sabato 16 settembre 2023

Giancarlo Santi, “Ego Rosalia. La vergine palermitana tra santità e impostura”, Ed. La Zisa, una recensione di Davide Romano



La devozione dei palermitani, e non solo, verso la vergine Santa Rosalia è universalmente nota, meno nota è invece la vicenda che riguarda l’invenzione, assai probabile, della sua figura…

Il titolo del saggio è stato suggerito dalle due parole che danno inizio all’iscrizione incisa da santa Rosalia nella grotta della Serra Quisquina, eremo in cui, secondo la leggenda, la romita visse a lungo prima di trasferirsi nella più nota cavità del Monte Pellegrino. Attraverso il nome Sinibaldi, la terza parola dell’iscrizione, il gesuita Giordano Cascini riuscì nel ‘600 a ricostruire alcuni tratti della sconosciuta vita della Santa, soprattutto la sua discendenza da Carlo Magno. Per avvalorare l’autenticità dell’incisione, Cascini raccontò nella sua celebre opera, Di Santa Rosalia Vergine Palermitana, come avvenne la casuale scoperta del graffito da parte di due muratori palermitani. La narrazione di Cascini ha fatto storia divenendo una diffusa e radicata credenza garantita dalla Compagnia di Gesù.

Da sempre tuttavia sono stati avanzati dubbi sulla veridicità dell’iscrizione, l’unico documento che prova la storicità di Rosalia “Sinibaldi”.

L’ipotesi del falso è sostenuta in una coraggiosa opera, Santa Rosalia nella storia e nell’arte di monsignor Paolo Collura, che sin dal suo apparire, nel 1977, ha suscitato molte polemiche ma ha pure segnato una svolta negli studi rosaliani. Nel 1988 Valerio Petrarca ha poi colmato alcune lacune del discorso di Collura individuando non solo un realistico artefice dell’impostura ed il suo movente, ma chiarendo anche il contesto storico e devozionale in cui sarebbe maturato il sospettato imbroglio. Con la suggestiva ricostruzione di Petrarca, l’affaire Quisquina diventa un autentico romanzo giallo in cui si narra di un intrigo palermitano inatteso e sconcertante. Se risultasse provato per via documentale quanto ipotizza lo studioso, ovvero che l’iscrizione fu incisa dalla Compagnia di Gesù per costruire una degna Patrona di Palermo, ci troveremmo innanzi al più clamoroso falso religioso del ‘600 siciliano.

L’incisione della Quisquina, ritenuta da alcuni una impostura e da altri un indelebile segno della santità di Rosalia, è dunque l’ambigua protagonista della ricerca qui condotta.

Quanto c’è di attendibile nelle affermazioni di chi sostiene l’autenticità del graffito e di chi invece ne denunzia la falsità? I fatti che portarono alla sua avventurosa scoperta si svolsero davvero nel modo in cui sono stati raccontati dai gesuiti? E se alla Quisquina si perpetrò un falso, chi fu il colpevole?

L’Autore trova le difficili risposte in un inedito manoscritto della Biblioteca Comunale di Palermo riuscendo così a colmare un secolare vuoto negli studi rosaliani.

Ego Rosalia si svolge come un’intrigante detective story in cui, partendo dal dubbio, si indaga per svelare l’enigma nascosto nell’iscrizione. Ben documentato e di facile lettura, il saggio si rivolge sia allo studioso, sia al lettore interessato ai segreti che si celano nella sfuggente vicenda di Rosalia “Sinibaldi”, illusoria immagine creata dagli uomini, caricatura della poco conosciuta ma storica santa Rosalia.

 

Giancarlo Santi, nato a Siracusa nel 1946, vive a Catania; giornalista pubblicista, ha collaborato con il Touring Club Italiano, con la terza pagina del quotidiano La Sicilia e con varie riviste scrivendo di feste popolari, di tradizioni religiose, di itinerari culturali siciliani. Nel 2001 ha pubblicato La strada dei Santi, viaggio sentimentale per le feste religiose di Sicilia. Si interessa di speleologia ed è coautore dei libri Le grotte del territorio di Melilli (1997) edito dal Comune di Melilli e Dentro il Vulcano, le grotte dell’Etna (1999) edito dall’Ente Parco dell’Etna.


venerdì 15 settembre 2023

“Vi riconosceranno da come vi amerete. Cristiani oltre le differenze per un mondo nuovo” di Davide Romano


 

“Io vi do un nuovo comandamento: che vi amiate gli uni gli altri. Come io vi ho amati, anche voi amatevi gli uni gli altri. Da questo conosceranno tutti che siete miei discepoli, se avete amore gli uni per gli altri». (Vangelo di Giovanni 13, 34-35)

Da duemila anni le parole di Gesù sono contraddette dall’agire dei cristiani che, nel frattempo, oltre a essersi combattuti e massacrati in ogni tempo, hanno fatto in modo di dividersi su ogni cosa: dottrina, prassi liturgica, etc.

