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venerdì 13 settembre 2024

“La Chiesa Anglicana fra tradimenti e silenzi” di Davide Romano, giornalista

 


“Quando la Chiesa dimentica di essere la casa della verità e si preoccupa solo di conservare il proprio potere, diventa complice del peccato che avrebbe dovuto denunciare”. Le parole di Hans Küng, teologo svizzero e acuto critico delle istituzioni religiose, sembrano descrivere perfettamente la crisi che ha travolto la Chiesa Anglicana, una delle colonne spirituali della Gran Bretagna, che è stata scossa da numerosi scandali che l'hanno allontanata dalla missione di Cristo. 

In questa analisi, cercheremo di capire come questa crisi sia esplosa e perché la Chiesa d'Inghilterra sembri sempre più lontana dal risorgere. Come ammoniva il Vangelo di Luca: “Non c'è nulla di nascosto che non sarà rivelato, né di segreto che non sarà conosciuto” (Luca 12:2). E i segreti, nel caso della Chiesa Anglicana, sono ormai in bella vista.

 

Il crollo morale e il caso degli abusi

Uno dei capitoli più devastanti riguarda gli abusi sessuali. Il Rapporto IICSA del 2019 ha sollevato il velo su decenni di orrori nascosti all'interno della Chiesa Anglicana. Tra il 1940 e il 2018, furono identificate almeno 384 vittime di abusi sessuali. Le accuse non si limitano a semplici membri del clero, ma coinvolgono alte gerarchie che, invece di intervenire, hanno scelto di coprire gli abusi per proteggere la reputazione dell’istituzione. Come il profeta Isaia scriveva: “Le tue mani sono piene di sangue” (Isaia 1:15). Quel sangue simbolico è ora davanti agli occhi di tutti.

Un esempio drammatico è stato il caso di Peter Ball, vescovo di Gloucester, condannato per aver abusato di giovani ragazzi. Nonostante le accuse fossero state sollevate già negli anni ’90, la Chiesa lo difese, garantendogli protezione, persino tramite membri della famiglia reale. Lo storico Adrian Hastings scrisse in quel periodo che “l’arroganza del potere ecclesiastico sembra prevalere sull’umiltà della fede,” un’osservazione che si rivela tristemente profetica. Come dice San Paolo: “I vescovi devono essere irreprensibili” (Tito 1:7), ma in questo caso, l'irreprensibilità è stata sacrificata sull’altare dell’omertà.

 

Il declino della fede: i numeri di un disastro spirituale

Al di là degli scandali morali, la Chiesa Anglicana è minata da un progressivo abbandono della fede da parte dei suoi fedeli. Secondo un sondaggio di YouGov del 2020, solo il 12% degli inglesi si dichiara ancora anglicano, un crollo impressionante rispetto al 40% del 1980. Ma il dato più allarmante è la partecipazione attiva: meno del 2% della popolazione britannica partecipa regolarmente alle funzioni religiose.

Philip Jenkins, noto storico della religione, ha sottolineato che "le istituzioni religiose che cercano di adattarsi troppo velocemente alla modernità, paradossalmente, perdono sia il senso della tradizione che la fiducia dei fedeli". La Chiesa Anglicana, con i suoi tentativi di rimanere rilevante di fronte a una società sempre più secolarizzata, ha progressivamente perso di vista il suo mandato spirituale. Si ripete così il monito del Vangelo: “Il sale ha perso il suo sapore, con che cosa lo si renderà salato?” (Matteo 5:13).

 

Corruzione e gestione delle proprietà: il denaro sopra la fede?

Altro grande nodo riguarda la gestione del patrimonio immobiliare della Chiesa. Si stima che la Chiesa Anglicana possieda asset per un valore di circa 8.7 miliardi di sterline, ma le continue vendite di chiese e terreni stanno alimentando critiche per una gestione miope. Lord George Carey, ex arcivescovo di Canterbury, ha commentato in merito: “La Chiesa sta vendendo la sua anima per far fronte a una crisi economica, ma la crisi è spirituale”.

Le vendite di edifici storici, spesso trasformati in alberghi di lusso o residenze private, sono state duramente criticate anche da esponenti laici. L’economista David McWilliams ha definito questa operazione “una svendita del patrimonio spirituale dell’Inghilterra”. Il filosofo Alasdair MacIntyre ha poi riflettuto sul declino delle istituzioni religiose occidentali, osservando che “il capitalismo moderno corrompe le strutture tradizionali, compresa la Chiesa, dove il profitto diventa il fine anziché il mezzo”.

