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venerdì 13 settembre 2024

“Il sogno di una nazione guidata dal dovere. Elogio dell’America puritana” di Davide Romano, giornalista

 


Parlare dell'America puritana, oggi, suona come un ossimoro in una nazione che ha fatto della libertà individuale, dell'edonismo e del consumo sfrenato i suoi pilastri. Eppure, alle radici di quel grande esperimento chiamato Stati Uniti d'America, c'è proprio l’etica puritana, la stessa che ha modellato il carattere di una nazione destinata a diventare una superpotenza. Un’etica che, seppur criticata e talvolta derisa, merita un elogio, non fosse altro che per aver forgiato lo spirito di sacrificio, disciplina e responsabilità collettiva che ha reso l’America ciò che è.

 

L’etica del lavoro: “La vocazione come dovere”

Non si può parlare di puritanesimo senza menzionare Max Weber, il filosofo e sociologo tedesco che nella sua opera L'etica protestante e lo spirito del capitalismo scrisse: “La ricerca del successo economico non è immorale, anzi, per i puritani è il segno della grazia divina”. Per i primi coloni puritani sbarcati nel Nuovo Mondo, il lavoro non era semplicemente un mezzo per guadagnarsi da vivere, ma un dovere sacro, un modo per dimostrare a Dio che la loro vita aveva senso.

La "vocazione", nel senso weberiano, diventa la lente attraverso cui leggere il dinamismo economico e sociale degli Stati Uniti. I puritani non lavoravano per accumulare ricchezza fine a sé stessa, ma per glorificare Dio attraverso il loro impegno quotidiano. E fu proprio questa dedizione assoluta al lavoro a gettare le basi per quella straordinaria cultura imprenditoriale americana che, nel bene e nel male, ha conquistato il mondo.

 

La città sulla collina: “Una missione divina”

Quando John Winthrop, uno dei padri fondatori della colonia della Baia del Massachusetts, pronunciò nel 1630 il celebre discorso "A Model of Christian Charity", delineò una visione che avrebbe segnato per sempre l’identità americana: "Saremo come una città sulla collina. Gli occhi di tutto il mondo saranno su di noi". Per i puritani, l’America non era solo una terra di opportunità materiali, ma una missione divina. Il Nuovo Mondo doveva diventare un esempio morale per l’umanità, un luogo dove si praticava la giustizia, la carità e il rispetto delle leggi di Dio.

Questa visione millenarista, quasi profetica, ha continuato a riecheggiare nei secoli successivi, influenzando figure politiche come John F. Kennedy e Ronald Reagan, che hanno ripreso la metafora della "città sulla collina" per sottolineare la missione morale degli Stati Uniti nel mondo. Dietro la facciata del pragmatismo e della realpolitik, l'America non ha mai abbandonato l’idea di essere una nazione eccezionale, destinata a guidare il mondo non solo con il potere economico e militare, ma anche con i suoi principi etici.

 

La moralità della libertà: “La legge di Dio e quella degli uomini”

Per i puritani, la libertà era qualcosa di profondamente diverso da quella intesa nelle moderne democrazie liberali. Non era la libertà di fare tutto ciò che si desiderava, ma la libertà di fare ciò che era giusto. Come notò Alexis de Tocqueville nel suo classico La democrazia in America, “i puritani unirono in maniera straordinaria lo spirito della libertà e quello della religione”, creando un sistema in cui la legge civile rifletteva, almeno in teoria, la legge divina. In altre parole, la libertà non era mai disgiunta dal dovere.

Tocqueville rimase affascinato dall'idea che la libertà, per essere sostenibile, dovesse essere ancorata a una solida base morale. Il rischio di una libertà senza freni, ammoniva, sarebbe stata la disintegrazione sociale, un rischio che i puritani avevano ben compreso. La loro severa disciplina morale e religiosa fu, in questo senso, una salvaguardia contro gli eccessi di una libertà mal gestita. E sebbene l'America moderna abbia in gran parte abbandonato questo rigore puritano, la sua influenza si avverte ancora in molte istituzioni, dall'impegno per la giustizia sociale alla devozione per l'ordine costituito.

