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domenica 5 maggio 2024

“Accogliere senza giudicare. La forza della compassione e dell'empatia” di Davide Romano, giornalista

Nell'ampio spettro della convivenza umana, la diversità brilla come una gemma dai molteplici colori. Ogni individuo è unico nel suo insieme di esperienze, valori e prospettive. Accogliere senza giudicare diventa, quindi, una virtù imprescindibile, un atto di gentilezza che illumina il cammino della convivenza armoniosa. Come disse la scrittrice Maya Angelou, “Possiamo essere l'unica nota di conforto in un mondo di caos e confusione. E non c'è niente di più confortante che essere accolti con gentilezza”.

La diversità è la tela su cui dipingiamo il mosaico della nostra società. Ogni individuo, con la sua storia unica, contribuisce ad arricchire il panorama culturale e sociale. Come affermò una volta il filosofo Johann Wolfgang von Goethe, “La diversità nella creazione è il risultato dell'amore infinito di Dio”. Accogliere la diversità significa riconoscere il valore intrinseco di ogni essere umano, indipendentemente da razza, religione, orientamento sessuale o background socio-economico.

Il giudizio, spesso radicato nei preconcetti e negli stereotipi, costituisce una barriera alla vera comprensione e inclusione. “Giudicare una persona non ti definisce; ti definisce come una persona”, affermò una volta la scrittrice e attivista Emma Goldman. Quando ci lasciamo influenzare dai nostri pregiudizi, ci priviamo dell'opportunità di conoscere realmente gli altri e di imparare da loro. Accogliere senza giudicare richiede un atto di volontà consapevole per superare le nostre barriere mentali e aprirci alle esperienze e alle prospettive degli altri.

Le istituzioni sociali, dalle scuole ai luoghi di lavoro, hanno un ruolo fondamentale nell'incoraggiare un ambiente di accettazione e tolleranza. “La vera diversità è poter accettare le persone per chi sono, senza giudicare o etichettare”, sottolineò la psicologa e autrice Ellen J. Langer. Promuovere la diversità e l'inclusione attraverso politiche e pratiche inclusive non solo crea un clima più positivo e produttivo, ma trasmette anche un messaggio importante: tutti sono benvenuti e valorizzati per ciò che sono.

L'empatia, la capacità di comprendere e condividere i sentimenti degli altri, è al cuore dell'accoglienza senza giudicare. “L'empatia è vedere con gli occhi degli altri, sentire con il cuore degli altri, e comprendere con la mente degli altri”, disse una volta Alfred Adler, psicologo e psichiatra austriaco. Mettersi nei panni degli altri ci permette di apprezzare le loro esperienze e sfide, e ci aiuta a sviluppare una connessione più profonda e autentica con loro. Praticare l'empatia ci rende più aperti e compassionevoli, e ci avvicina a una visione più inclusiva del mondo.

Accogliere senza giudicare non è solo un atto di gentilezza, ma una necessità morale e sociale. In un mondo spesso diviso da conflitti e divisioni, l'accettazione e il rispetto reciproco sono le fondamenta su cui costruire una società più giusta e solidale. Ogni giorno, possiamo fare la nostra parte per promuovere un ambiente di inclusione e tolleranza, in cui ogni individuo si senta accolto e rispettato per chi è. Come disse una volta il leader spirituale Dalai Lama, “La compassione è la nostra vera natura umana”.



giovedì 2 maggio 2024

Palermo, La Compagnia del Vangelo cerca volontari e cibo per il Boccone del Povero



“Cerchiamo uomini e donne di buona volontà che diano una mano per cucinare e servire i pasti ma anche cibo per la mensa gestita dalle suore Serve dei Poveri del Boccone del Povero di piazza San Marco 8, a Palermo”. È l’appello lanciato dal giornalista Davide Romano, fondatore della Compagnia del Vangelo, un gruppo informale ecumenico di cristiani unito dal solo desiderio di servire il Signore nei suoi poveri.

“In una città che sprofonda ogni giorno di più nella miseria – commenta Romano – sono sempre più numerose le persone che fanno fatica a consumare pasti giornalieri decenti. Se le istituzioni continuano a rimanere indifferenti, non possiamo farlo noi se vogliamo continuare a definirci ancora cristiani”.

“Per questo motivo – continua - invito gli uomini e le donne di buona volontà a venire al convento di San Marco, sito nell’omonima piazzetta, a Palermo, per aiutare le suore Serve dei Poveri che, seguendo l’esempio del loro fondatore, padre Giacomo Cusmano, da anni portano avanti ogni pomeriggio una mensa aperta a tutti poveri della città”.

Per contatti e info: e-mail: bocconedelpoveropa@gmail.com; cell. +39 329 491 9286 (sr. Rosalia)

 


Perduto e ritrovato dall’amore di Dio



Sono nato in una famiglia cattolica come tante. Da bambino ho frequentato l’oratorio dei Salesiani e poi gli scout, il grande amore della mia vita. Dopo il liceo e la lettura di tanti testi religiosi, ho anche studiato teologia. Avevo fame di mondo e di vita. Sono anche diventato giornalista e ho viaggiato molto.

Cercavo di essere un buon cristiano e pensavo di cercare sinceramente il Signore. Ma, in verità, lo cercavo con paura e con rabbia. Forse dentro di me Dio era come mio padre, un uomo di formazione militare. A Dio, come a mio padre, bisognava solo ubbidire e l’obbedienza non era mai perfetta. Ubbidivo a Dio ma non lo amavo. Dentro di me anzi lo detestavo e lo maledicevo.

Mio padre era un uomo violento. E per me Dio era come lui. Per quanto mi sforzassi, non avrei mai meritato il suo amore. Mi sono sentito spesso come un cane randagio, costretto a mendicare carezze e cibo. Fuggivo da Dio così come avevo passato l’infanzia e l’adolescenza a fuggire dall’umore imprevedibile di mio padre. Pensavo di conoscere Dio, in fondo avevo studiato teologia! Ma lo conoscevo “per sentito dire”, come Giobbe (42,5). In verità, ero morto dentro. Formalmente un buon cristiano, vivevo una vita disordinata. Priva di amore, in continua e sorda ribellione.