 

Le divisioni sui diritti civili: una chiesa spaccata

Le questioni morali hanno ulteriormente diviso la Chiesa. Il dibattito sull’ordinazione di vescovi omosessuali e il matrimonio tra persone dello stesso sesso ha creato uno scisma. Durante la Lambeth Conference del 2022, molti vescovi provenienti da paesi africani, dove la Chiesa Anglicana è particolarmente influente, si sono opposti violentemente alle aperture progressiste della leadership britannica. John Sentamu, arcivescovo emerito di York, ha osservato con amarezza: “Questa non è più la Chiesa unita che una volta portava il Vangelo in tutto il mondo”.

Le province africane, come la Nigeria e l’Uganda, hanno minacciato di abbandonare la Comunione anglicana, ritenendo che la Chiesa britannica abbia tradito i valori tradizionali. In merito, G.K. Chesterton, noto scrittore cristiano, diceva: “La Chiesa non ha bisogno di cambiare per rimanere fedele, ma di rimanere fedele per cambiare il mondo”.

 

Riflessioni bibliche sul futuro della chiesa

Il futuro della Chiesa Anglicana appare incerto. L’abbandono dei fedeli, le divisioni interne e il tradimento dei principi fondamentali lasciano molti a chiedersi se l’istituzione possa ancora recuperare la sua posizione di guida morale. “Chi scandalizza uno di questi piccoli che credono in me, è meglio per lui che gli sia appesa al collo una macina” (Matteo 18:6). Le parole di Cristo echeggiano sinistramente nel contesto di oggi. La Chiesa, una volta faro morale del Regno Unito, sembra aver perso la sua strada.

La domanda finale rimane: c’è ancora spazio per il pentimento e la riforma? San Paolo scriveva: “Dove abbondò il peccato, sovrabbondò la grazia” (Romani 5:20), ma tale grazia deve essere cercata con un sincero ritorno alla verità. Il tempo dirà se la Chiesa Anglicana sarà in grado di risollevarsi, o se affonderà definitivamente nel suo declino.

 

Fonti:

•        Independent Inquiry into Child Sexual Abuse (IICSA), 2019

•        YouGov, 2020-2022

•        Chesterton, G.K. "Orthodoxy", 1908

•        Jenkins, Philip. "The Next Christendom", 2002

•        Alasdair MacIntyre. "After Virtue", 1981

 

martedì 15 agosto 2023

"L’eremita delle Madonie" di Davide Romano

Una manciata di case gettata sulla catena montuosa siciliana delle Madonie, poche migliaia di anime un tempo dedite quasi esclusivamente alla coltivazione e alla raccolta della manna.

Castelbuono, un centro che dista poco più di cinquanta chilometri da Palermo, oggi e una località segnalata in quasi tutte le guide turistiche soprattutto per il suo magnifico castello, i ristoranti rustici e i suoi alberghi. Ma non solo. Nell’articolata geografia religiosa dell’Isola il piccolo comune madonita è da tempo noto anche come vivaio di vocazioni alla vita consacrata. E, in particolare, per una speciale forma di quest’ultima: quella eremitica. C’è infatti una lunga tradizione di uomini in fuga dal mondo e gelosi della propria solitudine.

L’ultimo in ordine di tempo è un giovane di poco più di trent’anni, minuto, il volto scavato, gli occhi piccoli e accesi, una folta barba e i capelli rasati. Quasi raggomitolato nel suo abito di panno rozzo, sembra emergere da un’altra epoca.

Si chiama frate Rosario Leonarda, e originario della stessa Castelbuono e vive in un piccolo eremo in pietra viva ai margini del paese messogli a disposizione dal vescovo di Cefalù.

Mi accoglie in una stanzetta buia. «La luce non ce l’ho – mi dice subito –, dobbiamo aspettare che si alzi il sole». All’interno qualche candela, un letto di assi, un tavolo con sopra un cucinino e, accanto a questo, una radio. «Ascolto solo Radio Maria» si giustifica.

Poi s’informa: «Sei venuto per parlare? No? Dovrei raccontarti la mia vita? Ma a chi può interessare? E una vicenda normale come tante altre».

Lo convinco che è piuttosto singolare che, nell’era della comunicazione globale, un uomo decida di vivere da solo tagliando i ponti con la società. «Se pensi che possa aiutare qualcuno ad avvicinarsi a Dio, allora va bene: ti racconto la mia storia».

Nato nel maggio del 1967, ultimo di sei figli di una famiglia semplice e contadina, in paese lo descrivono come un bambino sveglio e vivace. Come molti suoi coetanei, dopo le medie, frequenta l’istituto alberghiero.

«A diciotto anni ho fatto la prima esperienza presso un convento di frati». Poi i ricordi si fanno più confusi, nel racconto del “piccolo eremita” qualcosa non quadra. Parla di due anni di permanenza a Corleone nel noviziato dei Francescani rinnovati, ma non sa collocare con precisione il periodo nel tempo.