Ma nel mondo contemporaneo, contrassegnato da divisioni e conflitti, il dialogo ecumenico emerge come un'opportunità vitale, un ponte che collega le diverse denominazioni cristiane in un'impresa comune: la ricerca dell'unità e della comprensione reciproca per la costruzione di un mondo nuovo. Questo dialogo, spesso sottovalutato o ignorato, è ora più essenziale che mai. Rappresenta una dimostrazione di bellezza che risplende nella diversità delle tradizioni cristiane.

L'ecumenismo è il movimento che cerca di promuovere la collaborazione e l'unità tra le diverse denominazioni cristiane. Si basa sulla convinzione che, nonostante le differenze teologiche e liturgiche, tutti i cristiani condividano una fede comune in Gesù Cristo e nell'amore per il prossimo. Questo dialogo non si limita alla reciproca comprensione, ma spinge anche verso azioni comuni per affrontare le sfide globali.

Uno dei motivi principali per cui il dialogo ecumenico è essenziale è la sua capacità di promuovere la pace e la riconciliazione. In un mondo segnato da conflitti religiosi e divisioni, l'unità tra le diverse denominazioni cristiane invia un potente messaggio di coesione e armonia. Come disse una volta il reverendo Martin Luther King Jr., "L'unità è la grande necessità del momento."

Inoltre, il dialogo ecumenico promuove la comprensione reciproca tra le denominazioni cristiane. Ciò significa ascoltare le diverse prospettive teologiche e liturgiche e cercare punti di convergenza. Questo non solo arricchisce la fede di ciascuna denominazione, ma apre anche la porta a nuove interpretazioni e riflessioni.

Un esempio di successo del dialogo ecumenico è il Consiglio Ecumenico delle Chiese (CEC), un'organizzazione che riunisce diverse tradizioni cristiane. Il CEC ha lavorato per promuovere l'unità tra le chiese, ma anche per affrontare questioni sociali urgenti come la giustizia economica, l'ambiente e i diritti umani.

La bellezza del dialogo ecumenico risiede anche nella sua capacità di celebrare le differenze senza separazione. Ciascuna denominazione porta con sé un patrimonio unico di fede, tradizione e liturgia. Il dialogo ecumenico consente di condividere e apprezzare queste diversità, creando così un mosaico di fede cristiana che riflette la ricchezza della sua storia.

Perché il dialogo ecumenico è un atto di bellezza che risplende nella diversità delle tradizioni cristiane. È una necessità per affrontare le divisioni e promuovere la pace nel mondo contemporaneo. È un ponte che collega le diverse denominazioni in un cammino comune verso l'unità. Come disse il teologo Hans Urs von Balthasar, "L'unità nella diversità è il vero miracolo." In questo spirito, il dialogo ecumenico è un miracolo che ci ricorda che siamo tutti chiamati a essere una famiglia cristiana unita in un mondo sempre più disunito.

 

“Palermo, odi at amo” di Davide Romano

 


Ci sono infiniti modi per descrivere una città e molteplici prospettive da cui iniziare. Una grande città come Palermo è così complessa che riassumerla in poche parole richiederebbe una vita intera. Qui, persino l'emarginazione ha le sue peculiarità, proprio come l'opulenza. L'opulenza può essere fasulla o genuina, mentre la miseria può essere cronica o recente. In questa città del sole, la povertà è un destino apparentemente ineluttabile, accettato come parte integrante della vita quotidiana, così come l'ampia diffusione dell'illegalità, che talvolta fornisce il pane quotidiano e beni di consumo.

Sopravvivere a Palermo è possibile, ma solo seguendo regole non scritte ma universali, altrimenti si rischia persino la vita. Palermo, nonostante le sue apparenze, è una città grigia, dove tutto si sfuma e cambia in un istante, sfuggendoti tra le dita quando pensi di averla capita.

Palermo affascina con la sua bellezza, le vetrine illuminate, le strade affollate, le rosticcerie profumate, le pasticcerie invitanti, i ristoranti pieni di piatti deliziosi e i mercati ricchi di cibo esposto in modo sensuale. Tuttavia, basta deviare un po' dal centro per trovarsi di fronte a scene di povertà che sembrano appartenere a un mondo completamente diverso. Ma questa non è una povertà dignitosa come in altre parti del mondo, è priva di dignità, proprio come la ricchezza.