Ma il Signore mi ha messo nel cuore una grande nostalgia e mi ha dato la forza di volgere i miei passi verso di Lui. Nell’estate del 2018 durante un corso di esercizi spirituali ho meditato la parabola del figliol prodigo. Ho urlato a Dio tutta la mia rabbia. Ma all’improvviso mi sono accorto della bellezza che mi circondava: il cielo terso, la luce dorata del sole, il mare e le colline. E ho sentito forte, avvolgente il suo amore che mi sanava il cuore. Scoppiavo di gioia!  Il Signore mi aveva riportato in vita. Mi aveva fatto sentire di essere figlio sempre amato, che Lui c’era sempre stato e che dovevo solo aprirgli la porta perché Lui entrasse nella mia vita e prendesse tutto il mio dolore e la mia rabbia.

Più di trent’anni fa, mio padre era spirato fra le mie braccia chiedendomi di perdonarlo per il male che mi aveva fatto. Lo avevo assistito, fin sulla soglia della morte, combattuto da sentimenti contrastanti. Non ero stato capace di perdonarlo. Solo oggi, a distanza di tanto tempo, posso di dire di averlo veramente perdonato.

Dal giorno della mia conversione, ho desiderato solo vivere e parlare di questo amore. Spero che la mia storia sia una piccola luce per chi ancora vive nelle tenebre della disperazione.

 

Davide Romano, giornalista

(Credere, n. 17, 28 aprile 2024)

giovedì 11 aprile 2024

“L’arte di ricominciare” di Davide Romano, giornalista

 


Scrive il noto biblista don Fabio Rosini: “La vita è una serie infinita di inizi. Talvolta ripartire può diventare difficile. Addirittura si può arrivare a pensare, dopo un fallimento o una dura prova, che ricominciare sia impossibile”. Ma è esattamente il contrario.

L'arte di ricominciare è un concetto che si riferisce alla capacità umana di affrontare e superare le sfide, le difficoltà e i fallimenti nella vita. Si tratta di un processo di rinascita, di rinnovamento e di crescita personale che coinvolge il superamento degli ostacoli e la trasformazione delle esperienze negative in opportunità di apprendimento e di miglioramento.

Ricominciare implica un atto di coraggio e di resilienza. Significa guardare avanti nonostante le delusioni del passato e avere fiducia nelle proprie capacità di affrontare nuove sfide. In questo senso, ricominciare è un'arte perché richiede creatività, determinazione e pazienza.

Uno degli aspetti cruciali dell'arte di ricominciare è la capacità di imparare dagli errori e dalle difficoltà incontrate lungo il percorso. Le esperienze negative possono fornire importanti lezioni di vita e diventare un trampolino di lancio per un nuovo inizio. Invece di lasciarsi abbattere dalle sconfitte, coloro che padroneggiano quest'arte sono in grado di trasformare le avversità in opportunità di crescita e di sviluppo personale.

Inoltre, ricominciare può coinvolgere anche un cambiamento di prospettiva e di atteggiamento nei confronti della vita. Può significare abbracciare la flessibilità, adattarsi ai cambiamenti e aprirsi a nuove possibilità. Spesso, le persone che riescono a ricominciare con successo sono quelle che mantengono una mente aperta e una visione ottimistica del futuro, nonostante le avversità incontrate.

Infine, l'arte di ricominciare può essere un processo continuo e in evoluzione. La vita è piena di alti e bassi, e ogni nuovo inizio può portare con sé nuove sfide e opportunità. Tuttavia, ciò che conta è la capacità di adattarsi, di crescere e di trasformarsi nel corso del tempo, continuando a guardare avanti con speranza e determinazione.

In sintesi, l'arte di ricominciare è un'abilità preziosa che può aiutarci a superare le difficoltà e a vivere una vita piena e significativa. Richiede resilienza, impegno e una mente aperta, ma può portare a una rinascita personale e a un nuovo inizio pieno di speranza e possibilità.

martedì 9 aprile 2024

In libreria: Ernesto Buonaiuti, “Apologia del cattolicesimo”, a cura di Davide Romano, prefazione di Francesco Armetta, Edizioni La Zisa

 


L’Apologia del cattolicesimo venne pubblicata per la prima volta a Roma nel 1923 all’interno della collana Apologie, creata e diretta da Angelo Fortunato Formiggini. L’Apologia e il saggio di apologetica religiosa intitolato Verso la luce, guadagnarono al Buonaiuti la scomunica papale e la messa all’indice di tutte le sue opere. Le argomentazioni, così come affrontate dal Buonaiuti nell’Apologia, non si basavano più sui precetti della filosofia scolastica ma erano impregnate di un misticismo che diede vita ad una sorta di antitetico individualismo dell’anima. È lo stesso Buonaiuti a chiarire sin dall’inizio la sua tesi apologetica: «il movimento religioso, scaturito dalla predicazione del Vangelo, rappresenta la perfezione soprannaturale nello sviluppo della religiosità umana, e che del cristianesimo, sigillato e consacrato dalla luce incontaminata di un divino afflato rivelatore, il cattolicismo costituisce in una completa identità sostanziale la logica realizzazione nella storia».

 

Ernesto Buonaiuti (1881-1946), illustre esponente della corrente modernista italiana, presbitero e accademico, nei suoi studi indagò ogni aspetto e ogni figura appartenente alla storia cristiana. Oltre all’Apologia possiamo ricordare, tra i suoi scritti più significativi, Lutero e la Riforma religiosa in GermaniaGioacchino da FioreStoria del cristianesimo e l’autobiografia dal titolo Pellegrino di Roma.

venerdì 5 aprile 2024

“La scrittura come esercizio spirituale: il potere trascendente della parola” di Davide Romano, giornalista

 



La pratica della scrittura va ben oltre la composizione di semplici parole su carta. Per molti, è un'esperienza profondamente personale e talvolta spirituale che può portare a una maggiore consapevolezza di sé e al benessere mentale. La scrittura come esercizio spirituale è un'antica pratica che trova radici in molte tradizioni culturali e religiose, e continua a essere una fonte di ispirazione e riflessione per molti individui oggi.

