Prigionieri in casa nostra

 


Commento a Luca 10, 38-42 di Davide Romano

 

Il cinema possiede una magia particolare: quella di trasportarci in altri mondi, altre storie, altre vite. Sul divano di casa o nel buio di una sala, ci lasciamo cullare da narrazioni che ci commuovono, ci edificano, ci trasformano. Fin da bambino sono rimasto incantato da questa arte, al punto che ogni volta che apro la Bibbia, per me inizia un film. Precipito letteralmente nella pagina, spesso con tanto di colonna sonora immaginaria.

A Cana mi sono sentito quasi ubriaco dal vino della gioia. E poi tutti quei pranzi e quelle cene: si inizia con le nozze di Cana e si conclude con l'Ultima Cena, passando per la tavola di Pietro, Levi, Simone, Zaccheo... Forse è anche per questo che ho preso qualche chilo! Come dice il Vangelo: "È venuto il Figlio dell'uomo, che mangia e beve, e dicono: Ecco un mangione e un beone, amico dei pubblicani e dei peccatori" (Mt 11,19).

Oggi vi invito a vivere insieme una pagina del Vangelo di Luca in modo cinematografico. Facciamo apparire davanti ai nostri occhi la piccola città di Betania - non quella oltre il Giordano dove operava Giovanni Battista, ma quella a pochi chilometri da Gerusalemme, che esiste ancora oggi con un nome diverso.

Questa cittadina compare più volte nei Vangeli: nella resurrezione di Lazzaro (Gv 11,1-45), nell'unzione di Gesù da parte di Maria (Gv 12,1-11), e nell'Ascensione (Lc 24,50). Vedete le sue case imbiancate dal sole sotto un cielo di cobalto? Gli ulivi che punteggiano il paesaggio, accarezzati dal vento nelle loro danze lente?

In questa cittadina, simile a tante altre, vivevano tre amici di Gesù: Lazzaro, l'energica Marta (troppo spesso citata a sproposito nelle predicazioni) e la mite Maria, probabilmente la più giovane.

Il Vangelo di Luca - l'unico a riferire questo episodio - ci dice: "Mentre erano in cammino, Gesù entrò in un villaggio e una donna, di nome Marta, lo ricevette in casa sua" (Lc 10,38). Un'improvvisata, dunque, probabilmente insieme ai discepoli.

Vi è mai capitato di ricevere ospiti all'improvviso? Ecco Marta che corre da una stanza all'altra, mentre sua sorella Maria rimane immobile ai piedi di Gesù ad ascoltarlo. Anche nell'episodio della resurrezione di Lazzaro, Marta va incontro a Gesù mentre Maria resta seduta in casa (Gv 11,20). Sempre seduta, questa ragazza!

Immaginate la scena: Marta con le braccia sui fianchi, o forse con una zuppiera in una mano e un mestolo nell'altra, che indica con il capo sua sorella e urla a Gesù: "Signore, non t'importa nulla che mia sorella mi abbia lasciata sola a servire? Dille dunque che mi aiuti!"

Tutto questo nel mezzo degli odori del cibo, del via vai dei servi, del brusio delle conversazioni, del vento che entra dalle finestre muovendo le tende e portando il profumo degli ulivi... Fermatevi un attimo. Osservate tutti i personaggi. Ci sarà stato dell'imbarazzo, forse si saranno fermati di colpo. Qualcuno avrà commentato sottovoce. Riuscite a vedere Gesù che fissa Marta e le risponde con quelle parole note ed edificanti?

Da bambino amavo costruirmi rifugi con sedie, scatole di cartone, piccoli mobili. Spazi immaginari che rappresentavano di volta in volta la mia casa, una fortezza, un castello. Luoghi dove sentirmi protetto, sicuro, dove inventare la mia vita di allora. Il problema era che spesso non sapevo più come uscirne, e dovevo chiamare mia madre in soccorso. Lei arrivava, mi sorrideva e mi tirava fuori dal mio rifugio sicuro.