Palermo colpisce con i suoi monumenti, testimonianze di secoli di culture diverse ma armoniosamente intrecciate. Tuttavia, il degrado urbano e l'incuria hanno portato alla perdita di molti di questi tesori. Anche il Teatro Massimo, uno dei migliori al mondo, è stato chiuso per anni a causa dell'indifferenza, e questa è solo una delle tante situazioni sconcertanti che sembrano gridare vendetta contro l'apatia della città.

Nonostante la sua storia e tradizioni, Palermo sembra stagnare culturalmente, incapace di sfruttare appieno il suo potenziale. La sua fama legata alla mafia ha contribuito a creare una visione distorta della città, oscurando la sua ricchezza culturale e artistica. Palermo sembra condannata a essere vista principalmente attraverso il filtro dei crimini di Cosa Nostra.

Palermo è una città complessa, difficile da amare senza odiarla allo stesso tempo. È un luogo di contraddizioni, dove la ricchezza e la povertà, la falsità e la verità coesistono. La città sembra divisa in gruppi e caste, senza una vera identità comune. È una città che si autolesiona, rifiutando il suo passato e la sua storia, e questo la rende incapace di contribuire in modo significativo al dibattito culturale.

Tuttavia, Palermo ha storie straordinarie da raccontare, storie che possono ispirare la produzione artistica. Le storie degli uomini sono universali, e Palermo, nonostante le sue peculiarità, non è così diversa da altre grandi città del mondo. La città può offrire spunti interessanti per la creatività artistica, ma purtroppo la produzione letteraria di Palermo rimane spesso confinata all'isola stessa.

Palermo è calda e spietata, partecipe ma indifferente, solidale ma inflessibile. È una città di contraddizioni, dove la retorica democratica spesso contrasta con la realtà feudale. È una città che seduce e poi si nega, difficile da decifrare e da vivere per chi non ha potere o amicizie influenti. Palermo non è mai ciò che sembra, ed è una sfida per chi vuole denunciare le ingiustizie e le contraddizioni che la permeano.

giovedì 14 settembre 2023

“Querere Deum. Come lo studio della filosofia può contribuire alla ricerca di Dio e della verità” di Davide Romano

Nella ricerca di Dio e della verità, lo studio della filosofia può emergere come un alleato prezioso. La filosofia, pur non essendo una disciplina religiosa, offre uno spazio di riflessione profonda che può arricchire la nostra spiritualità e guidarci nella ricerca di Dio.

Un ambito in cui la filosofia si dimostra particolarmente influente è la riflessione sulla natura stessa di Dio. In questo contesto, filosofi come San Tommaso d'Aquino hanno elaborato argomenti razionali per dimostrare l'esistenza di Dio. Attraverso la logica e l'analisi critica, cercano di gettare luce sulla natura di un essere supremo. Anche se queste argomentazioni possono non essere definitive, forniscono una base razionale su cui costruire una fede solida.

Ma la filosofia non si limita all'argomentazione per l'esistenza di Dio. Esplora anche le implicazioni etiche della religione. Gli studiosi filosofi si sono concentrati sulla costruzione di un quadro etico coerente con le credenze religiose. Questo processo può aiutare i credenti a rispondere a domande morali complesse e ad affrontare situazioni etiche sfidanti alla luce delle loro fedi.

La relazione tra fede e ragione è un'altra area in cui la filosofia offre un contributo significativo. Molti credenti cercano di trovare un equilibrio tra la loro fede religiosa e il pensiero razionale. La filosofia può aiutare a esplorare questa connessione, affrontando questioni come la teodicea, cioè il problema del male e della sofferenza nel mondo. Questi interrogativi spinosi richiedono un approccio critico e la filosofia offre gli strumenti per farlo.

Un aspetto importante dello studio filosofico è l'analisi dei concetti religiosi. La filosofia analitica, in particolare, mira a chiarire i concetti e a stabilire definizioni precise. Questo può essere estremamente utile nel contesto religioso, dove termini come "Dio", "fede" e "verità" possono essere soggetti a interpretazioni diverse. Una comprensione chiara dei concetti può aiutare i credenti a esprimere e comprendere meglio le proprie convinzioni.

Tuttavia, la filosofia non è solo un esercizio intellettuale. Promuove anche un approccio critico alla vita e alle credenze. Questo è prezioso nella ricerca di Dio e della verità poiché incoraggia le persone a esaminare attentamente le proprie convinzioni, a porre domande difficili e a cercare risposte fondate su basi solide. La capacità di pensare criticamente è essenziale per affrontare le sfide spirituali e filosofiche che la ricerca della verità può presentare.