 

Espressione del sé

Scrivere può essere un modo potente per esprimere ciò che altrimenti potrebbe rimanere inespresso. Attraverso le parole, siamo in grado di dare forma ai nostri pensieri, sentimenti e esperienze più profonde. La scrittura ci offre uno spazio sicuro per esplorare i nostri desideri, le nostre paure e le nostre speranze in modo intimo e privato. Questo processo di espressione del sé può portare a una maggiore comprensione di chi siamo e di ciò che ci muove nel mondo.

 

Riflessione e consapevolezza

Scrivere può anche fungere da strumento per la riflessione e la contemplazione. Attraverso la scrittura riflessiva, siamo in grado di esplorare i nostri pensieri e le nostre emozioni in modo più approfondito. Questo può aiutarci a sviluppare una maggiore consapevolezza di noi stessi e del mondo che ci circonda. La pratica regolare della scrittura riflessiva può portare a una maggiore chiarezza mentale e a una migliore comprensione delle nostre esperienze di vita.

 

Guarigione e benessere mentale

Per molti, la scrittura può essere anche un mezzo di guarigione e di benessere mentale. Scrivere su esperienze traumatiche o dolorose può essere un modo per elaborare e superare il dolore. La scrittura può anche aiutare a ridurre lo stress e l'ansia, fornendo uno sfogo per le emozioni negative. Molte persone trovano conforto e sollievo nel tenere un diario o nel scrivere poesie o storie che riflettono le loro esperienze di vita.

 

Connessione spirituale

La scrittura può anche essere un mezzo per esplorare la nostra connessione con qualcosa di più grande di noi stessi. Molte tradizioni spirituali insegnano che la scrittura può essere un modo per entrare in contatto con il divino o per esprimere la propria fede e devozione. Scrivere preghiere, meditazioni o riflessioni spirituali può essere un modo per approfondire la nostra pratica spirituale e nutrire la nostra connessione con il sacro.

 

Conclusione

In definitiva, la scrittura come esercizio spirituale può essere un'esperienza trasformativa che porta beneficio al corpo, alla mente e allo spirito. Attraverso la pratica della scrittura, siamo in grado di esprimere noi stessi, di riflettere sulle nostre esperienze e di connetterci con qualcosa di più grande di noi stessi. Che si tratti di tenere un diario personale, di scrivere poesie o di esplorare le proprie credenze spirituali, la scrittura può essere un potente strumento di auto-esplorazione e di crescita personale.

sabato 30 marzo 2024

Torna in libreria il saggio di Dante Lattes, “Apologia dell'ebraismo”, a cura di Davide Romano, prefazione di Rav Giuseppe Laras, nota di Claudio Vercelli, La Zisa


 

Quest'opera di Dante Lattes, pubblicata per la prima volta dall'editore Formiggini nel 1923, all'interno di una collana di Apologie, continua ad essere un valido strumento per un primo, esaustivo approccio alla religione e alla cultura ebraica, ancora oggi poco o approssimativamente conosciute in Italia, ma alle quali tutti siamo largamente debitori. Se a ragione l'uomo moderno “non può non dirsi cristiano”, non è meno vero che la storia dell'umanità avrebbe preso una strada diversa, e senza dubbio peggiore, senza l'apporto fecondo e determinante del popolo ebraico. Conoscere l'ebraismo è, dunque, necessario per riflettere sulle nostre radici e, nel contempo, valutare se il nostro percorso ha pienamente tenuto conto degli insegnamenti morali e sociali elaborati dalla Chiesa e dalla intellighenzia di Israele. Merito dell’editore La Zisa è di aver riportato in libreria un testo agile e fondamentale per comprendere la religione e la cultura d’Israele.

 

Dante Lattes (1876-1965), uno dei maggiori rappresentanti dell'ebraismo italiano, è stato scrittore, giornalista (“Il corriere israelitico”, “Israel”, “La Rassegna Mensile di Israel”, del quale è stato direttore fino alla morte), traduttore, educatore, rabbino. Oltre al presente volume, si ricordano: “Commento alla Bibbia”, “Il sionismo” e “Nel solco della Bibbia”.

venerdì 29 marzo 2024

Allora sia Pasqua!



“Allora sia Pasqua piena per voi che fabbricate passaggi dove ci sono muri e sbarramenti, per voi apertori di brecce, saltatori di ostacoli, corrieri a ogni costo, atleti della parola pace”. (Erri De Luca)

 

Che sia Pasqua, Pasqua di pace nelle nostre vite, nei nostri giorni ammassati e confusi, nel mondo intero!

 


lunedì 25 marzo 2024

In libreria: Edoardo Marengo, “La pragmatica musicale nella liturgia dopo il Concilio Vaticano II. Cum musica fit sacra”, a cura di Davide Romano, prefazione di Roberto Tagliaferri, Edizioni progetto Accademia


Molto probabilmente, la presenza della musica nella liturgia potrebbe sembrare ai non addetti ai lavori quasi un fatto scontato tanto da non richiedere approfondimenti o momenti di riflessione. Invece, la questione della musica per la liturgia è una di quelle più dibattute di tutti i tempi. Le problematicità sono molteplici e le riflessioni esposte dai vari pensatori che si sono occupati di questo tema non sempre aiutano a mettere ordine, anzi tal-volta possono aumentare le perplessità.

L’autore, nel suo lavoro, passa in rassegna le varie teorie esposte nel corso del tempo da studiosi di grande rilievo cercando in tal modo di aiutare a comprendere come la presenza della musica nella liturgia non sia qualcosa di scontato o, come alcuni pensano, un di più rispetto alla liturgia stessa, ma ne è parte integrante, mezzo attraverso il quale l’assemblea dei fedeli partecipa al rito sacro in modo sacramentale. Cantare e suonare strumenti non è un fatto meccanico, ma è esso stesso incontro con Dio.

Quale musica? Quali difficoltà si incontrano nel quotidiano? Cosa può essere definito sacro e cosa no? Bisogna dare delle linee guida o si rischia in questo modo di cadere in una fissità che non permette di adeguarsi alle esigenze dei partecipanti ai riti sacri? Gli interrogativi sono molteplici. Edoardo Marengo, in modo puntuale e preciso, ci espone passo dopo passo le tesi più importanti riguardo questo complesso argomento, ma anche le questioni pratiche che affrontano coloro che in una diocesi si occupano in prima persona della musica nella liturgia.


