"America, sogni e contraddizioni" di Davide Romano


 

Negli anni di questo secondo quarto di secolo, quando il mondo si è scoperto più piccolo ma non più saggio, gli Stati Uniti continuano a rappresentare il più affascinante e irritante dei paradossi contemporanei. Con 340 milioni di abitanti a fine 2024 sparsi su un territorio immenso che va dagli uragani della Florida ai tornado del Kansas, l'America rimane il laboratorio più spudorato dell'ingegno umano applicato alla contraddizione sistematica.

Come scriveva Tocqueville quasi due secoli fa, l'America era già allora un paese dove «la libertà estrema convive con tutto ciò che la contraddice». Oggi questa intuizione si è evoluta in qualcosa di ancora più raffinato: tutto è permesso, purché sia profittevole. E se non è profittevole, si trova il modo di farlo diventare tale.

Il Prodotto Interno Lordo degli Stati Uniti è stato pari a 29.184,89 miliardi di dollari nel 2024, rappresentando il 27,49% dell'economia mondiale. Cifre che fanno girare la testa e che spiegano perché il resto del pianeta guardi ancora all'America con quell'ammirazione mista a sgomento che si riserva ai fenomeni della natura. Ma dietro questi numeri stratosferici si nasconde una realtà più complessa: l'America è il paese dove si può diventare miliardari vendendo acqua in bottiglia e al tempo stesso morire perché non si possono pagare le cure per il diabete. È la patria del sogno americano e dell'incubo americano, spesso indossati dalla stessa persona in giorni diversi.

Churchill, che di paradossi se ne intendeva, osservò una volta che con gli americani «si può sempre contare che facciano la cosa giusta, dopo aver provato tutto il resto». Frase che oggi suona profetica, considerando come l'America abbia attraversato gli ultimi decenni sperimentando ogni possibile combinazione di policies con la sistematicità di uno scienziato pazzo e l'ottimismo di un venditore di aspirapolvere.

E se volete capire l'anima di questo paese, non c'è posto migliore del sistema sanitario, dove Ippocrate ha incontrato Adam Smith e ne è uscito malconcio. Gli Stati Uniti spendono di più per l'assistenza sanitaria di qualsiasi altra nazione nel mondo: 10.348 dollari a persona, che equivale a circa il 18% del prodotto interno lordo. Nel 2024 il costo medio di un'assicurazione sanitaria per un uomo di 40 anni è di 497 euro al mese, con variazioni che vanno dai 400 dollari dell'Indiana ai 1.200 del Vermont. È il paese che ha inventato la cardiochirurgia moderna e il trapianto di cuore, ma dove la spesa sanitaria pro-capite è cresciuta dai 7.421 dollari del 2007 ai 12.318 del 2021. Un sistema che produce i migliori medici del mondo e al tempo stesso costringe i diabetici a razionare l'insulina per non finire sul lastrico.

Bertrand Russell osservava che «il problema dell'umanità è che gli stupidi sono sempre molto sicuri di sé, mentre gli intelligenti sono pieni di dubbi». Il sistema sanitario americano sembra progettato appositamente per dimostrare il contrario: è così sicuro di essere il migliore che continua imperterrito sulla sua strada, mentre il resto del mondo sviluppato lo guarda con un misto di stupore e compassione. È come guardare un uomo che si vanta di avere la macchina più veloce del mondo mentre è fermo in coda sull'autostrada.

Non meno paradossale è il rapporto degli americani con la sicurezza, settore dove hanno trasformato la paura in industria nazionale. L'America è il paese più armato del pianeta e al tempo stesso uno dei più ansiosi. Gli Stati Uniti hanno un Global Peace Index di 2,622, piazzandosi al 132° posto su 163 paesi considerati. Un risultato che farebbe riflettere chiunque, ma che in America viene interpretato come la prova che serva ancora più sicurezza. Telecamere ovunque, metal detector nelle scuole, polizia armata come soldati, e cittadini che girano con pistole perché non si fidano della polizia armata come soldati. Un circolo vizioso che avrebbe fatto impazzire Kafka e che invece in America funziona perfettamente come meccanismo economico.

I crimini violenti sono in calo del 15% nel primo trimestre del 2024 rispetto al 2023, ma questo non impedisce agli americani di comprare sempre più armi e sistemi di sicurezza. È come se la nazione soffrisse di una forma collettiva di disturbo ossessivo-compulsivo applicato alla sicurezza: più stanno meglio, più hanno paura di stare peggio.