Inoltre, lo studio della filosofia favorisce il dialogo interreligioso e interculturale. Aiuta a comprendere le diverse prospettive religiose e filosofiche e a stabilire un terreno comune per il dialogo e la cooperazione tra individui di diverse fedi e tradizioni culturali.

Infine, la filosofia sviluppa la mente critica e il pensiero analitico, competenze che possono essere applicate in molti aspetti della vita. Queste abilità contribuiscono alla crescita personale e possono essere preziose nella ricerca di Dio e della verità.

Lo studio della filosofia, insomma, offre una prospettiva unica e preziosa nella ricerca di Dio e della verità. Fornisce strumenti concettuali, un approccio critico e una base razionale su cui costruire una fede solida e una comprensione più profonda della spiritualità. La filosofia invita i credenti a esplorare le domande più profonde della vita con mente aperta e cuore sincero.


"Un anno vissuto biblicamente. Le lezioni di A. J. Jacobs sulla religione e la vita quotidiana" di Davide Romano



Qualche anno fa, il giornalista newyorkese A. J. Jacobs ha intrapreso un viaggio straordinario che ha catturato l'attenzione di molti. La sua sfida era vivere, per un intero anno, seguendo letteralmente ogni indicazione contenuta nella Bibbia. Questa audace impresa ha portato alla creazione di un libro che ha suscitato riflessioni profonde sulla religione e sulla vita quotidiana.

Molti credenti prendono la Bibbia molto sul serio, cercando di applicare i suoi principi nella loro vita di tutti i giorni. Studiano le Scritture, partecipano a discussioni religiose e cercano di vivere secondo le norme stabilite nei testi sacri. Ma quali sarebbero le conseguenze se prendessimo alla lettera ogni indicazione di un libro antico, scritto più di 3000 anni fa, mentre viviamo in un mondo moderno?

A. J. Jacobs, cresciuto in una famiglia ebrea laica, si definisce un agnostico che ha sempre avuto dubbi sulla religione. Tuttavia, l'interesse personale per le sue radici ebraiche e la curiosità giornalistica lo hanno spinto a intraprendere un "Anno Vissuto Biblicamente". La sua missione era chiara: seguire alla lettera tutte le istruzioni contenute nella Bibbia per un anno intero.

Jacobs ha iniziato il suo progetto meticolosamente, raccogliendo oltre 700 istruzioni specifiche dalla Bibbia. Queste includevano non solo i celebri Dieci Comandamenti, ma anche dettagliate leggi sulla purezza e su come condurre la vita quotidiana. Con l'aiuto di consulenti teologici, ha cercato di mettere in pratica queste regole, documentando tutto nel suo libro "Un anno vissuto biblicamente."

I risultati dell'esperimento sono stati sorprendenti. Jacobs ha cambiato radicalmente il suo aspetto fisico, portando una barba piena e un piccolo sgabello pieghevole ovunque, per evitare di sedersi in luoghi in cui persone "impure" potevano essersi accomodate. Ha modificato la sua dieta, il linguaggio e il comportamento sociale. Ma l'aspetto più interessante dell'esperimento è stato come queste trasformazioni abbiano influenzato le sue convinzioni personali.

Durante quell'anno, Jacobs ha interagito con una vasta gamma di credenti, da ebrei chassid ballerini a agricoltori Amish, da pellegrini al Muro del Pianto a pastori israeliani e cristiani che maneggiavano serpenti. Questi incontri hanno contribuito a modellare la sua comprensione della fede e della pratica religiosa.

Tuttavia, la domanda più grande che Jacobs ha posto è come la Bibbia sia applicabile nella vita di oggi. Poche persone prenderebbero alla lettera la Bibbia come lui l'ha fatto, ma il suo esperimento ha sollevato importanti interrogativi su come i credenti scelgano cosa prendere alla lettera e cosa interpretare o adattare alla cultura e alle circostanze attuali.

Jacobs sottolinea che se i credenti non sono disposti a seguire le istruzioni bibliche con la stessa dedizione, non possono considerarsi veri letteralisti. Tuttavia, il vero potere della Bibbia emerge quando viene letta e interpretata nel contesto di una relazione con Dio.

Le Scritture diventano una guida preziosa quando vengono lette alla luce di una relazione personale con il divino. La Bibbia non è solo un elenco di regole, ma una raccolta di storie ed esempi che possono essere applicati alla vita di tutti i giorni. La vera trasformazione avviene quando si permette a Dio di parlare attraverso le Scritture e di guidare la vita in modo significativo.