EDOARDO MARENGO, nasce ad Alba e, dopo la maturità classica presso il liceo classico “G. Govone” di Alba (Cn), ha conseguito il Baccalaureato in Teologia presso lo STI di Fossano (Cn) e la Licenza in Teologia con specializzazione Liturgico Pastorale presso l’Istituto di Liturgia Pastorale dell’Abbazia benedettina “Santa Giustina” di Padova, incorporato al Pontificio Ateneo Sant’Anselmo di Roma. Ha svolto i suoi studi musicali presso l’Istituto Diocesano di Musica Sacra di Alba, approfondendo successivamente la metodologia dell’educazione musicale e la direzione corale. È docente di religione nella scuola secondaria di secondo grado. È diacono, direttore dell’Ufficio Catechistico della Diocesi di Alba, dove da anni svolge il suo impegno pastorale nel campo musicale e teologico liturgico. È sposato con Serena e papà del piccolo Gioele.

lunedì 11 marzo 2024

Palermo domenica 17 marzo, XXVII Giornata della Famiglia cusmaniana

Programma fitto quello della “Ventisettesima giornata della Famiglia cusmaniana”, fondata dal beato Giacomo Cusmano, che avrà luogo domenica 17 marzo, a partire dalle ore 9,00, presso l’Hotel “San Paolo Palace” di via Messina Marine, a Palermo.

Dopo la preghiera introduttiva delle 9,30, e i saluti dei vari responsabili della Famiglia cusmaniana, alle 10,00 inizierà la tavola rotonda sul beato Francesco Spoto, morto martire in Congo il 27 dicembre 1964, a soli 40 anni, dal titolo “Signore prendi la mia vita ma salva quella dei confratelli”. Interverranno: suor Annamaria Montalbano; padre Helio Meira; padre Emmanuel Mukenge; e Rocco Gumina. Introdurrà e modererà Giuseppe Bellanti.

Dopo la pausa per il pranzo in comune, tutti i convenuti si recheranno presso la tomba del padre Spoto, nella chiesa parrocchiale Cuore Eucaristico di Gesù, sita in Corso Calatafimi 327, a Palermo, per un momento di preghiera seguito dalla visita alla mostra a lui dedicata e ai ricordi.

Infine, concelebrazione eucaristica preseduta dal superiore generale dei Missionari Servi dei Poveri, padre Salvatore Russo.

La Famiglia cusmaniana, nei rami principali, è presente: in Italia, Messico, Repubblica Democratica del Congo, Brasile, Filippine, Romania, Uganda, India e Francia. Ed è formata dai Missionari Servi dei Poveri; le Suore Serve dei Poveri; le Sorelle della Diaconia cusmaniana; l'associazione Giacomo Cusmano; e l’Associazione Ex Allievi Cusmano.

 

 

L’addetto stampa,

Davide Romano

 


giovedì 7 marzo 2024

“È la stampa bellezza!”. Palermo 13 marzo, laboratorio di giornalismo con gli alunni dell’Istituto Marcellino Corradini

 


“È la stampa bellezza!” è il titolo del laboratorio di giornalismo, organizzato da Davide Romano, che coinvolgerà gli alunni dell’Istituto Marcellino Corradini delle suore Collegine della Sacra Famiglia, a Palermo.

“Scopo del laboratorio – spiega il giornalista Davide Romano – è quello di avvicinare i ragazzi, veri e propri nativi digitali, non solo al mondo dei media tradizionali (giornali, radio, tv) e alla loro storia ma anche a quello dei social media in modo critico, creativo e responsabile anche per non essere facile preda delle fake news, che un tempo chiamavamo ‘bufale’, che sempre più imperversano, soprattutto grazie ai nuovi canali di comunicazione”.

“Una parte del corso-laboratorio – continua Romano – sarà anche a ricordare quei giornalisti che sono stati uccisi, soprattutto dalle organizzazioni criminali, per aver fatto il proprio dovere fino in fondo. E chissà che il loro esempio non spinga qualcuno dei ragazzi a scegliere un giorno quello che, nonostante tutto, rimane il mestiere più bello del mondo”.

“E, poi, come si dice – conclude ironico – è pur sempre meglio che lavorare!”.

martedì 5 marzo 2024

“Le buone letture”, Nasce il book club delle letture della tradizione cristiana


Un book club, anche online, di libri della tradizione cristiana. Si chiama “Le buone letture” l’iniziativa del giornalista Davide Romano, fondatore del gruppo di volontariato La Compagnia del Vangelo, nata per condividere e discutere, alla maniera dei club del libro diffusi nel mondo anglosassone, testi spesso poco conosciuti eppure ricchi di spiritualità e di dottrina.

“Scriveva San Bernardo – dichiara Romano - che ‘la lettura spirituale ci prepara alla preghiera e alla pratica delle virtù’. Così le buone letture possono essere un buon ausilio per chi vuole condurre una vita autenticamente cristiana al riparo dal rumore e dalle inutili distrazioni del nostro mondo che non fa altro che riempiere le nostre orecchie, i nostri occhi e la nostra mente di spazzatura”.

“Per fa questo – continua -  ho selezionato alcuni testi classici, ma incredibilmente attuali, da leggere con tutti           quelli che vorranno. Ogni libro sarà introdotto da un video o da un saggio in modo da renderne più profittevole e agevole la lettura”.

Ricco il programma. “A marzo – conclude il giornalista - leggeremo ‘La Lettera a Diogneto’;  ad aprile ‘Il Pastore di Erma’; a maggio le ‘Confessioni’ di Agostino d'Ippona; a giugno l’‘Itinerarium Mentis in Deum’ di Bonaventura da Bagnoregio; a luglio l’‘Elogio della follia’ di Erasmo Da Rotterdam; ad agosto il ‘Libro della mia vita. Autobiografia’ di Teresa d’Avila”.