 

L’ironia del puritanesimo: “Peccatori nella mani di un Dio arrabbiato”

Ma il puritanesimo non era tutto rose e fiori. La severità morale dei padri pellegrini, con il loro ossessivo bisogno di purificare la comunità dai peccati, diede luogo a episodi inquietanti, come i processi alle streghe di Salem del 1692. Nathaniel Hawthorne, discendente di uno dei giudici di Salem, esplorò il lato oscuro del puritanesimo nel suo romanzo La lettera scarlatta, dove la protagonista, Hester Prynne, viene marchiata a vita per un peccato di adulterio. Hawthorne, come molti scrittori americani successivi, fu critico della rigidità puritana, ma al tempo stesso riconosceva che quella stessa rigidità aveva contribuito a costruire una società ordinata e rispettosa delle leggi.

E come dimenticare Jonathan Edwards, uno dei più influenti predicatori puritani del XVIII secolo? Nel suo sermone Peccatori nelle mani di un Dio arrabbiato, Edwards descrisse l’umanità come appesa a un filo sopra le fiamme dell’inferno, trattenuta solo dalla misericordia di un Dio che, per la maggior parte del tempo, sembrava tutto tranne che benevolo. L'ironia del puritanesimo è che, pur predicando la salvezza attraverso la grazia, riusciva a far sentire i fedeli come dei condannati già in vita, costretti a un’esistenza di penitenza e autocontrollo.

 

Il lascito puritano: “Un’eredità complessa”

Eppure, nonostante queste ombre, il lascito del puritanesimo americano è innegabile. Come sottolineò lo storico Perry Miller, "il puritanesimo è stato il motore segreto della cultura americana, una forza che, per quanto criticata e spesso rimossa dalla memoria collettiva, continua a plasmare la coscienza nazionale". L’etica del lavoro, il senso del dovere verso la comunità e la convinzione che l'America abbia una missione morale nel mondo sono tutte radici puritane che affondano nella storia e che, volenti o nolenti, ci accompagnano ancora oggi.

La grandezza dell’America puritana, dunque, non sta solo nelle sue virtù o nei suoi successi economici, ma nella sua capacità di tenere insieme libertà e responsabilità, individualismo e senso del dovere. Un equilibrio che, sebbene fragile, ha permesso alla nazione di crescere e prosperare. Forse è proprio questo che dobbiamo ricordare: l’America puritana non è un ricordo nostalgico di tempi passati, ma una lezione vivente di cosa significa costruire una società dove la libertà si coniuga con il dovere e la religione con la legge.


mercoledì 6 marzo 2024

Palermo 13 aprile, Si presenta il volume “Vita di Gesù e altri scritti” dello scrittore russo Lev Tolstoj

Appuntamento sabato 13 aprile, alle ore 17, presso i locali del Centro Agape della Chiesa Cristiana Evangelica Mennonita, in via Rinaldo d'Aquino n. 9, a Palermo, per la presentazione del volume dello scrittore russo Lev Tolstoj, “Vita di Gesù e altri scritti”, curato dal giornalista Davide Romano. Modererà l’incontro il pastore della comunità Franco Arena.

“L’esigenza di superare la frammentarietà delle interpretazioni teologiche fu dunque all’origine dell’intenso lavoro di rilettura-riscrittura dei quattro Vangeli che Tolstoj iniziava e portava a termine nell’arco di due anni, fra il 1880 e il 1881, proprio allo scadere del decennio cruciale degli anni Settanta – scrive Romano nella prefazione nel libro –. Ne veniva fuori l’Unificazione e traduzione dei quattro Vangeli, cui seguiva alcuni anni dopo la pubblicazione di un compendio divulgativo, la Breve esposizione dell’Evangelo”.