In conclusione, l'esperimento di A. J. Jacobs ha dimostrato che prendere alla lettera la Bibbia può comportare cambiamenti significativi nella vita di una persona. Tuttavia, la vera forza della Bibbia risiede nella sua capacità di guidare e ispirare quando viene letta nel contesto di una relazione personale con Dio. La Bibbia diventa una fonte di saggezza, guida e ispirazione per coloro che cercano un rapporto autentico e profondo col Signore. Non lo diventa, invece, per chi si accosta al testo sacro con superficialità o con la curiosa supponenza dell'investigatore (anche se Dio può usare anche questa errata predisposizione perché si arrivi a Lui. A Dio nulla è impossibile). 

"Quando la preghiera si fa complicata. Alla ricerca di risposte e speranza" di Davide Romano

 


La preghiera è una pratica nata forse con l’uomo che molte persone utilizzano per comunicare con un potere superiore o per cercare conforto, speranza e risposte alle domande più profonde. Tuttavia, ci sono momenti nella vita in cui la preghiera può sembrare un'impresa ardua, quando le parole sfuggono e la risposta desiderata sembra irraggiungibile. In questi momenti d’incertezza, cosa si può fare?

Nonostante i cambiamenti sociali e culturali, la preghiera continua a essere una pratica diffusa. Le persone si rivolgono alla preghiera in cerca di conforto, speranza e direzione, indipendentemente dalle loro convinzioni religiose. Le statistiche mostrano che una grande percentuale della popolazione mondiale prega regolarmente, dimostrando la sua universalità come strumento di ricerca interiore.

Uno dei grandi dilemmi della preghiera è la percezione che le nostre suppliche possano rimanere senza risposta. Molti s’interrogano su come funzioni la risposta divina alle preghiere o perché sembra che alcune preghiere siano esaudite mentre altre no. La perseveranza è fondamentale in questi casi. Le parole di Gesù, "chiedi e ti sarà dato", potrebbero essere interpretate come un invito a perseverare nella preghiera, anche quando sembra che non ci siano risposte immediate.

Un aspetto cruciale della preghiera è l'onestà. Non è necessario utilizzare parole elaborate o formule complesse per comunicare con il divino. È possibile condividere sinceramente i propri sentimenti, che siano rabbia, tristezza o confusione. L'onestà nell'approccio alla preghiera è fondamentale.

La preghiera non si limita alle parole. Può essere espressa attraverso la musica, l'osservazione della natura, l'espressione artistica o la scrittura di pensieri e sentimenti sotto forma di poesia o lettere. Questi approcci alternativi possono essere altrettanto efficaci quando le parole sono difficili da trovare.

È facile concentrarsi sulle sfide e sulla sofferenza, ma è altrettanto importante riconoscere le benedizioni e gli aspetti positivi della vita. Tenere un registro delle esperienze positive può aiutare a mantenere la prospettiva e la speranza nei momenti in cui la preghiera sembra difficile.

La preghiera può essere un'esperienza solitaria, ma non è necessario affrontarla da soli. Condividere le proprie sfide e preoccupazioni con amici e familiari di fiducia può essere una fonte preziosa di supporto. Chiedere agli altri di pregare insieme a voi può alleviare il peso delle preoccupazioni e favorire un senso di connessione spirituale.

Anche se la preghiera può comportare sfide e momenti difficili, è importante perseverare. La tenacia e la determinazione possono essere strumenti potenti, anche quando sembra che le risposte non arrivino o la preghiera sia un'impresa ardua. La preghiera, con onestà, apertura e perseveranza, può continuare a essere un mezzo per trovare speranza, conforto e una connessione più profonda con l'aspetto spirituale della vita.

Scriveva Pascal: "Consolati, non mi cercheresti se non mi avessi trovato". Forse molti di noi cercano Dio nella preghiera proprio perché, in modo misterioso, Lui si è fatto già trovare. 

mercoledì 13 settembre 2023

“Pino Puglisi, il Vangelo contro la mafia” di Davide Romano









Sono passati trent’anni da quel 15 settembre del 1993, una data destinata a rimanere impressa nella memoria collettiva, il giorno in cui don Pino Puglisi fu ucciso dalla mafia. Era il suo 56° compleanno, e la sua vita venne spezzata davanti al portone di casa, nel cuore del quartiere Brancaccio di Palermo. Dietro questo vile omicidio si celavano i mandanti principali, i capi mafiosi Filippo e Giuseppe Graviano, successivamente condannati all'ergastolo. A premere il grilletto fu Salvatore Grigoli, un uomo che, paradossalmente, in carcere intraprese un cammino di conversione.