Per info: lacompagniadelvangelo@yahoo.it

 

venerdì 23 febbraio 2024

In libreria: Davide Romano, “Bagnarsi di sole, nutrirsi d’arte. L’Italia vista dai russi”, Edizioni ExL


Il tema dei rapporti italo-russi è sconfinato e perpetuo. Il presente lavoro cerca di comprendere e rappresentare i momenti nodali dell’incontro tra l’Italia e la Russia. L’Italia fu uno dei primi Stati dell’Europa Occidentale con cui i principi della Moscovia riuscirono a instaurare rapporti culturali stabili e proficui. L’assimilazione della cultura italiana da parte dei russi fu, per certi aspetti, decisiva per gli sviluppi dell’architettura, della scultura, della pittura, della musica e del teatro operistico. Inoltre, l’Italia nel corso dei secoli è divenuta per l’anima russa “il paradiso in terra”. Proprio qui venivano a studiare e a divertirsi i russi più facoltosi e famosi; proprio qui scelsero di curare il corpo e l’anima i russi più disperati; proprio qui alcuni di loro scelsero anche di morire.

Davide Romano, giornalista. Da sempre attivo nel mondo del volontariato e appassionato di studi religiosi, lavora da molti anni nell’ambito della comunicazione politica, culturale, religiosa e sindacale. Ha scritto e scrive per numerose testate ed è stato anche fondatore e direttore responsabile del bimestrale di economia, politica e cultura “Nuovo Mezzogiorno” e del mensile della “Funzione Pubblica Cgil Sicilia Forum 98”.

Ha pubblicato, tra l’altro: "L'amore maldestro", Palermo 2001; “La linea d’orizzonte tra carne e Cielo”, Prefazione di Paolo Scrima, Palermo 2003; “La buriana e altri racconti”, Prefazione di Maurizio Rizza, Palermo 2003; “Nella città opulenta. Microstorie di vita quotidiana”, Prefazione di Diego Novelli, Palermo 2003, 2004;  “L’anima in tasca”, Prefazione di Antonio Riolo, Palermo 2004; “Piccola guida ai monasteri e ai conventi di Sicilia”, Palermo 2004; “Il santo mendicante. Vita di Giuseppe Benedetto Labre”, Palermo 2005; “25 e non li dimostra. Storia della Funzione pubblica Cgil-Sicilia”, Palermo 2005; “Dicono di noi. Il Belpaese nella stampa estera”, Presentazione di Rosalinda Camarda, Prefazione di Pino Apprendi, Palermo 2005;  “La pagliuzza e la trave. Indagine sul cattolicesimo contemporaneo”, Presentazione di Marcelle Padovani, Prefazione di Anna La Rosa, Con un contributo di don Vitaliano della Sala, Palermo 2007; “A mio padre con rabbia” in Aa. Vv., “Specchio poetico. Raccolte in dialogo”, Sant’Arcangelo di Romagna (Rn) 2008; “Bagnarsi di sole, nutrirsi d’arte. L’Italia vista dai russi”, Palermo 2010, 2015; (con Fabio Bonasera) “Inganno padano. La vera storia della Lega Nord”, Prefazione di Furio Colombo, Palermo 2010, 2011;  “Uno spettro s'avanza. Globalizzazione, mafie, diritti e nuova cittadinanza”, Presentazione di Paolo Ferrero, Prefazione di Daniele Gallo, Palermo 2011, 2013.

Ha curato, fra gli altri, i seguenti volumi: Girolamo Li Causi, “Terra di Frontiera. Una stagione politica in Sicilia 1944–1960”, Presentazione di Italo Tripi, Prefazione di Oliviero Diliberto, Palermo 2009; Ines De Benedetti, “Poesia nascosta. Le ricette della cucina tradizionale ebraica italiana”, Palermo 2013, 2015, 2017; Tatiana Kalinina, "Non solo caviale. Le ricette della cucina tradizionale russa”; Lev Tolstoj, “Riflessioni di un vegetariano”, Palermo 2017; Lev Tolstoj, “Vita di Gesù e altri scritti”, Palermo 2017. 

Ha fondato la comunità informale di cristiani “La Compagnia del Vangelo” per il servizio degli ultimi.

sabato 20 gennaio 2024

Giornata della memoria, “Incontrare Anne Frank oggi” è il tema del confronto che il giornalista Davide Romano avrà con gli alunni dell’istituto Marcellino Corradini di Palermo



“Incontrare Anne Frank oggi” è il tema del confronto, organizzato in occasione della Giornata della Memoria, che il giornalista Davide Romano avrà con gli alunni dell’istituto Marcellino Corradini, gestito dalle suore Collegine della Sacra Famiglia, a Palermo.

 

“Una vita breve e preziosa quella di Anne Frank – spiega suor Anna Oliveri, vicaria generale della congregazione e dirigente scolastico dell’istituto – che vogliamo ricordare attualizzandola nel confronto con gli alunni della nostra scuola. Anche quest’anno, infatti, non sfugge alla scuola Marcellino Corradini l’appuntamento con la Shoah. È un evento troppo grande ed importante perché venga dimenticato o sottovalutato. Quest’anno anche la Shoah verrà illuminata dal tema progettuale: ‘La memoria di ciò che siamo libera melodie inaspettate’”.

 

E continua: “Il protagonista di the Giver, Jonas, trova, per certi versi, il suo alter ego femminile, da cui ovviamente differisce per una serie di ragioni. La storia di Anne Frank è realmente accaduta. Ella consegna a chi si avvicina con apertura e con stupore i ricordi di una vita che sogna un futuro migliore, ricco di valori: in primis il rispetto dell’altro e l'accoglienza della diversità. Il suo background è connotato dalla sopraffazione e dalla violenza. Tuttavia tra le mura del nascondiglio di famiglia si dispiega la sua crescita, la sua adolescenza”.

 

“Quest’anno – conclude la religiosa - il giornalista Davide Romano aiuterà i nostri alunni della secondaria di primo grado a cogliere come Anne Frank possa aiutarli a vivere la loro giovinezza trasformando ogni difficoltà in opportunità di crescita. Un grazie speciale a Romano per la sua disponibilità a condividere le sue riflessioni con i nostri ragazzi. È un tassello molto prezioso che si aggiunge alla formazione umana, culturale e spirituale dei nostri alunni”.


venerdì 5 gennaio 2024

“La nobile arte e il sogno di una vita diversa” di Davide Romano

 


Gaetano ha solo otto anni, dei pantaloncini blu sdruciti, una canottierina a coste che un giorno, forse non lontano, fu bianca e indossa un paio di guantoni rossi, troppo grandi, che gli arrivano quasi ai gomiti, ma picchia duro contro il sacco di sabbia.

