La
riflessione sulle motivazioni etico-religiose e antropologiche di una scelta
vegetariana è al centro di questo breve scritto del 1892, che fu a lungo noto
con il titolo Il primo gradino, allusiva metafora dietro cui compare
quell’ideale di ascetismo che Lev Tolstoj volle far proprio, a partire da un
certo momento della sua vita. Il primo di un numero infinito di gradini di una
colossale scalinata, la cui faticosa e travagliata ascesa costituisce l’unica
via che conduce alla virtù.
È
noto a tutti quanto sia stata ricca di contraddizioni, di passioni, di pensieri
e sentimenti la straordinaria esistenza di Lev Tolstoj. Quando, all’indomani di
un’infanzia dorata, trascorsa nella lussuosa tenuta di famiglia a Jàsnaja
Poljàna, dopo aver perso prematuramente i genitori, Tolstoj si trasferì in
città, allora ebbe inizio quello che lui stesso definì “l’orribile ventennio di
dissolutezza e di schiavitù all’ambizione, alla vanità e soprattutto alla
carne”, un periodo di totale abbandono a ogni sorta di piacere, a cui si
aggiunse poi l’esperienza della vita militare.
A
questa giovanile immersione nella mondanità appagante e sensuale si
contrapporrà, negli anni della maturità, un’intensa e mai placata tensione
ascetica, un tormentato bisogno di purificazione interiore, di cui la scelta
vegetariana rappresentò solo un aspetto. Per moltissimi anni, a partire dagli
anni del suo rivolgimento spirituale, fra il 1870 e il 1880, e fino alla sua
morte, avvenuta nel 1910, Tolstoj si nutrì esclusivamente di verdure, pane e
legumi. Alla base di una simile risolutezza stavano delle profonde motivazioni
filosofiche e ideologiche, in cui lo stoico distacco dalle passioni, di
tradizione pagana, incontrava l’ideale cristiano del sacrificio e della
rinuncia, e si fondeva con esso in un unico principio filosofico, secondo cui
l’astinenza si pone come primo passo di un lungo percorso di elevazione
spirituale.
Ma
c’è un’altra ragione per cui lo scrittore di Jàsnaja Poljàna si dichiara
convinto sostenitore della scelta vegetariana, ed è il suo rifiuto della
violenza o, in senso più ampio, il suo intimo e inestinguibile sentimento di
amore per la vita, la sensazione di potersi appropriare del significato pieno e
profondo dell’esistenza proprio attraverso il conseguimento di un’armonia con
la natura.
L’ideale
nonviolento tolstojano, com’è noto, fu di ispirazione a Gandhi, il quale
dichiarò di aver creduto nella nonviolenza proprio grazie alla lettura, nel
1894, del saggio Il Regno di Dio è in voi. Tutto il sistema di pensiero di
Tolstoj trae origine dall’ansia religiosa che lo anima, e l’intera sua
produzione letteraria, dagli anni Settanta in poi, risente di questa sua
disposizione interiore. Il fervore della sua religiosità è la chiave per
interpretare non soltanto la sua produzione saggistica ed esegetica, ma anche
quella narrativa, nonché l’intera sua complessa spiritualità, la sua filosofia,
il suo stile di vita, fino alle sue scelte nell’alimentazione.
La
questione del vegetarianismo era stata centrale nel dibattito culturale europeo
dell’Ottocento, come attesta il grande interesse riscosso, in tutto il vecchio
continente, dall’opera dell’inglese H. Williams, The Ethics of Diet, pubblicata
nel 1878. Il presente saggio apparve qualche anno dopo, nel 1892, proprio come
prefazione all’edizione russa dell’opera di Williams. In una prosa dal tono
sospeso fra la semplicità di un apologo e la letterarietà di certi riferimenti
colti, la prospettiva etica di Tolstoj balzava in primo piano, nel fermo
rifiuto dell’aberrante e innaturale atto di violenza di cui il consumo di carne
è inglorioso corollario.
La
straordinaria modernità del pensiero del grande filosofo russo si allaccia con
forza alle più calde questioni che percorrono, a più di un secolo di distanza,
la nostra società. L’attualità delle rivendicazioni del movimento animalista o
il dilagante favore che incontra in questi nostri anni la scelta di
un’alimentazione vegetariana rappresentano posizioni ideologiche estremamente
affini alle istanze così appassionatamente caldeggiate dal vegliardo di Jàsnaja
Poljàna, testimone lungimirante e intuitivo del suo secolo, un secolo di
profondi rivolgimenti culturali, in cui il vecchio mondo dell’ancien régime, con tutti i suoi
sentimenti e i suoi valori, tramontava, per lasciare spazio alla sensibilità
nuova della società che nasceva.
Lev
Nikolàevič Tolstoj nacque nel 1828 a Jàsnaja Poljàna, nella tenuta di proprietà
della nobile famiglia materna, nei pressi della città di Tula. Dopo la perdita
di entrambi i genitori, trascorse gli anni dell’adolescenza tra Mosca e Kazan,
dove iniziò gli studi universitari. Nel 1851 ebbe inizio la sua avventura al
fronte, nel Caucaso; sono questi gli anni in cui Tolstoj inizia a scrivere, e
da lì a poco vedrà la luce il suo primo romanzo, Infanzia, pubblicato nel 1852,
cui seguirà nel 1856I racconti di Sebastopoli, ispirato proprio all’avventura
nell’esercito. Intorno ai trent’anni, Tolstoj decise di far ritorno a Jàsnaja
Poljàna, dove rimase per gran parte della sua vita. Nel 1862 sposò Sonja
Andrèevna Bers, e negli stessi anni pubblicò le opere che lo hanno reso
immortale: Guerra e pace è del 1869, Anna Karenina del 1877. Tra gli anni
Settanta e gli anni Ottanta, Tolstoj attraversò un periodo di profonda crisi
spirituale, dalla quale uscì grazie alla religione. Da questo momento, tutta la
sua produzione letteraria, narrativa e saggistica risentì di una rinnovata
prospettiva filosofica ed etico-religiosa. L’opera completa di Tolstoj è
raccolta in 90 volumi, non ancora integralmente tradotti in italiano.
Il libro: Lev Nikolàevič Tolstoj,
“Riflessioni di un vegetariano”, Prefazione e cura di Davide Romano, Edizioni
EL