La storia di Don Pino Puglisi è una testimonianza di fede e coraggio che sfida la stessa oscurità della mafia. Il suo sorriso in quegli ultimi istanti e le parole "Me lo aspettavo" dimostrano la sua consapevolezza del pericolo che correva e la sua determinazione a non cedere di fronte alla violenza criminale. Questo eroe della fede è stato beatificato il 25 maggio 2013, poco dopo l'elezione di Papa Francesco, riconosciuto come martire "in odium fidei" cioè in odio alla fede.

Don Pino Puglisi aveva capito che la linfa vitale delle mafie risiedeva nel muro di omertà e consenso che si creava tra la gente. Per contrastarlo, ha dedicato la sua vita a educare i giovani alla cultura della legalità, rendendoli consapevoli e desiderosi di rompere le catene che imprigionavano la Sicilia. Quando nel settembre del 1990 fu nominato parroco a Brancaccio, il quartiere della sua infanzia, Don Pino continuò a seguire questo stile di annuncio e incontro personale, creando strutture che facilitassero le relazioni.

La sua particolare attenzione si concentrava sui giovani e sulle problematiche sociali dei quartieri emarginati di Palermo. Fu un attento osservatore dei lavori del Concilio Vaticano II e diffondeva i suoi documenti tra i fedeli. Non ebbe timore, per esempio, di opporsi a un comitato che spendeva ingenti somme per la festa patronale, mentre la parrocchia mancava di spazi adeguati per le attività. Nel 1992, cominciò a progettare la creazione di una grande struttura parrocchiale, inserita in un'area verde, con annesso un teatro, uno spazio per le celebrazioni all'aperto, un gazebo e una biblioteca.

Don Pino Puglisi ha testimoniato che la paura non può essere l'ultima parola di chi crede in Cristo. La sua vita ci sfida a domandarci se sia folle affrontare le mafie con la forza disarmata del Vangelo. Forse lo è, ma è una follia che ci chiama ad amare i nostri nemici, a pregare per i nostri persecutori, a odiare il male ma a continuare ad amare le persone, anche quelle che sembrano essersi smarrite lungo il cammino dell'umanità. Don Pino Puglisi è un esempio straordinario di come la fede possa illuminare anche il cammino più buio e pericoloso, ispirandoci a lottare per la giustizia, la verità e la dignità umana.

 

 

 

“I Valdesi: Una Passione per la Fede e la Libertà” di Davide Romano



Nel cuore delle maestose Alpi italiane, tra scenari montani mozzafiato e una ricca storia di perseveranza, troverete i Valdesi. Questo gruppo di cristiani, noto anche come Chiesa Valdese, è animato da una passione profonda per la fede, la libertà e la giustizia.

I Valdesi affondano le loro radici in una tradizione di resistenza e ricerca della verità. Nel Medioevo, in un'epoca in cui la Chiesa Cattolica esercitava un controllo rigoroso sulla fede cristiana, i Valdesi si ribellarono coraggiosamente. Essi credevano in una fede semplice e autentica, basata sulla lettura diretta della Bibbia. La passione per la verità li spinse a tradurre la Bibbia in lingue comprensibili, rendendo la Parola di Dio accessibile a tutti.

La fede è il cuore pulsante della vita Valdese. La passione per Dio e la profonda connessione spirituale attraverso la lettura e lo studio della Bibbia sono le chiavi della loro identità. Essere Valdesi significa coltivare una relazione personale e appassionata con Dio, alla ricerca costante della verità spirituale.

La passione dei Valdesi si estende all'accoglienza della diversità. Questa comunità ha sempre aperto le porte a persone di diverse culture, credenze e stili di vita. L'inclusività è un segno distintivo della loro fede, dimostrando che l'amore per il prossimo supera qualsiasi barriera.

Essere Valdesi significa anche abbracciare l'impegno sociale e la giustizia. Questa comunità non si limita a vivere la propria fede nei confini delle chiese, ma s’impegna attivamente per migliorare il mondo che li circonda. Dall'assistenza ai bisognosi alla difesa dei diritti umani, i Valdesi incarnano la passione per la giustizia e la compassione.

L'essere parte della comunità Valdese è come essere parte di una grande famiglia. La solidarietà e il sostegno reciproco sono valori fondamentali. Nelle gioie e nelle sfide della vita, i Valdesi sono lì per gli altri, creando un legame che va al di là delle semplici appartenenze religiose.