Sogna di diventare un pugile famoso, uno di quelli che guadagnano «un mare di soldi», che hanno le foto sui giornali e abitano in grandi case colorate con il prato intorno. Così potrebbe aiutare sua madre che fatica tutto il giorno per una paga da fame. Gaetano si allena ogni giorno per un'ora, dopo aver finito i compiti, in una piccola palestra in quartiere popolare, come tanti, in una città del Sud, ma non è il solo. Con lui altri venti ragazzi, fra i dieci e i diciotto anni, ogni pomeriggio s'incontrano per boxare, imparare quella che una volta si chiamava «la nobile arte» e sognare una vita diversa in un quartiere in cui la povertà più che essere una condizione è spesso una malattia ereditaria, che si tramanda di generazione in generazione.

Ad allenarli c'è Salvatore, capelli brizzolati, un po' stempiato, una passione forte per il pugilato e la sua gente, che lo ha spinto a mettere da parte per anni i soldi degli straordinari e a tirar su dal nulla, qualche anno fa, una palestra, nella canonica di una delle infinite chiese abbandonate che affollano il centro storico della sua città, con ring regolamentare, pesi e sacchi di sabbia.

«La boxe è come le donne – dice Salvatore –, o ci s'innamora a prima vista o niente, non ci sono vie di mezzo. Sono entrato per la prima volta in una palestra a tredici anni per accompagnare un amico più grande – racconta – e da allora non ne sono più uscito. A quattordici anni e mezzo ho fatto il primo incontro e non mi ricordo più neanche se l'ho vinto o perso, quanto tempo e passato, – sorride – erano gli anni Settanta del secolo scorso e c'era la fame. Io lavoravo di giorno e la sera mi allenavo, quando dovevo combattere mi davo malato, per questo motivo sono stato anche licenziato due volte. Talvolta – continua – tornavo al lavoro ammaccato e dovevo inventare un sacco di scuse per giustificare i lividi».

Poi son venuti il matrimonio, i figli e la necessità di non rischiare il posto di lavoro. Salvatore è costretto ad appendere i guantoni al chiodo, ma continua ad allenarsi ogni sera, organizzare piccoli tornei e frequentare l'ambiente.

Un giorno un amico, che gestisce una palestra in un piccolo centro della provincia, gli chiede se gli va di dargli una mano ad allenare qualche ragazzo che promette bene, accetta. Comincia quella che lui stesso chiama la «fase due» della sua vita sportiva. «Ho scoperto – dice – che questo modo di vivere la boxe mi piaceva di più. Allenare un adolescente, infatti, e anche in un certo senso educarlo, accompagnarlo in un tratto di strada che è o è stato, in fondo, il più difficile per tutti. E in questo senso – continua –, la boxe e una scuola straordinaria perché t'insegna ad autodisciplinarti, a controllare la tua aggressività, ad imparare a studiare chi hai di fronte per indovinare le sue mosse. Insomma, ti sveglia».

Un pomeriggio, poi, mentre torna a casa dal lavoro, si ferma ad osservare due ragazzini che mimavano a fare i pugili, non si scambiano pugni, stanno immobili l'uno di fronte all'altro e cercano di anticipare, parandosi con le braccia, i colpi del compagno.

«Una tecnica quasi perfetta – ricorda –, quei due erano dei veri boxeurs. Il campione, infatti, non mira a far male all'avversario, ma a dimostrargli con l'agilità dei movimenti la sua superiorità. Ho pensato: peccato che nessuno si accorgerà mai di questi due, magari potrebbero anche sfondare. Non ci ho dormito la notte. La mattina dopo – conclude –, avevo già deciso, cercai un locale e misi su una vera palestra tutta per loro, per levarli dalla strada, per non fargli venire strane tentazioni e per invogliarli e, per favorire le famiglie, non ho mai chiesto un euro. Qualche volta mi chiedono se sono credente, per me credere significa semplicemente questo: insegnare a questi ragazzi quello che possono diventare, persone migliori».

Adesso Salvatore ogni pomeriggio, alle cinque, scende da casa e va ad aprire il locale della vecchia canonica dove s'insegna la «nobile arte», dietro di lui una torma di ragazzini spinge e si precipita dentro a sognare di essere Rocky Balboa che non ha paura di nessuno, neppure dei mafiosi, sconfigge i malvagi e abita in una grande casa colorata con il prato intorno. E chissà che un giorno la favola per qualcuno non si avveri.


venerdì 22 dicembre 2023

“Giuseppe Benedetto Labre, il santo mendicante” di Davide Romano, giornalista

 

"Sii povero e ama la povertà. Ricorda che niente siamo, che niente possediamo, che niente vale la pena tranne Dio." - Giuseppe Benedetto Labre

La storia di Giuseppe Benedetto Labre, santo per la Chiesa cattolica romana, nonostante le sue radici francesi, si intreccia in modo indelebile con il nostro Paerse, dove ha vissuto gran parte della sua vita dedicandosi alla preghiera, all'adorazione eucaristica e a un profondo senso di povertà e di condivisione con i più poveri ed emarginati. Nato il 26 marzo 1748 ad Amettes, un piccolo villaggio nella diocesi di Boulogne-sur-Mer, in Francia, Labre ha incarnato la spiritualità attraverso una vita di rinuncia e servizio.

Labre proveniva da una famiglia di agricoltori, ma fin dalla giovinezza, il suo cuore era orientato verso la vita spirituale. A soli sedici anni, intraprese il cammino della rinuncia alle ricchezze materiali, desiderando dedicare la sua vita a Dio. Tuttavia, i primi tentativi di ingresso in ordini religiosi come i Cappuccini e i Trappisti furono infruttuosi.

Nel 1770, Labre giunse a Roma, la Città Eterna, alla ricerca della sua vocazione spirituale. Qui iniziò il capitolo più significativo della sua vita, caratterizzato da una profonda devozione e povertà. La sua giornata era un perpetuo atto di adorazione, passata pregando nelle chiese e nutrendo una vita ascetica. La sua testimonianza di vita divenne presto una fonte di ispirazione per coloro che lo incontravano.