“L’idea centrale dell’insegnamento evangelico è rappresentata, nella concezione tolstojana, dal Discorso della montagna, in cui Gesù pronuncia il grandioso messaggio delle beatitudini. (…) Avviene così la genesi della Vita di Gesù proposta in questa pubblicazione – continua Romano nella stessa prefazione –. La natura umana del Cristo tolstojano balza in primo piano; ma l’accento è posto sulla parola di Gesù, sulla semplicità del suo messaggio, sulla naturalezza con cui egli indica la via verso il bene, con cui cerca di orientare l’umanità, smarrita nella ricerca di un significato. Le parole di Cristo costituiscono la base anche del secondo scritto, La felicità, ma in una forma che è più quella di una piccola prosa filosofica, in cui la valenza etica dell’insegnamento cristiano viene esplicitata fino a diventare un modello comportamentale: in tal senso, forse, può apparire evidente la straordinaria attualità, o meglio, l’immortalità del messaggio religioso, così come ci viene consegnato dall’impareggiabile scrittore russo”.

Nell’ambito della stessa iniziativa, verranno presentati anche altri due volumi del celebre narratore russo: “Riflessioni di un vegetariano”, sempre curato dallo stesso Romano; e “I piaceri viziosi”.

sabato 9 dicembre 2023

“Servire i poveri per rimanere umani” di Davide Romano, giornalista

 


Nel cuore di ogni società, la questione della povertà emerge come un richiamo urgente alla compassione e all'azione. Servire i poveri non è soltanto un atto di beneficenza, ma un impegno profondo che riflette il nostro riconoscimento condiviso della dignità umana e dell'uguaglianza. Come afferma Mahatma Gandhi, "La vera grandezza di una nazione risiede nel modo in cui tratta i suoi membri più vulnerabili."

La solidarietà e il senso di comunità che emergono dal servizio ai poveri non solo connettono le persone, ma gettano le basi per una società più forte e resilienti. Come Martin Luther King Jr. ha sottolineato, "Ogni volta che alziamo gli altri, ci innalziamo anche noi stessi." In questo spirito, il servizio ai poveri diventa una pietra angolare per costruire relazioni umane significative e sostenere l'unità nella diversità.

La riduzione delle disuguaglianze, una sfida che affligge molte società, richiede un impegno costante nel servire i poveri. Come dichiara Nelson Mandela, "La vera prova di una società avanzata non è la magnificenza delle sue costruzioni, ma il benessere di tutti i suoi membri." Investire in programmi che offrono opportunità di formazione e sostegno economico è un passo essenziale per garantire che ogni individuo possa contribuire al progresso collettivo.

L'importanza di servire i poveri non si limita all'aspetto economico, ma si estende anche alla dimensione personale. Madre Teresa di Calcutta sottolinea questa connessione profonda quando afferma: "Nel servire gli altri, troviamo la gioia che non può essere espressa." Questa gioia, derivante dall'atto di dare, si traduce in una forza motrice che spinge le persone a continuare a lottare per un mondo più equo.

Infine, l'azione di servire i poveri è fondamentale per la costruzione di un'economia sostenibile. Il premio Nobel per la pace Muhammad Yunus, pioniere del concetto di microcredito, afferma che "L'uso intelligente del microcredito può contribuire a liberare le energie umane e a creare condizioni per un futuro sostenibile." Un'economia equa e inclusiva è la chiave per garantire che nessuno sia lasciato indietro.

Il servizio ai poveri, insomma, è un imperativo morale che richiede l'impegno di tutti. Come afferma Papa Francesco, "La povertà non è destinata a esistere in modo perpetuo. Possiamo debellarla eliminando le cause strutturali della povertà e promuovendo lo sviluppo integrale dei più vulnerabili della nostra società." È attraverso il servizio compassionevole ai poveri che possiamo realmente sperare di creare una società che riflette i valori universali di giustizia, uguaglianza e amore.

“Italia un Paese di scrittori (che non leggono)” di Davide Romano

L'Italia, si dice spesso, è il Paese dei santi, poeti e navigatori. Ma oggi, forse, sarebbe più corretto aggiornarlo così: il Paese de...