Infine, la passione dei Valdesi si riflette nel loro impegno per la pace e la nonviolenza. Sono fermamente convinti che la pace sia un valore fondamentale del cristianesimo e lavorano instancabilmente per promuovere la comprensione e la conciliazione tra le persone.

Essere Valdesi, pertanto, è abbracciare una passione profonda per la fede, la libertà, la giustizia e l'amore per il prossimo. Questa comunità ha attraversato secoli di sfide, ma la loro passione per la verità e la ricerca spirituale continua a guidarli. Sono una testimonianza vivente di come la fede possa essere un faro luminoso nella notte, una guida per la vita e una fonte inesauribile d’ispirazione.


martedì 12 settembre 2023

“Il celibato ecclesiastico, la ‘fulgida gemma’ che la Chiesa Cattolica Romana non vuol gettare via” di Davide Romano



Come ribadì papa Paolo VI: «Il celibato sacerdotale, che la Chiesa custodisce da secoli come fulgida gemma, conserva tutto il suo valore anche nel nostro tempo». La Chiesa cattolica riconosce che teoricamente si potrebbe cambiare questa disciplina della Chiesa latina, della quale alcuni individui e gruppi chiedono l'abolizione o la modifica, ma della quale i recenti papi hanno sottolineato l'alto valore.

Papa Giovanni Paolo II (1978-2005) intervenne più volte in difesa del celibato dichiarando che sarebbe stato una positiva soluzione al calo delle vocazioni. Giovanni Paolo II elencò anche una serie di motivi perché un sacerdote debba essere celibe, quali: maggior tempo da dedicare alla parrocchia e alla comunità, un prete non deve pensare ai beni terreni e questo nell'ottica di avere un figlio sarebbe ingiusto. Tra i suoi discorsi sul celibato da notare quello del 9 novembre 1978 al clero di Roma.

Papa Benedetto XVI (2005-2013) nella Sacramentum Caritatis afferma: «Il fatto che Cristo stesso, sacerdote in eterno, abbia vissuto la sua missione fino al sacrificio della croce nello stato di verginità costituisce il punto di riferimento sicuro per cogliere il senso della tradizione della Chiesa latina a questo proposito».

Il celibato ecclesiastico, o la pratica del voto di castità per i membri del clero cattolico romano, è infatti un tema dibattuto da secoli. Alcuni critici vedono questa pratica come obsoleta, mentre altri la considerano fondamentale per la vita religiosa. In questo articolo, esploreremo alcune delle ragioni per cui il celibato ecclesiastico rimane una parte importante della tradizione cattolica e difenderemo questa scelta sacra.

Il celibato ecclesiastico ha radici profonde nella tradizione apostolica. Gesù stesso ha parlato dell'importanza della castità e del lasciare tutto per seguirlo. Gli apostoli, che sono stati i primi vescovi e sacerdoti della Chiesa, hanno abbracciato questa chiamata, scegliendo di vivere una vita di celibato per dedicarsi completamente al servizio di Dio e della comunità cristiana. Questa tradizione si è trasferita attraverso i secoli e rimane un segno di continuità con gli insegnamenti degli apostoli.

Il celibato ecclesiastico consente ai sacerdoti di concentrarsi completamente sul loro ministero spirituale e sul servizio alla comunità. Senza le responsabilità della famiglia, i sacerdoti possono essere più disponibili per le necessità dei fedeli. Possono dedicare più tempo alla preghiera, alla meditazione e allo studio delle Sacre Scritture, il che arricchisce il loro insegnamento e la loro guida spirituale.

Il celibato ecclesiastico aiuta a evitare situazioni in cui il sacerdote potrebbe essere influenzato da questioni familiari o interessi personali nelle sue decisioni pastorali. Evita anche il rischio di eredità ecclesiastiche, in cui posizioni di potere e autorità vengono trasmesse da una generazione all'altra all'interno delle famiglie dei sacerdoti. Ciò contribuisce a garantire una maggiore trasparenza e integrità nell'amministrazione delle parrocchie e delle diocesi.

Il celibato ecclesiastico è considerato un atto di consacrazione totale a Dio. I sacerdoti rinunciano volontariamente alle relazioni romantiche e familiari per essere più vicini a Dio e alla sua chiamata. Questa scelta rappresenta un impegno profondo e un segno di sacrificio personale, che è altamente stimato nella tradizione religiosa.