Credo che la pagina del Vangelo di oggi ci parli proprio di questo: degli spazi vitali che ci costruiamo nel tempo e dentro i quali rischiamo di rimanere intrappolati. Spazi dai quali non riusciamo più a uscire e nei quali nessuno riesce più a entrare.

Marta è imbrigliata dentro i suoi rituali, in sé buoni, ma che la distraggono da ciò che accade persino nella sua casa, nella sua vita. Gesù sembra farsi ospite proprio per tirarla fuori dal disordine delle sue preoccupazioni, che la portano lontana da se stessa, dalla sua interiorità, ma soprattutto dal Signore che crede di star servendo.

La Bibbia ci offre una speranza di liberazione che non può venire da noi stessi, ma da un Altro che ci visita in modo inaspettato. L'ospite non atteso. Sorprendente.

Dio si fa ospite per portare una Parola. Maria si pone immediatamente all'ascolto, seduta in una posizione di accoglienza, quasi di resa, di obbedienza. Si mette in basso, ai piedi di Gesù, pronta a ricevere la sua parola. Perché la parola di senso e di verità che Dio pronuncia nelle nostre vite, nelle forme più imprevedibili, chiede di essere ascoltata e pienamente accolta.

Il più delle volte non ci accorgiamo neppure di questa parola, forse nemmeno di questa presenza nelle nostre esistenze. Gesù è lì, ma siamo impegnati a fare altro. Siamo troppo distratti, presi da cose che, come nel caso di Marta, sono senz'altro buone. Marta sta servendo il Signore, e anche noi talvolta nascondiamo la nostra chiusura alla sua parola dietro i nostri impegni spirituali.

Forse, come Marta, intuiamo qualcosa che non vogliamo ascoltare. "Parla, Signore, il tuo servo ti ascolta" - ma non adesso. "Sia fatta la tua volontà" - ma ho un'idea migliore, Signore. Facciamo a modo mio! Ne parliamo un'altra volta.

Per convincere noi stessi e gli altri di essere sulla strada giusta, cerchiamo di far ricadere la colpa sugli altri. Marta vuole distrarsi servendo, ma non vuole prendersi la responsabilità delle proprie scelte. Non agiamo forse allo stesso modo? Nervosi e insofferenti servitori del Signore.

Da Gesù ospite, giunto magari senza neppure avvertire, Marta si sarebbe aspettata parole diverse: conferme, riconoscimenti per il suo impegno, gratitudine. Invece il suo ospite improvviso e imprevedibile non sta al gioco. È venuto a liberare Marta dai suoi rituali, dai suoi convincimenti - persino quelli buoni - nei quali è rimasta imprigionata.

Gesù risveglia Marta dalla sua incapacità di accogliere la novità che è entrata nella sua casa e di cui non riesce più ad accorgersi.

Possiamo fare tanto bene, come Marta, essere operosi e lodevoli servitori del Signore, ma diventare anche prigionieri del bene che facciamo, dell'immagine inossidabile di noi stessi che ci costruiamo negli anni.

Marta è intrappolata nel labirinto del suo dovere, e questo l'ha resa inaccessibile persino a Dio. Non lo ascolta più, non lo accoglie davvero. Si illude di farlo, ma in cuor suo sa che non è così.

Anche la vita di servizio più ammirevole può diventare una fortezza nella quale Dio e il nostro prossimo non possono più entrare. Come quelle fortezze che mi costruivo da piccolo, dalle quali dovevo chiamare mia madre per liberarmi.

John Lennon cantava: "La vita è quello che ti accade mentre sei occupato a fare altri progetti".

Che oggi la Vita ci accada davvero! Che il Signore ci liberi dalle dorate prigioni che ci siamo costruiti, che arrivi inaspettato e ci trovi pronti ad accoglierlo con le orecchie e il cuore aperti!

 

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