“Egli, alzati
gli occhi verso i suoi discepoli, diceva: ‘Beati voi che siete poveri, perché
il regno di Dio è vostro. Beati voi che ora avete fame, perché sarete
saziati’”. (Luca 6,20-21)
Nel cuore stesso del Vangelo
risplende una verità innegabile: i poveri occupano una posizione centrale. È
impossibile penetrare il significato del Vangelo senza considerare la
condizione dei poveri. Essi divengono parte integrante della stessa natura di
Gesù che, nonostante la sua divina ricchezza, ha volontariamente scelto di
umiliarsi, di condividere la povertà umana, e persino di assumere il peso del
peccato, la forma più cruda di povertà. In questa scelta, i poveri si fondono
con la stessa personalità di Cristo. Paradossalmente, è proprio la loro povertà
che ci assicura un patrimonio eterno, e già in questo momento ci permette di
arricchirci attraverso l'amore. Questo perché la più grande povertà che
dobbiamo combattere è la mancanza di amore.
Al termine del nostro
pellegrinaggio terreno, la verità profonda della vita sarà rivelata con
chiarezza: le finzioni del mondo, che attribuiscono senso all'esistenza
mediante il successo, il potere e la ricchezza, si dissolveranno. Invece,
l'amore che avremo donato e condiviso emergerà come l'unico vero tesoro. Le
cose materiali svaniranno nell'oblio, ma l'amore resterà, risplendendo come un
faro luminoso nella notte. Se vogliamo evitare di vivere una povertà
spirituale, dobbiamo chiedere la grazia di riconoscere la presenza di Gesù nei
volti dei poveri e di servirlo attraverso il nostro impegno verso di loro.
Perché servire i poveri, diceva Giacomo Cusmano, è servire Gesù.
Noi siamo portatori di un
tesoro di inestimabile valore, una ricchezza che non dipende dal numero di beni
materiali accumulati, ma dalla nostra essenza. Questa ricchezza trae origine
dalla vita che ci è stata donata, dalla virtù che risiede in noi e dalla
bellezza indelebile con cui Dio ci ha dotati, essendo noi riflessi della sua
immagine. Ciascuno di noi è un gioiello prezioso agli occhi di Dio, unico e
irripetibile nella storia dell'umanità. Dio ci contempla con occhi di amore e
ascolta i battiti dei nostri cuori con tenerezza. Spesso, però, ci lasciamo
sopraffare dal senso di mancanza, concentrandoci su ciò che ci manca anziché
rallegrarci per ciò che possediamo. Cadendo nella tentazione del
"magari", finiamo per ignorare i doni e i talenti che ci sono stati
affidati. Mentre c'è qualcosa che desidereremmo avere, c'è anche tanto che
abbiamo già.
Dio ci ha arricchito con questi
doni in base alla sua conoscenza profonda di ciascuno di noi e alla fiducia
nella nostra capacità di farli fruttare, nonostante le nostre fragilità. Anche
il servo timoroso, che ha nascosto il proprio talento per paura, riceve la
fiducia di Dio. Dio si augura che, nonostante le sue paure, anche questo servo
utilizzi bene ciò che gli è stato dato. In sintesi, il Signore ci esorta ad
impegnarci attivamente nel tempo presente, abbandonando le nostalgie per il
passato e ponendoci nell'attesa operosa del suo ritorno.
La nostalgia, tuttavia, può tramutarsi
in un'oscura nuvola che avvolge l'anima. Questo senso di malinconia, come
un'ombra giallastra o un'oscurità soffocante, ci fa rivolgere costantemente lo
sguardo al passato o agli altri, impedendoci di concentrarci sulle nostre
potenzialità e sulle opportunità di lavoro che Dio ci ha concesso. Nel Vangelo,
i servi lodevoli sono coloro che osano sfidare la zona di comfort. Essi non sono prudenti e cauti, non si preoccupano di
conservare gelosamente ciò che hanno ricevuto, ma hanno il coraggio di metterlo
in gioco. Infatti, il bene che non viene investito si perde; così, la grandezza
della vita non dipende da quanto si accumula, ma da quanto si condivide e si fa
fruttare. In un mondo in cui molti sono preoccupati solo di accumulare,
pensando a sé stessi più che agli altri, la vita diventa vuota e priva di
significato. Una vita vera è quella che si nutre di doni, quella che vive per
essere dono agli altri.
La fedeltà a Dio non si limita soltanto a rispettare regole e comandamenti, che spesso hanno poco a che fare con la
volontà del Signore, ma implica anche il coraggio di spendere la propria vita in un
servizio incrollabile. Anche se abbiamo piani ben delineati, quando il richiamo
al servizio si fa presente, è importante lasciarli da parte e rispondere con
generosità. Purtroppo, esistono cristiani che giocano in difensiva, aderendo
rigorosamente alle regole per evitare rischi.
La vera fedeltà a Gesù, invece,
richiede audacia e il coraggio di amare, superando la passività che potrebbe
facilmente trasformarsi in complicità. In un mondo segnato dall'incertezza e
dalla fragilità, dobbiamo evitare di sprecare la nostra preziosa vita
concentrando l'attenzione egoisticamente su noi stessi, rinunciando
all'indifferenza. Oggi dobbiamo rispondere con un coraggio intraprendente e un
amore attivo, affrontando le sfide con rinnovata speranza e compassione verso
gli altri.
Scriveva il teologo tedesco Dietrich
Bonhoeffer: “Di tutto questo alla fine rimarrà soltanto una cosa, cioè l'amore
che abbiamo avuto nei nostri pensieri, nelle nostre preoccupazioni, nei nostri
desideri e speranze. Tutto il resto cessa, passa, tutto ciò che non abbiamo
pensato e desiderato per amore, tutti i pensieri, tutta la conoscenza, tutti i
discorsi senza amore finiscono: soltanto l'amore rimane in eterno”.
(Davide Romano)