materiali sul genocidio in Ruanda, molti dei quali raccolti e prodotti dalla ricercatrice. Hrw insiste sul tema della responsabilità e della giustizia: “Il trentesimo anniversario del genocidio ruandese è il momento opportuno per fare il punto sui progressi compiuti, a livello sia nazionale sia internazionale, nel chiamare a rispondere le persone sospettate di aver pianificato, ordinato ed eseguito le atrocità. È urgente accelerare questi sforzi visto che alcune delle menti dietro il genocidio non ci sono più e uno – Félicien Kabuga, finanziatore della famigerata radio Mille Collines – è stato dichiarato non idoneo a sostenere un processo”.

C’è infine un altro motivo per cui non possiamo considerare storia passata il genocidio del Ruanda: quell’evento ha innescato un conflitto enorme che continua ancora oggi nell’est della Repubblica Democratica del Congo. Secondo il ricercatore Christoph Vogel, questa crisi “sta entrando nel quarto e forse più pericoloso decennio, con il forte rischio di un’escalation regionale.

Il conflitto, che attualmente coinvolge un centinaio di gruppi armati diversi, ha causato milioni di morti e sfollati nel corso degli anni. Dal 2021 è entrato in una nuova fase, segnata dal ritorno dei ribelli del Movimento 23 marzo (M23, che secondo il governo congolese e alcuni rapporti dell’Onu sono sostenuti da Kigali). Compagnie di sicurezza private e stati confinanti si sono uniti alla mischia e la vasta gamma di combattenti si è divisa su due fronti ben definiti: uno allineato con Kinshasa, l’altro con l’M23. La situazione deteriora di giorno in giorno e le prospettive di pace sono più lontane che mai”.

Questo testo è tratto della newsletter Africana.

martedì 9 aprile 2024

In libreria: Ernesto Buonaiuti, “Apologia del cattolicesimo”, a cura di Davide Romano, prefazione di Francesco Armetta, Edizioni La Zisa

 


L’Apologia del cattolicesimo venne pubblicata per la prima volta a Roma nel 1923 all’interno della collana Apologie, creata e diretta da Angelo Fortunato Formiggini. L’Apologia e il saggio di apologetica religiosa intitolato Verso la luce, guadagnarono al Buonaiuti la scomunica papale e la messa all’indice di tutte le sue opere. Le argomentazioni, così come affrontate dal Buonaiuti nell’Apologia, non si basavano più sui precetti della filosofia scolastica ma erano impregnate di un misticismo che diede vita ad una sorta di antitetico individualismo dell’anima. È lo stesso Buonaiuti a chiarire sin dall’inizio la sua tesi apologetica: «il movimento religioso, scaturito dalla predicazione del Vangelo, rappresenta la perfezione soprannaturale nello sviluppo della religiosità umana, e che del cristianesimo, sigillato e consacrato dalla luce incontaminata di un divino afflato rivelatore, il cattolicismo costituisce in una completa identità sostanziale la logica realizzazione nella storia».

 

Ernesto Buonaiuti (1881-1946), illustre esponente della corrente modernista italiana, presbitero e accademico, nei suoi studi indagò ogni aspetto e ogni figura appartenente alla storia cristiana. Oltre all’Apologia possiamo ricordare, tra i suoi scritti più significativi, Lutero e la Riforma religiosa in GermaniaGioacchino da FioreStoria del cristianesimo e l’autobiografia dal titolo Pellegrino di Roma.

lunedì 8 aprile 2024

“Vivere filosoficamente” di Davide Romano, giornalista




Vivere filosoficamente significa adottare un approccio esistenziale alla vita basato sulla riflessione critica, la ricerca di significato e la pratica di virtù etiche. Piuttosto che limitarsi a esistere passivamente, vivere filosoficamente implica un impegno attivo nel comprendere se stessi, il mondo circostante e il significato dell'esistenza umana.

Chi vive filosoficamente tende a porre domande profonde su temi quali la natura della realtà, la conoscenza, l'etica, il senso della vita e il bene comune. Questa ricerca di conoscenza e saggezza non è solo un'esercitazione intellettuale, ma un percorso che guida le azioni quotidiane e le scelte morali.

