“La Chiesa Episcopale Americana. Storia di un declino elegante” di Davide Romano

 


Come la denominazione dei presidenti e dell'élite WASP sta scomparendo con stile britannico

 

C'è qualcosa di tremendamente inglese nel modo in cui la Chiesa Episcopale americana sta affrontando il proprio tramonto. Niente drammi, niente scene. Solo una lenta, inesorabile ritirata accompagnata da paramenti impeccabili e liturgie perfette. Se bisogna morire, almeno farlo con stile.

 

La Chiesa dei Presidenti

Quando nacque, subito dopo la Rivoluzione americana, la Chiesa Episcopale si trovò in una posizione curiosa. Doveva recidere i legami con la Corona britannica - pena l'accusa di tradimento - ma non voleva certo gettare alle ortiche secoli di tradizione anglicana. La soluzione fu dichiarare un'identità duplice: protestante e cattolica insieme. Protestante perché rivendicava libertà di lettura delle Scritture, cattolica perché manteneva vescovi, altari e sacramenti.

Era, in sostanza, il cristianesimo della rispettabilità. Studiosi, avvocati, senatori e giudici ne frequentavano i pulpiti. Per centocinquant'anni, se volevi capire come funzionava l'America che contava, dovevi osservare gli episcopali la domenica mattina. Non era la Chiesa più numerosa - questo primato spettava ai battisti o ai cattolici - ma era certamente la più influente.

Oggi quell'aura sembra un richiamo vintage, come i giradischi o le macchine da scrivere. Oggetti belli da guardare, ma sostanzialmente inutili nel mondo moderno.

 

I numeri non mentono

Alla fine del 2023, la Chiesa contava circa un milione e cinquecentoquarantamila membri battezzati, di cui poco meno di un milione e quattrocentomila negli Stati Uniti. Sembrano tanti, finché non li si confronta col passato. Nel 1965, erano 3,5 milioni, oltre il 3% della popolazione americana. Oggi rappresentano meno dello 0,5% di 330 milioni di americani.

Il declino dell'ultimo decennio è stato particolarmente brutale. La perdita di membri nell'ultimo decennio si attesta al 23%, mentre il calo nelle presenze alle funzioni raggiunge il 32%. Nel 2024 si sono registrati 19.624 battesimi tra bambini e adulti, un calo considerevole rispetto agli oltre 28.000 del 2014.

Eppure c'è un dato curioso: le presenze alle funzioni sono aumentate del 10,69% nell'ultimo anno, una ripresa post-Covid. Ma è come dire che un malato terminale ha ripreso a respirare meglio: fa piacere, ma non cambia la diagnosi.

Nel 2014 la presenza media domenicale era di 604.938 persone. Dieci anni dopo è scesa a 398.887. Oltre un terzo - il 34% - di chi frequentava la chiesa dieci anni fa è andato perduto. Morti, indifferenti o semplicemente disabituati durante il lockdown.

Una proiezione del 2020 prevedeva che, mantenendo questo ritmo, non ci sarebbe più nessuno in chiesa verso il 2050. Una morte annunciata con largo anticipo, come nei romanzi vittoriani dove la tisi si porta via le eroine con infinita lentezza.

 

Sean Rowe e la riorganizzazione

A novembre 2024 è entrato in carica il nuovo vescovo presidente, Sean Rowe, eletto nel giugno 2024 per un mandato di nove anni. A 49 anni, è il più giovane vescovo presidente nella storia della Chiesa.

Rowe viene da Erie, Pennsylvania, dal mondo degli operai delle acciaierie. Non è figlio della élite episcopale di Boston o della Virginia. In rottura con la tradizione, ha annunciato che la sua investitura si sarebbe tenuta nella sede centrale della Chiesa a New York, anziché alla Cattedrale Nazionale di Washington. Una cerimonia ridotta, per diminuire l'impronta di carbonio. Tradotto: non ci sono più i soldi per i grandi eventi.