"Sii come il pane: il pane è per tutti e si dà a tutti. Sii anche tu per tutti." - Giuseppe Benedetto Labre

La vita di Labre era segnata da estrema povertà. Dipendeva interamente dalla carità degli altri, eppure la sua gioia interiore e la sua pace lo rendevano un faro di speranza per i poveri e gli emarginati di Roma. Indossava abiti logori e digiunava quasi ininterrottamente, dimostrando che la vera ricchezza risiede nella consacrazione a Dio.

Labre trascorse gli ultimi anni della sua vita peregrinando tra le chiese di Roma e compiendo pellegrinaggi a luoghi sacri. Nel periodo della Quaresima del 1783, la sua salute peggiorò notevolmente, e il 16 aprile di quell'anno, a trentacinque anni, chiuse gli occhi sulla terra. La sua morte fu accolta con una mistura di tristezza e riconoscenza per la testimonianza di vita offerta.

La fama di santità di Giuseppe Benedetto Labre si diffuse rapidamente. Il suo spirito di sacrificio e la sua dedizione alla povertà ispirarono molte persone. La Chiesa Cattolica lo canonizzò il 8 dicembre 1881, riconoscendo ufficialmente la sua santità.

"Il mio unico desiderio è quello di essere santo." - Giuseppe Benedetto Labre

Oggi, San Giuseppe Benedetto Labre è venerato come il patrono dei senzatetto, dei pellegrini e dei giovani in cerca di direzione nella vita. La sua vita di totale abbandono a Dio continua a ispirare milioni di persone in tutto il mondo, insegnando che la vera ricchezza è nel dono di sé e nell'amore per il prossimo.


sabato 16 dicembre 2023

“John Henry Newman tra fede e ragione” di Davide Romano, giornalista

 


 

John Henry Newman, noto teologo, cardinale e scrittore del XIX secolo, è una figura chiave nella storia della Chiesa cattolica e del pensiero religioso. La sua vita, caratterizzata da una profonda ricerca spirituale e intellettuale, ha influenzato il panorama religioso e filosofico del suo tempo. In questo articolo, esploreremo la vita straordinaria di John Henry Newman, dalle sue origini alla sua canonizzazione nel 2019.

Nato il 21 febbraio 1801 a Londra, Newman proveniva da una famiglia di ascendenza olandese e fu battezzato nella Chiesa anglicana. La sua educazione iniziale fu eccezionale, distinguendosi per la sua intelligenza e il suo talento accademico. Si diplomò a Oxford nel 1821 e divenne un Fellow presso Oriel College.

La carriera accademica di Newman fiorì ad Oxford, dove divenne noto per la sua brillantezza intellettuale e le sue riflessioni teologiche. Nel 1833, fondò il movimento Tractarian, noto anche come Oxford Movement, un gruppo di intellettuali che cercavano di rinnovare la Chiesa anglicana tornando alle sue radici cattoliche. Questo fu il primo passo significativo verso la sua conversione al cattolicesimo.

Dopo anni di intensa ricerca teologica e spirituale, Newman si convertì al cattolicesimo nel 1845. Questa decisione radicale lo portò a rinunciare alla sua posizione a Oxford e a intraprendere una nuova vita come sacerdote cattolico. La sua conversione non fu priva di controversie, ma fu un atto di profonda sincerità nella sua ricerca della verità religiosa.

Dopo la sua conversione, Newman divenne uno dei teologi cattolici più eminenti del suo tempo. Le sue opere, tra cui l'influente "Essay on the Development of Christian Doctrine" e "Apologia Pro Vita Sua," riflettevano la sua dedizione alla fede e la sua abilità di comunicare idee complesse in modo accessibile.

Nel 1879, Papa Leone XIII nominò Newman cardinale, riconoscendo la sua straordinaria contribuzione alla Chiesa e il suo impegno per il dialogo tra fede e ragione. Questo fu un momento significativo nella sua vita, poiché divenne il primo cardinale inglese dai tempi della Riforma.

Il 13 ottobre 2019, Newman è stato canonizzato da Papa Francesco. La sua santità è stata riconosciuta non solo per la sua erudizione teologica, ma anche per la sua vita di preghiera, umiltà e carità.

Oggi, l'eredità di John Henry Newman continua a vivere attraverso le sue opere e l'influenza che ha avuto sulla teologia cattolica. La sua ricerca della verità, la sua dedizione alla fede e la sua abilità di adattarsi ai cambiamenti della società lo rendono un esempio per i credenti di tutte le epoche.

La vita di John Henry Newman è un racconto avvincente di ricerca spirituale, conversione e impegno per la verità. La sua canonizzazione è un riconoscimento della sua santità e della sua influenza duratura sulla Chiesa cattolica.

sabato 9 dicembre 2023

Palermo, la Compagnia del Vangelo lancia l’iniziativa “Aggiungi un posto a tavola. A Natale dona anche tu un pasto completo a un povero”

Natale, tempo gioioso di regali e di auguri, tempo per le cene in famiglia all’ombra di alberi pieni di luci. Ma non per tutti. Sempre più persone, infatti, anche all’interno delle nostre società opulente, fanno fatica a mangiare tutti i giorni. La Compagnia del Vangelo, in collaborazione con le suore Serve dei Poveri del Boccone del Povero del Capo, a Palermo, lancia l’iniziativa “Aggiungi un posto a tavola”.

“Il Natale è ormai alle porte e molte famiglie si preparano a celebrare la festività con cene e regali – scrive in una nota il giornalista Davide Romano, responsabile della comunità La Compagnia del Vangelo -. Sarebbe bello se, soprattutto in un giorno così speciale per tutti, non ci dimenticassimo dei nostri fratelli e delle nostre sorelle in difficoltà”.

E aggiunge: “Insieme alle suore del Boccone del Povero al Capo di via piazzetta san Marco 8, nel popolare quartiere del Capo a Palermo, abbiamo così pensato di organizzare il pranzo di Natale per chi è senza famiglia o vive per strada. Persone che le ottime suore servono già durante tutto l’anno con la mensa che gestiscono insieme a un gruppo di volontari, ma che non vogliono lasciare sole soprattutto nel giorno in cui ricordiamo la nascita del Signore in mezzo a noi”.