Vivere filosoficamente richiede un costante esame di sé e del mondo, un'apertura alla diversità di pensiero e un impegno verso la coerenza tra le proprie convinzioni e il proprio comportamento. Implica anche un'attenzione particolare all'etica e alla giustizia sociale, poiché la filosofia non riguarda solo la ricerca della verità, ma anche il perseguimento del bene e della virtù.

Questo modo di vivere può manifestarsi in diverse forme, a seconda delle tradizioni filosofiche e delle convinzioni personali. Alcuni potrebbero trovare ispirazione nel pensiero di filosofi come Socrate, Epitteto o Kant, mentre altri potrebbero seguire tradizioni spirituali o etiche che incoraggiano una vita contemplativa e riflessiva.

In definitiva, vivere filosoficamente significa adottare un approccio consapevole e critico alla vita, cercando di vivere in armonia con i propri valori, di perseguire la saggezza e di contribuire al bene comune. È un impegno continuo verso la crescita personale e il miglioramento del mondo che ci circonda, attraverso la riflessione, l'azione e la compassione.


venerdì 5 aprile 2024

“La scrittura come esercizio spirituale: il potere trascendente della parola” di Davide Romano, giornalista

 



La pratica della scrittura va ben oltre la composizione di semplici parole su carta. Per molti, è un'esperienza profondamente personale e talvolta spirituale che può portare a una maggiore consapevolezza di sé e al benessere mentale. La scrittura come esercizio spirituale è un'antica pratica che trova radici in molte tradizioni culturali e religiose, e continua a essere una fonte di ispirazione e riflessione per molti individui oggi.

 

Espressione del sé

Scrivere può essere un modo potente per esprimere ciò che altrimenti potrebbe rimanere inespresso. Attraverso le parole, siamo in grado di dare forma ai nostri pensieri, sentimenti e esperienze più profonde. La scrittura ci offre uno spazio sicuro per esplorare i nostri desideri, le nostre paure e le nostre speranze in modo intimo e privato. Questo processo di espressione del sé può portare a una maggiore comprensione di chi siamo e di ciò che ci muove nel mondo.

 

Riflessione e consapevolezza

Scrivere può anche fungere da strumento per la riflessione e la contemplazione. Attraverso la scrittura riflessiva, siamo in grado di esplorare i nostri pensieri e le nostre emozioni in modo più approfondito. Questo può aiutarci a sviluppare una maggiore consapevolezza di noi stessi e del mondo che ci circonda. La pratica regolare della scrittura riflessiva può portare a una maggiore chiarezza mentale e a una migliore comprensione delle nostre esperienze di vita.

 

Guarigione e benessere mentale

Per molti, la scrittura può essere anche un mezzo di guarigione e di benessere mentale. Scrivere su esperienze traumatiche o dolorose può essere un modo per elaborare e superare il dolore. La scrittura può anche aiutare a ridurre lo stress e l'ansia, fornendo uno sfogo per le emozioni negative. Molte persone trovano conforto e sollievo nel tenere un diario o nel scrivere poesie o storie che riflettono le loro esperienze di vita.

 

Connessione spirituale

La scrittura può anche essere un mezzo per esplorare la nostra connessione con qualcosa di più grande di noi stessi. Molte tradizioni spirituali insegnano che la scrittura può essere un modo per entrare in contatto con il divino o per esprimere la propria fede e devozione. Scrivere preghiere, meditazioni o riflessioni spirituali può essere un modo per approfondire la nostra pratica spirituale e nutrire la nostra connessione con il sacro.

 

Conclusione

In definitiva, la scrittura come esercizio spirituale può essere un'esperienza trasformativa che porta beneficio al corpo, alla mente e allo spirito. Attraverso la pratica della scrittura, siamo in grado di esprimere noi stessi, di riflettere sulle nostre esperienze e di connetterci con qualcosa di più grande di noi stessi. Che si tratti di tenere un diario personale, di scrivere poesie o di esplorare le proprie credenze spirituali, la scrittura può essere un potente strumento di auto-esplorazione e di crescita personale.

“Accogliere senza giudicare. La forza della compassione e dell'empatia” di Davide Romano, giornalista

Nell'ampio spettro della convivenza umana, la diversità brilla come una gemma dai molteplici colori. Ogni individuo è unico nel suo insi...