Uno dei suoi primi compiti è supervisionare una "riallineamento strutturale" delle operazioni, con un piano per risparmiare 3,5 milioni di dollari sul personale in tre anni, circa il 5% della forza lavoro. Non è esattamente il programma di un conquistatore.

Eppure Rowe ha coraggio. A gennaio 2025 ha preso posizione contro le politiche migratorie di Trump, definendo necessaria "misericordia per immigrati, rifugiati, gay, lesbiche e bambini transgender". Una posizione che gli è costata l'irritazione del presidente, che lo ha bollato come "estremista di sinistra".

 

Il paradosso progressista

Ed eccoci al cuore del problema. La Chiesa Episcopale ha scelto, da decenni, la strada del progressismo teologico. Dagli anni Sessanta ha svolto un ruolo di guida nei movimenti progressisti e social-liberali: si è opposta alla pena di morte, ha sostenuto i diritti civili, con leader e sacerdoti che marciarono coi dimostranti.

Molte diocesi ordinano uomini e donne apertamente omosessuali e celebrano matrimoni tra persone dello stesso sesso. Nel 2003, quando ordinò il primo vescovo apertamente gay, decine di congregazioni teologicamente conservatrici scelsero di andarsene in segno di protesta, seguendo anni di contenzioso su proprietà e beni.

La domanda che tutti si fanno è: la scelta progressista ha causato il declino? O il declino sarebbe avvenuto comunque? La comunità LGBTQ+ non ha inondato le chiese episcopali per sposarsi. Dal punto di vista dei membri e delle donazioni, la sinistra teologica che ha spinto il matrimonio gay ha fatto perdere alla Chiesa un numero immenso di fedeli e molti soldi per un esperimento largamente fallito.

Ma sarebbe troppo semplice ridurre tutto a questo. Tutte le denominazioni protestanti tradizionali stanno crollando, progressiste o conservatrici che siano. I metodisti, i presbiteriani, i luterani: tutti in picchiata. Il problema è più profondo.

 

Il problema della memoria

È curioso che una Chiesa che un tempo dettava i codici della rispettabilità religiosa americana oggi si ritrovi a essere minoranza attiva invece che maggioranza silenziosa. Una volta era "la Chiesa degli uomini potenti"; oggi è "la comunità dei pochi che resistono".

Il numero di congregazioni con meno di 50 presenze medie la domenica è aumentato drammaticamente: nel 2014 erano 2.489, nel 2024 erano salite a 3.102. Sono le piccole parrocchie rurali che stanno morendo, quelle che costellavano le città di provincia. Non possono più permettersi un prete a tempo pieno, e senza di lui le possibilità di crescita sono pressoché nulle.

Il paradosso è che i soldi ci sono. Nel 2014 il valore totale delle dotazioni finanziarie in tutta la chiesa era di 4,2 miliardi di dollari. Nel 2024 era salito a 7,9 miliardi. Ma il 20% di questi fondi è controllato da sole 32 comunità. E probabilmente rimarranno lì, mentre congregazioni più povere falliranno.

 

Le scuole per nativi: un passato da affrontare

Nel giugno 2024, durante la Convenzione generale a Louisville, la Chiesa ha dovuto confrontarsi con un capitolo oscuro del suo passato. Il sistema delle scuole residenziali per nativi americani, che lasciò nelle famiglie indigene "una scia di traumi e morte nel tentativo di assimilazione di massa alla cultura dei coloni bianchi".

Finora sono state identificate 34 scuole episcopali, ma le persone coinvolte nella ricerca affermano che l'elenco è destinato a crescere. La Chiesa, a differenza della cattolica in Canada, non ha ancora chiesto ufficialmente perdono. Prima di una ricerca e comprensione approfondite, chiedere perdono "non sarebbe all'altezza del compito di dire la verità, della giustizia e della guarigione", ha detto una portavoce.

