Seguimi

 


E mi dicesti “seguimi”,
nel bianco dell’alba che non aveva voce.
Era un soffio, uno spiraglio d’acqua
fra le pietre umide del cuore,
eppure tremò tutta la terra.

 

Ho lasciato le reti,
ma non sapevo di portarmi dietro
le ombre, le notti ferite,
la ruggine dei giorni che non passano.
Sono venute con me come mendicanti
che chiedono pane e non lo trovano.

 

Il tuo passo era leggero,
quasi un’onda che torna,
quasi un nome sussurrato da chi muore
eppure si ostina a vivere.
In quell’eco mi sono perso,
e nel perdermi ho ritrovato il fiato.

 

Hai toccato il mio silenzio
come un vento che sfiora il grano
prima della tempesta.
Ho capito allora
che seguire è tacere,
lasciare che il buio cada a pezzi
e non cercare di salvarlo.

 

Mi hai detto “vieni”,
e veniva con te una luce sottile,
una resa senza vergogna,
un filo d’oro tra due piaghe.
Così ho camminato,
scalzo nella sera,
sassiduro e sangue nelle mani,
ma con gli occhi pieni di te.

 

Ora lo so: non si finisce mai
di cominciare a seguirti.
Ogni giorno è un primo giorno,
ogni dolore una nuova frontiera.
E tu cammini ancora davanti,
fra la polvere e il vento,
con la tua voce breve
che spacca il silenzio:
“seguimi”.

(D. R.) 

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