Il settore educativo, poi, è un capolavoro di incoerenza applicata. Il paese che ospita Harvard, Stanford e il MIT – le università che hanno formato più premi Nobel di qualsiasi altra nazione – è lo stesso dove molti studenti escono dal liceo convinti che la Terra abbia seimila anni e che Darwin fosse un sovversivo. Le università americane sono templi del sapere e al tempo stesso fabbriche di debiti. Uno studente medio si laurea con un debito che in Europa comprerebbe una casa, per poi scoprire che il mercato del lavoro offre principalmente posizioni da cameriere con laurea in filosofia. È il trionfo della meritocrazia basata sul portafoglio: se puoi permettertela, sei meritevole. Come disse Mark Twain, «non ho mai permesso che l'istruzione scolastica interferisse con la mia educazione». Frase che oggi potrebbe essere il motto non ufficiale del sistema educativo americano.

Ma è nella politica che l'America raggiunge vette artistiche di spettacolarizzazione. La politica americana è diventata il più costoso spettacolo del mondo: due anni di campagna elettorale, miliardi di dollari spesi, e alla fine la scelta si riduce sempre tra due candidati che rappresentano sfumature diverse dello stesso establishment. È come andare al ristorante e scegliere tra il menù A e il menù B, scoprendo poi che entrambi sono cucinati dallo stesso chef e che il proprietario è sempre quello.

Il sistema bipartitico americano è una delle democrazie più stabili e al tempo stesso più frustranti del pianeta. Democratici e Repubblicani si accusano di tutto tranne che di essere fondamentalmente d'accordo sulle cose che contano davvero: il primato americano nel mondo, il capitalismo come religione di stato, e l'idea che ogni problema possa essere risolto con la giusta combinazione di tecnologia e buona volontà. Alexander Hamilton scriveva che «il popolo, signore, è una grande bestia». Oggi questa frase farebbe scandalo, ma il sistema politico americano sembra progettato proprio per confermarla: si lascia che la bestia ruggisca ogni quattro anni, poi si torna al business as usual.

Anche la religione, in America, ha subito una trasformazione che definirei geniale se non fosse così blasfema. L'America è profondamente religiosa, ma ha trasformato Dio in un brand manager di successo. Le megachurch texane somigliano più a centri commerciali che a luoghi di culto, i pastori televisivi guadagnano più dei cardiochirurghi, e il Vangelo della prosperità ha sostituito quello della carità cristiana. È il paese dove «In God We Trust» è stampato sui dollari – e non è un caso che sia l'unico posto dove fede e finanza convergono perfettamente. La religione americana ha fatto quello che nessun'altra confessione è riuscita a fare: trasformare la ricchezza in virtù teologica e la povertà in peccato originale.

Come osservava Oscar Wilde, «quando gli dei vogliono punirci, esaudiscono le nostre preghiere». L'America sembra aver pregato per il successo e averlo ottenuto in una forma così estrema da non sapere più cosa farsene. È come il re Mida della modernità: tutto quello che tocca diventa oro, ma poi non riesce più a mangiare.

Hollywood, naturalmente, provvede a raccontare al mondo una versione edulcorata di tutto questo. L'industria cinematografica americana continua a narrare come dovrebbe essere l'America, mentre l'America vera continua imperterrita a contraddire ogni film. Hollywood produce storie di eroi solitari che salvano il mondo, mentre la società americana si frantuma in tribù sempre più isolate e ostili. È l'ultimo paradosso di un paese che ha fatto della contraddizione un'arte: l'America che si racconta non assomiglia all'America che si vive, ma tutti continuano a credere alla prima perché è più rassicurante della seconda.

In conclusione, gli Stati Uniti rimangono il più grande esperimento sociale della storia moderna. Un paese che ha inventato la democrazia di massa e il capitalismo globale, l'aspirina e la bomba atomica, il jazz e il fast food. Un luogo dove ogni giorno nascono idee che cambieranno il mondo e al tempo stesso si commettono errori che lo mettono in pericolo.

L'America è il paese perfetto per chi ama le contraddizioni e i paradossi. È irritante e affascinante, generosa e spietata, visionaria e miope. Come diceva Groucho Marx, «non vorrei mai appartenere a un club che accettasse come socio uno come me». L'America è esattamente quel club: non vorremmo mai viverci, ma non possiamo smettere di guardarla.

Forse è questo il segreto del suo fascino eterno: in un mondo che cerca certezze, l'America offre domande. E le domande, contrariamente alle risposte, non passano mai di moda. Soprattutto quando sono accompagnate da uno spettacolo così ben orchestrato.

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