In conclusione, il celibato ecclesiastico è una pratica che ha profonde radici nella tradizione apostolica e che continua a svolgere un ruolo importante nella Chiesa cattolica. Questa scelta sacra offre numerosi vantaggi, tra cui la dedizione al servizio spirituale, l'evitare potenziali conflitti di interesse e il segno di una consacrazione totale a Dio. Mentre il dibattito sul celibato ecclesiastico può continuare, è importante riconoscere il suo significato nella vita religiosa e il ruolo che svolge nell'approfondire la fede e la dedizione dei sacerdoti cattolici. È curioso che chi lo contesta, battendosi per un sacerdozio uxorato, ovvero chi vuole preti con mogli e figli, è spesso lo stesso che, al momento dell’ordinazione sacerdotale, lo ha accettato senza alcuno scrupolo morale e senza alcuna costrizione. Ci ha solo ripensato dopo quando magari ha incontrato l’amore carnale negli occhi di una donna (o di un altro uomo). Troppo comodo.

 

"Cirillo Lucaris, il patriarca di Costantinopoli che provò, invano, a riformare la Chiesa Ortodossa" di Davide Romano

Cirillo Lucaris è una figura di spicco nella storia della Chiesa Ortodossa, noto per il suo ruolo di patriarca ecumenico di Costantinopoli nel XVII secolo e per le sue influenti idee teologiche. La sua vita e il suo lavoro hanno lasciato un'impronta indelebile sulla storia della Chiesa Ortodossa e sulla teologia cristiana nel suo complesso.

Cirillo Lucaris nacque nel 1572 sull'isola di Creta, all'epoca parte della Repubblica di Venezia. Venne educato presso la Scuola Patriarcale di Costantinopoli, dove ricevette una solida formazione teologica e filosofica. Mostrò un notevole talento intellettuale fin dalla giovane età, il che lo rese un candidato ideale per una carriera all'interno della Chiesa Ortodossa.

Nel 1602, Cirillo fu eletto patriarca ecumenico di Costantinopoli. Durante il suo episcopato, cercò di riformare e rafforzare la Chiesa Ortodossa, affrontando le sfide poste dalla presenza crescente del potere ottomano nell'Impero Bizantino. Lucaris si sforzò di mantenere la fede ortodossa in un periodo turbolento, stabilendo scuole e promuovendo l'istruzione teologica.

Uno dei contributi più significativi di Cirillo Lucaris alla teologia ortodossa fu la sua enfasi sulla predestinazione e la giustificazione per fede. Queste idee erano in linea con le influenze riformate dell'Occidente, in particolare con la teologia di Giovanni Calvino. Lucaris sostenne che la salvezza fosse basata sulla grazia di Dio e sulla fede personale, un concetto che era in contrasto con la teologia ortodossa tradizionale che poneva maggiormente l'accento sulle opere e i sacramenti.

Le idee teologiche di Lucaris portarono a una controversia all'interno della Chiesa Ortodossa. Alcuni leader ecclesiastici e teologi ortodossi accusarono Lucaris di eresia e cercarono di deporlo dal suo ruolo di patriarca. Tuttavia, Lucaris ricevette il sostegno da parte di alcune potenze protestanti dell'Europa occidentale, in particolare da Enrico IV di Francia e James I d'Inghilterra. Questo sostegno politico contribuì a mantenere Lucaris al potere, ma aumentò anche la tensione tra le fazioni ortodosse tradizionaliste e quelle che abbracciavano le sue nuove idee.

Cirillo Lucaris trascorse gran parte della sua vita in lotta contro le accuse di eresia. Nel 1638, fu deposto e esiliato, ma tornò al potere in diverse occasioni. Tuttavia, la sua vita si concluse tragicamente quando fu assassinato nel 1638, mettendo fine a una carriera controversa e influente.

Nonostante la sua morte prematura, l'eredità di Cirillo Lucaris è durata nel tempo. Le sue idee teologiche hanno continuato a influenzare il pensiero teologico ortodosso e sono state oggetto di studio e dibattito per secoli. La sua determinazione nel difendere le sue convinzioni e la sua capacità di navigare tra le complesse dinamiche politiche e religiose del suo tempo lo rendono una figura eccezionale della Chiesa Ortodossa.

Ancora oggetto di un aspro confronto fra gli storici nel mondo ortodosso, Cirillo Lucaris è stato un patriarca ecumenico di grande importanza nella storia della Chiesa Ortodossa. Le sue idee teologiche, sebbene assai ostacolate nel suo tempo, hanno contribuito a plasmare la teologia ortodossa successiva e hanno lasciato un'impronta duratura sulla Chiesa e sul pensiero religioso.


“Italia un Paese di scrittori (che non leggono)” di Davide Romano

L'Italia, si dice spesso, è il Paese dei santi, poeti e navigatori. Ma oggi, forse, sarebbe più corretto aggiornarlo così: il Paese de...