È un approccio tipicamente episcopale: prima studiamo, poi ci scusiamo. Molto britannico. Ma intanto i registri ecclesiastici restano in gran parte non digitalizzati, nascosti negli archivi.

 

Rifugiati Afrikaner: una questione di principi

Nel maggio 2025, la Chiesa annunciò che avrebbe interrotto la collaborazione con un programma federale di reinsediamento rifugiati, in particolare dopo la richiesta di Washington di accogliere un gruppo di rifugiati sudafricani bianchi (Afrikaner) che la Chiesa riteneva non rispondenti ai criteri etici della propria missione.

In pratica: rifugiati sì, ma non se sono afrikaner bianchi che scappano dal Sudafrica post-apartheid. Una posizione che la dice lunga su come la Chiesa Episcopale interpreti oggi la giustizia sociale. E che certo non le guadagna consensi nella nuova amministrazione Trump.

 

Che fare?

La Chiesa Episcopale vive oggi una fase di grazia apparente: meno numeri, più intenzione; meno visibilità, più autenticità. È una consolazione per chi resta. Ma consolazioni a parte, i numeri non mentono.

Per la prima volta nell'ultimo decennio, le spese totali (oltre 2,545 miliardi di dollari) hanno superato le entrate totali (oltre 2,517 milioni di dollari). Le donazioni attraverso offerte e impegni continuano ad aumentare, ma rappresentano poco più della metà delle entrate.

L'età media dei membri è di 60 anni, e circa il 95% è bianco. Non serve essere demografi per capire cosa significa. Tra vent'anni, quando questi sessantenni bianchi saranno ottantenni o morti, cosa resterà?

 

Un epilogo elegante

Se c'è una cosa che gli episcopali sanno fare bene, è morire con classe. Le cattedrali rimangono impeccabili, i cori perfetti, le liturgie studiate. C'è un'America che ancora conserva cattedrali, pulpiti, paramenti liturgici, vescovi eleganti e cori perfetti. Eppure quella stessa America non si ferma più a contemplare la Chiesa.

La scelta è tra due opzioni ugualmente dolorose: rimanere com'era - e perdere ciò che resta - oppure reinventarsi - e rischiare di perdere l'omaggio nostalgico degli ex fedeli. In entrambi i casi la posta è alta: non solo la sopravvivenza, ma il senso stesso dell'essere Chiesa nel XXI secolo.

Il vescovo Rowe ha detto: "I giorni sono finiti, se mai sono esistiti, in cui diocesi, congregazioni e istituzioni della nostra chiesa potevano semplicemente andare per conto proprio e fare a modo loro. Dobbiamo riconoscere la nostra mutua interdipendenza, il nostro bisogno di svolgere il ministero insieme".

Belle parole. Ma la Storia è piena di belle parole pronunciate sul ponte del Titanic. E se la Chiesa ha smesso di essere quella dei presidenti, forse può ancora essere profeta. Sempre che qualcuno sia ancora disposto ad ascoltare profeti con la voce sempre più flebile, che predicano in cattedrali sempre più vuote.

Nel frattempo, da qualche parte in Pennsylvania, in una piccola chiesa episcopale che non può più permettersi un prete, un gruppo di fedeli si ritrova la domenica mattina. Sono una dozzina, forse quindici. Recitano le preghiere in uno spazio troppo grande per loro, sotto vetrate istoriate che raccontano storie di gloria passata. Fuori, l'America va avanti. Dentro, il tempo si è fermato.

È questo, alla fine, il destino della Chiesa Episcopale americana: diventare un museo vivente di un'America che non esiste più. Un posto dove puoi ancora vedere come erano le cose quando i WASP dominavano il mondo, quando bastava la giusta università e la giusta chiesa per aprire tutte le porte. Quel mondo è finito negli anni Sessanta, ma la Chiesa continua a celebrarne la liturgia. Con sempre meno fedeli, ma con immutata eleganza.

Dopotutto, se devi sparire, meglio farlo in bellezza.


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