La gente di Castelbuono racconta, invece, la storia di un giovane allegro partito come volontario per il Libano, durante il servizio militare, e tornato, qualche anno dopo, con uno sguardo spento, attraversato da strane visioni di morte. La gente parla ancora di un giovane tornato vecchio, rimasto per mesi segregato in silenzio a casa sua e partito all’improvviso una mattina, quasi di nascosto, per farsi frate.

«Mentre ero a Corleone – riprende Rosario, – mi sentivo chiamato a vivere con Dio nella solitudine. Ma non è come pensano le persone che si entra in monastero e si decide. È necessario fare un lungo discernimento per capire cosa Dio vuole da noi». Alla vigilia dei voti, decide di uscire dal convento. Va allora in Svizzera a lavorare per qualche anno come cuoco.

«Avevo bisogno di chiarirmi le idee», spiega. «Per chi ha vissuto in un ambiente protetto come una comunità religiosa, il mondo è una giungla violenta. Lavorando, però, ho riscoperto la realtà della vita materiale, ho imparato che nella fatica d’ogni giorno è possibile incontrare Dio».

Nel 1991 altra decisione apparentemente repentina. Si licenzia e torna a casa. «Me ne sono andato quando ho capito che la mia esperienza lì era finita. Sono cose che senti, è inutile spiegare come avvengono», chiosa.

Un giorno, passeggiando per i boschi che circondano il paese, incontra frate Gabriele, un eremita figlio di un diplomatico argentino in Italia che, dopo aver passato più di dieci anni sepolto in un monastero cistercense vicino Roma, si era stabilito in un piccolo rifugio sui monti a pochi chilometri da Castelbuono.

«Rimasi subito affascinato dal suo ideale di radicalismo evangelico, – continua – ma avevo paura. Non mi sentivo pronto. Non sempre puoi fare quello che desideri. Ci sono tempi e momenti per ogni cosa. Quando il tempo è maturo, la cosa non ti costa fatica. Nella vita ho imparato che bisogna sapere attendere che i fiori sboccino da soli. Forzandoli, li si uccide solamente».

Dopo un anno, torna un’altra volta in convento a Corleone. Ma lì capisce finalmente qual è la sua strada. Va, quindi, dal suo vescovo per chiedergli consiglio. «Il mio pastore è un uomo molto buono e molto saggio. Mi affidai a lui e promisi nelle sue mani di essere povero, casto e obbediente per tutta la vita».

Da allora vive nel piccolo eremo ai bordi del centro abitato.

«Conduco una vita normale», dice. «Mi alzo alle otto. Sì, lo so è un po’ tardi. Prima mi ponevo il problema. Dopo ho pensato che, se anche dormo un po’ di più, Dio mi vuole bene lo stesso. O no?». Il resto della giornata lo dedica a fabbricare piccoli oggetti in legno o in gesso e a dipingere icone.

«Lavoro dalle quattro alle sei ore al giorno se nessuno viene qui a trovarmi. Molta gente vuole che l’ascolti. Oggi nessuno ne ha più il tempo. In quanto alla pittura, ho imparato da solo osservando alcuni monaci. Le cose che faccio le regalo».

Sul suo tavolo ci sono alcune tavolette e dei fogli incolonnati. Li prende e ci spiega la complessa esegesi delle figure sacre. Notiamo che i volti, stranamente, si assomigliano un po’ tutti e ricordiamo quello che la gente va dicendo in proposito su di lui. Qualcuno segnandosi narra, infatti, che una notte frate Rosario pregando ha parlato con Dio e l’ha anche visto…

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I fioretti di fra Rosario

«Vivo nel presente, giorno per giorno. Il domani appartiene a Dio solo. Perché allora preoccuparsene?»

«Leggo solo la Bibbia, le opere di Santa Teresa d’Avila e di San Giovanni della Croce. Da qualche tempo anche i mistici orientali. I documenti del magistero? Io non ne so di teologia, non li capisco…»

«Quelli che nella Chiesa fanno carriera diventando magari vescovi o cardinali, quelli che in nome di Dio si arricchiscono morendo lordati di denaro… mi provocano solo compassione e misericordia perché hanno perso di vista l’unica cosa essenziale nella loro vita: Dio e il suo amore per tutti gli uomini. Sono stati abbagliati dalla gloria del mondo e dal demonio. Io non ho paura di giudicare chi si comporta così. Ogni cristiano, infatti, è chiamato a scegliere il bene e a scartare il male, anche nella Chiesa. E poi l’ha detto Gesù: non chi dice “Signore, Signore” è cristiano anche se monsignore o cardinale»

«L’universo è nulla in confronto al mondo interiore d’ogni uomo, al suo cuore». 

“Italia un Paese di scrittori (che non leggono)” di Davide Romano

L'Italia, si dice spesso, è il Paese dei santi, poeti e navigatori. Ma oggi, forse, sarebbe più corretto aggiornarlo così: il Paese de...