Non fu un grido,
ma un ramo spezzato nel vento
a destarmi.
La polvere cadeva dal cuore
come neve su pietra calda.
Avevo dimenticato il nome,
la lingua dell’infanzia,
il passo che non teme la luce.
Eri là,
nell’ombra che tremava sul muro
d’un convento chiuso al tempo.
Non parlavi,
ma ogni cosa ti cedeva voce:
l’acqua che cadeva tra i sassi,
il pane duro,
il fiato che ritorna al petto
quando la notte si placa.
Sono entrato
come chi si sveste del sangue
e chiede perdono al silenzio.
Ora respiro
nella fenditura del cielo
che si apre tra le spine.
Non so più nulla,
ma ardo
d’un fuoco che non consuma.
(D. R.)
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