“L'Italia? Un Paese dove tutti rubano e nessuno ruba mai. Piccolo manuale di sopravvivenza per chi (fesso) ancora crede nell'onestà” di Davide Romano

 



Cari lettori, permettetemi di cominciare con una piccola confessione: ogni volta che qualcuno mi dice "ma non siamo mica tutti corrotti", io rispondo sempre "avete ragione, alcuni sono solo corruttibili". È una differenza sottile ma fondamentale, che spiega perché l'Italia rimane ostinatamente ancorata al 52° posto mondiale nell'Indice di Percezione della Corruzione 2024, con un deludente 54 su 100.

Ma i numeri, si sa, raccontano solo una parte della storia. La verità è che noi italiani abbiamo trasformato la corruzione in una forma d'arte, un balletto elegante dove tutti sanno i passi ma nessuno ammette di ballare.

 

I numeri della vergogna

L'Italia nel 2024 ottiene 54 punti su 100 e si colloca al 52° posto nella classifica globale ed al 19° posto tra i 27 Paesi membri dell'Unione Europea secondo l'Indice di Percezione della Corruzione (CPI) 2024 di Transparency International¹. Per la prima volta dal 2012, registriamo un'inversione di tendenza negativa. Dopo anni di lenti miglioramenti, siamo tornati indietro. E sapete perché? Perché abbiamo smesso di fingere che le cose stessero migliorando.

L'ISTAT, nella sua indagine "La corruzione in Italia. Anno 2022-2023" pubblicata nel giugno 2024², ha indagato otto settori chiave (sanità, assistenza, istruzione, lavoro, uffici pubblici, giustizia, forze dell'ordine, public utilities) coinvolgendo le famiglie in dinamiche corruttive. La quota di persone che conoscono casi di corruzione è scesa dall'8,3% del 2022-2023. Ma non illudetevi: non è che la corruzione sia diminuita, è che abbiamo imparato a non vederla più.

 

La sanità: il regno delle tangenti in camice bianco

Cominciamo dalla sanità, settore dove la corruzione diventa particolarmente odiosa perché si nutre della sofferenza altrui. Rappresenta circa il 60% del bilancio di una regione senza contare l'indotto dei concorsi, degli appalti, dell'assistenza. Una montagna di soldi dove il malato non conta nulla.

In Calabria, tre arresti per corruzione negli appalti della sanità, con due imprenditori e un dirigente medico-docente universitario dell'Azienda "Dulbecco" messi ai domiciliari e 13 dipendenti di strutture sanitarie sospesi³. Ma il caso che più mi ha colpito è quello pugliese: Paola Andriani e suo marito, il dirigente della Asl Bari Nicola Iacobellis, arrestati per un giro di tangenti legati ad appalti dell'Azienda sanitaria locale, avevano la predilezione per gli oggetti di lusso che acquistavano rigorosamente con danaro contante⁴.

"Sono tutta decorata Cartier, Vuitton, Hermes", si vantava la moglie del dirigente. Ecco la faccia della corruzione italiana: non più la mazzetta in una busta di carta, ma borse di Hermès pagate cash mentre i malati aspettano ore al pronto soccorso.

E che dire della Sicilia? La gestione degli appalti nella sanità siciliana sarebbe stata in mano a un comitato d'affari criminale composto da dirigenti pubblici, lobbisti, imprenditori del settore, con appalti truccati per 130 milioni di euro⁵. Un sistema perfetto dove tutti sapevano, tutti tacevano, tutti incassavano.

 

Gli appalti: la gallina dalle uova d'oro della corruzione

Corruzione per appalti da 12 milioni, quattro arresti, coinvolto un dipendente infedele di una partecipata dallo Stato⁶. Gennaio 2024, l'ennesimo scandalo che fa notizia per un giorno e viene dimenticato il giorno dopo. La Guardia di finanza sta indagando su presunti casi di corruzione nei lavori edili delle carceri in Italia⁷. Persino le prigioni, luoghi simbolo della giustizia, diventano teatri di corruzione.

Le ingenti risorse destinate agli appalti rendono tale settore particolarmente vulnerabile alla corruzione, che a sua volta in Italia è contraddistinta da uno stretto legame con la criminalità organizzata⁸. L'Unità di Informazione Finanziaria della Banca d'Italia lo dice chiaramente: gli appalti pubblici sono un sistema disastrato dove corruzione e criminalità organizzata si danno la mano.

 

L'arte italiana del non vedere

Ma il vero genio italiano non sta nel corrompere o nell'essere corrotti: sta nel non vedere. Noi italiani siamo maestri nell'arte del non accorgersi. È un talent naturale, una capacità innata che ci permette di convivere con la corruzione senza esserne troppo disturbati.

Prendiamo il caso della "decorata Cartier": tutti sapevano che una dirigente ASL non poteva permettersi quelle borse con lo stipendio pubblico. Ma nessuno ha mai fatto domande. Perché? Perché in Italia fare domande è maleducazione, e la maleducazione è peggio della corruzione.

 

Il popolo dei santi, dei navigatori e dei furbetti

Diceva Giulio Andreotti che "a pensare male si fa peccato ma spesso ci si azzecca". Noi italiani abbiamo fatto di questa massima un'arte di vivere. Non pensiamo male, semplicemente non pensiamo. È più comodo.