“Chi volesse dare un contributo, offrendo un pasto o il proprio aiuto come volontario – conclude Romano -, può contattare la superiora del convento suor Rosalia al numero 329 491 9286 o recarsi direttamente sul posto”.


sabato 2 dicembre 2023

“San Filippo Neri, il ‘Santo dell'Allegria’” di Davide Romano

 


San Filippo Neri, conosciuto come il "Santo dell'Allegria", rimane un esempio attuale e ispiratore per molte persone. La sua spiritualità e il suo messaggio di gioia hanno una rilevanza senza tempo che può essere applicata anche oggi. Ecco come la figura di San Filippo Neri può essere attuale nel contesto moderno:

In un'epoca in cui molte persone cercano la felicità in modi superficiali o materiali, la testimonianza di San Filippo Neri offre un richiamo alla gioia autentica. La sua vita dimostra che la vera gioia deriva dalla relazione con Dio, dall'amore per gli altri e dalla capacità di apprezzare le piccole cose della vita.

San Filippo Neri affrontò molte sfide durante la sua vita, ma mantenne un atteggiamento ottimista. Nel contesto moderno, in cui le persone affrontano varie difficoltà personali e sociali, la sua vita è un esempio di come la fede e la gioia possono aiutare a superare le avversità.

La pratica di San Filippo Neri di sorridere e di essere gentile con gli altri è un insegnamento prezioso. Nell'era digitale, in cui la comunicazione spesso avviene attraverso schermi e tastiere, la gentilezza e il sorriso possono avere un impatto significativo nel promuovere relazioni positive e connessioni umane autentiche.

San Filippo Neri è noto per gli "oratori" informali, dove le persone si incontravano per pregare, discutere e condividere. Nel mondo contemporaneo, dominato dalla tecnologia, la sua enfasi sull'incontro faccia a faccia e sul dialogo diretto offre un modello importante per combattere l'isolamento e promuovere la comunione comunitaria.

La spiritualità di San Filippo Neri era centrata sulla gioia e sull'esperienza della presenza di Dio. Nel contesto moderno, in cui molte persone cercano significato e spiritualità, il suo approccio alla preghiera e alla vita spirituale può essere un'ispirazione per coloro che cercano una connessione più profonda con il divino.

San Filippo Neri aveva l'abitudine di dire: "Diffondi la gioia". Questo invito rimane attuale oggi, invitando le persone a essere portatori di gioia nelle loro comunità, a diffondere positività e a creare ambienti che promuovano il benessere emotivo e spirituale.

San Filippo Neri, il Santo dell'Allegria, continua a offrire un modello rilevante per affrontare le sfide della vita moderna attraverso la gioia autentica, la gentilezza, la spiritualità e il desiderio di incontrare gli altri con amore e compassione.

“Viaggiare, un cammino verso la trascendenza” di Davide Romano



Viaggiare, lungi dall'essere solo un mezzo per esplorare nuovi luoghi geografici, può diventare un potente strumento per arricchire la vita spirituale di un individuo. Attraverso l'incontro con nuove culture, la contemplazione di paesaggi mozzafiato e l'esperienza di sfide avventurose, il viaggio offre un cammino unico verso la trascendenza e la crescita interiore.

 

1. Esplorare l'infinitezza della creazione:

Viaggiare permette di immergersi nell'infinita bellezza della creazione. L'esplorazione di paesaggi diversi, dalla maestosità delle montagne alla tranquillità degli oceani, può essere un'esperienza spirituale che riporta l'individuo alla meraviglia dell'esistenza. Come afferma il poeta John O' Donohue, "Viaggiare è un modo di ritrovare la bellezza della vita."

 

2. Incontri  che illuminano l'anima:

Gli incontri durante i viaggi sono occasioni per entrare in contatto con l'anima del mondo. Condividere momenti con persone di diverse culture e tradizioni può portare a una comprensione più profonda della connessione umana. Come afferma Thich Nhat Hanh, maestro zen, "Nel nostro cammino spirituale, abbiamo bisogno di incontrare gli altri per continuare il nostro viaggio."

 

3. La saggezza delle tradizioni antiche:

Viaggiare spesso coinvolge l'esplorazione di luoghi sacri e antichi, arricchendo così la nostra comprensione delle tradizioni spirituali. Visitare luoghi di culto, monasteri e siti storici può connetterci con una saggezza millenaria. Come dice Anatole France, "Viaggiare è scoprire che tutti hanno ragione. La saggezza di ogni popolo è un tassello del mosaico dell'umanità."

 

4. La semplicità che nutre lo spirito:

La vita quotidiana spesso ci immerge in un vortice di complessità. Viaggiare può offrire momenti di semplicità e quiete che nutrono lo spirito. In questo senso, come afferma Paulo Coelho, "Il viaggio di scoperta non è cercare nuovi paesaggi, ma avere nuovi occhi."

 

5. La gratitudine per la vita:

Il viaggio può essere un catalizzatore per la gratitudine. Attraverso l'incontro con modi di vivere diversi, si può imparare a valorizzare le proprie esperienze e risorse. Il maestro spirituale Eckhart Tolle sottolinea, "Riconoscere il bene che c'è già nella tua vita è la quintessenza della saggezza spirituale."

 

6. Il ritorno a se stessi:

Viaggiare offre anche l'opportunità di ritornare a se stessi. Lontano dalle distrazioni quotidiane, si può riflettere sulla propria vita, valori e obiettivi. Come dice Agostino d’Ippona, "Il mondo è un libro, e coloro che non viaggiano ne leggono solo una pagina."

 

Per tutti questi motivi, viaggiare può essere un percorso spirituale significativo. Attraverso l'esplorazione del mondo esterno, possiamo scoprire strati più profondi della nostra anima e connetterci con l'essenza della vita. Come scrive Khalil Gibran, "Il viaggio non porta solo via il nostro corpo, ma ci libera dalla percezione quotidiana, aprendo gli occhi della nostra anima." Viaggiare, quindi, diventa un viaggio non solo geografico ma anche spirituale.

 

“Accogliere senza giudicare. La forza della compassione e dell'empatia” di Davide Romano, giornalista

Nell'ampio spettro della convivenza umana, la diversità brilla come una gemma dai molteplici colori. Ogni individuo è unico nel suo insi...