Oltre la metà dei paesi analizzati ha un punteggio inferiore a 43 su 100 nell'indice globale di percezione della corruzione⁹. Potremmo consolarci pensando che altri stanno peggio di noi. Ma è una consolazione da perdenti. Noi non dovremmo confrontarci con i paesi del Terzo Mondo, dovremmo confrontarci con la Germania (che ha 81 punti), con la Francia (71 punti), con la Spagna (60 punti)¹⁰.

 

La corruzione delle piccole cose

Ma la vera corruzione italiana non è quella dei grandi scandali. È quella delle piccole cose, dei favori quotidiani, delle raccomandazioni sussurrate, dei "ma lei non sa chi sono io" pronunciati con l'aria di chi sta facendo un favore a tutti.

È il primario che fa saltare la fila al figlio dell'amico. È il funzionario comunale che "sistema" la pratica in cambio di un invito a cena. È il poliziotto che chiude un occhio sulla contravvenzione perché "ci conosciamo da una vita". È il professore universitario che passa l'esame al raccomandato. È il giudice che telefona al collega per "una parolina".

 

I corrotti senza colpa

Il bello della corruzione italiana è che nessuno si sente colpevole. Tutti si sentono vittime di un sistema che li costringe a comportarsi così. "Se non lo faccio io, lo fa un altro", diciamo. "Il sistema funziona così", aggiungiamo. "Almeno io non rubo veramente", concludiamo.

Ma la verità è che il sistema siamo noi. Non è una entità astratta che ci opprime dall'alto. Siamo noi che ogni giorno, con le nostre piccole complicità, le nostre piccole disonestà, le nostre piccole prepotenze, alimentiamo questa macchina della corruzione.

 

Il prezzo della normalizzazione

Il vero dramma dell'Italia non è di essere un paese corrotto. È di aver normalizzato la corruzione. Di averla resa accettabile, comprensibile, quasi necessaria. "Poverino", diciamo del funzionario che prende la tangente, "lo fa per la famiglia". "È furbo", diciamo dell'imprenditore che corrompe, "almeno sa come funziona il mondo".

Ma ogni volta che diciamo "poverino" o "è furbo", stiamo legittimando un sistema che ci sta divorando dall'interno. Stiamo dicendo ai nostri figli che la disonestà è accettabile, che le regole sono optional, che l'importante è non farsi beccare.

 

I giovani e la speranza perduta

C'è una generazione di italiani che cresce pensando che la corruzione sia normale. Che il raccomandato sia una figura sociale accettabile. Che la "spintarella" sia un diritto acquisito. Che la meritocrazia sia una parola vuota usata solo nei discorsi ufficiali.

Questi giovani non sono cattivi, sono solo realistici. Hanno capito che in Italia conta più chi conosci di quello che sai. Che l'onestà è un lusso che non tutti possono permettersi. Che la furbizia è una virtù più apprezzata della competenza.

 

La democrazia delle raccomandazioni

Noi italiani abbiamo inventato una forma particolare di democrazia: la democrazia delle raccomandazioni. Non vince il migliore, vince il più raccomandato. Non ha successo il più bravo, ha successo il più furbo. Non viene promosso il più competente, viene promosso il più simpatico al capo.

E tutto questo lo chiamiamo "normalità". Anzi, chi protesta viene guardato con sospetto. "Ma cosa vuole questo?", diciamo. "Vuole forse che il mondo funzioni secondo le regole?". E ridiamo, perché l'idea che il mondo possa funzionare secondo le regole ci sembra ridicola.

 

Conclusioni di un paese che non vuole guarire

Allora, siamo un paese di corrotti e di corruttibili? Sì, lo siamo. Ma non perché siamo cattivi, siamo così perché siamo comodi. Perché cambiare sistema significa cambiare noi stessi, e noi stessi ci piacciamo così come siamo.

Preferiamo rimanere al 52° posto mondiale piuttosto che fare la fatica di diventare onesti. Preferiamo continuare a lamentarci del sistema piuttosto che impegnarci per cambiarlo. Preferiamo restare corrotti e corruttibili piuttosto che rischiare di diventare sfigati.

E così, cari lettori, continueremo a essere quello che siamo: un popolo di gente furba che si lamenta dei furbi, di onesti che si adeguano ai disonesti, di corrotti che si scandalizzano della corruzione altrui.

Fino a quando non avremo il coraggio di guardarci allo specchio e dire: "Il problema non è l'Italia. Il problema siamo noi". Con la consueta amarezza di chi ha visto troppo e sperato troppo poco

 

Fonti:

  1. Transparency International, Corruption Perceptions Index 2024
  2. ISTAT, "La corruzione in Italia. Anno 2022-2023", giugno 2024
  3. Ansa, "Corruzione negli appalti sanitari in Calabria, tre arresti", 2024
  4. Repubblica, "Bari, tangenti per gli appalti Asl: arresti e sequestri", 2024
  5. Corriere della Sera, "Sicilia, appalti sanitari truccati per 130 milioni", 2024
  6. Il Sole 24 Ore, "Corruzione appalti, quattro arresti", gennaio 2024
  7. Guardia di Finanza, Comunicato stampa indagini carceri, 2024
  8. Banca d'Italia, Unità di Informazione Finanziaria, Rapporto annuale 2024
  9. Transparency International, Global Corruption Perceptions Index 2024
  10. Transparency International, CPI 2024 - Classifica europea

 

Commenti