“Il Nord Europa che cambia fede. Viaggio nella Scandinavia religiosa dove le Chiese si svuotano, le donne diventano pastori e Roma torna (quasi) di moda” di Davide Romano



Caro lettore, se vuoi capire dove stia andando il cristianesimo europeo, devi guardare a Nord. Molto a Nord. Là dove il sole non tramonta mai d'estate e non sorge mai d'inverno, si sta consumando una delle rivoluzioni religiose più silenziose del nostro tempo.

 

Quando i Vichinghi incontrarono Cristo

Tutto iniziò nel IX secolo, quando i primi missionari cristiani approdarono in quelle terre di ghiacci e leggende, dove gli dèi avevano nomi come Odino e Thor. Non fu facile convertire quei popoli dalle tradizioni così radicate: ci vollero tre secoli perché il cristianesimo si affermasse definitivamente, spesso mescolandosi con antichi riti nordici in sincretismi che lasciarono tracce profonde.

La vera svolta arrivò nel Cinquecento con Lutero. Dal 1536 la Danimarca abbracciò il protestantesimo, e presto tutti gli altri Paesi scandinavi seguirono l'esempio. Nacque così un modello che ha retto per secoli: quello della Chiesa nazionale luterana, con il sovrano come capo supremo. Un sistema che ha plasmato non solo la vita religiosa, ma l'intera identità di questi popoli.

 

Il grande paradosso del Nord

Oggi, però, ci troviamo davanti a un fenomeno che sfida ogni logica. Questi Paesi mantengono formalmente le loro chiese nazionali - la Chiesa di Svezia conta quasi sei milioni di fedeli, il 56,5% della popolazione - eppure sono "tra i Paesi con il più basso tasso di credenti praticanti al mondo".

È un cristianesimo diventato culturale più che spirituale. Le navate restano vuote, ma i registri parrocchiali pieni. Come se fosse rimasto l'abito da sposa nell'armadio, anche dopo che il matrimonio è finito da tempo.

Paradossalmente, proprio quando questa appartenenza formale ha perso significato, i governi hanno iniziato a prenderne atto: la Svezia ha cessato di essere Stato confessionale nel 2000, la Norvegia nel 2017. Meglio tardi che mai, verrebbe da dire.

 

La rivoluzione silenziosa delle donne

Ma il vero colpo di scena arriva quando si guardano i numeri del clero. Nella Chiesa di Svezia le donne rappresentano oggi il 50,2% dei pastori. È un primato mondiale: per la prima volta nella storia, in una grande confessione religiosa nazionale le donne superano numericamente gli uomini.

1.533 pastore donna su 3.060 ministri complessivi. Una rivoluzione iniziata negli anni Cinquanta del secolo scorso che ha cambiato il volto del cristianesimo nordico. Mentre altrove si discute ancora se le donne possano servire all'altare, qui le mandano direttamente al pulpito.

E non si tratta solo di numeri. Queste pastore hanno portato nelle chiese luterane una sensibilità particolare verso le questioni sociali contemporanee - dai diritti delle coppie dello stesso sesso alle politiche familiari - contribuendo a mantenere un dialogo aperto con società in rapida evoluzione.

Certo, nemmeno in paradiso tutto è perfetto: le donne pastori guadagnano ancora meno dei colleghi uomini. Evidentemente l'uguaglianza si ferma davanti al libretto delle paghe, anche nelle chiese più progressiste del mondo.

 

Il ritorno inaspettato di Roma

Ma la sorpresa più grande viene dall'ultimo posto dove ci si aspetterebbe di trovarla: dalla crescita della Chiesa cattolica. In Norvegia i cattolici sono cresciuti del 470% tra il 1993 e il 2019, arrivando oggi a circa 200.000 fedeli. Un boom che ha colto tutti di sorpresa.

È dovuto principalmente all'immigrazione, certo, ma non solo. Le conversioni di scandinavi nativi rappresentano un fenomeno che merita attenzione. In società sempre più plurali, alcuni scoprono nell'identità cattolica una risposta a bisogni spirituali che le chiese nazionali tradizionali non riescono più a soddisfare.

La presenza cattolica resta ancora minoritaria - otto vescovi per 27 milioni di abitanti distribuiti su un territorio immenso - ma la sua crescita rappresenta qualcosa di più di un dato statistico. È il segno che anche in società altamente secolarizzate può emergere una domanda di spiritualità più intensa.

 

Otto vescovi per un continente

Per capire quanto sia ancora missionario il carattere della Chiesa cattolica in Scandinavia, basta guardare i numeri della Finlandia: 28 sacerdoti per 17.234 fedeli distribuiti in sole 8 parrocchie. La maggior parte di questi preti è nata all'estero, a testimonianza di una presenza che conserva il sapore dell'avventura missionaria.

L'ordinazione episcopale di Monsignor Frederik Hansen a Oslo nel gennaio 2024, con oltre 150 sacerdoti presenti, ha rappresentato un momento simbolico per l'intera comunità cattolica scandinava. Un segno di crescente istituzionalizzazione in terre dove Roma era stata cacciata quasi cinquecento anni fa.

 

Libertà di credo in terra di ghiacci

Dal 1923 la Finlandia gode di piena libertà religiosa, e situazioni analoghe caratterizzano tutti i Paesi nordici. Un quadro giuridico che ha favorito non solo la diversificazione legata all'immigrazione - il 3,4% della popolazione norvegese segue l'islam - ma anche l'emergere di nuove forme di spiritualità.

Il 18,3% dei norvegesi non segue alcuna religione, mentre l'1,9% aderisce all'umanesimo secolare. Numeri che raccontano di società dove la secolarizzazione avanza, ma senza ostilità verso chi continua a credere.

Il finanziamento pubblico delle chiese garantisce ancora stabilità: in Norvegia il 73% dei fondi statali destinati alle comunità religiose va alla Chiesa luterana. Un sistema che assicura sopravvivenza economica anche quando le panche si svuotano.

Ma la vera sfida per tutte le confessioni religiose sarà trovare modalità di presenza adeguate a società che rispettano la libertà religiosa ma non accordano più alle chiese il ruolo sociale centrale di un tempo.

 

Lezioni dal Nord

Quello che accade in Scandinavia non è la scomparsa del religioso, ma la sua trasformazione. Vecchie e nuove forme di fede cercano spazio in contesti profondamente cambiati. La qualità dell'esperienza spirituale offerta potrebbe diventare più importante della tradizione storica o del riconoscimento istituzionale.

È una lezione che viene da terre abituate a coniugare rispetto per la tradizione e apertura al cambiamento. Una lezione che merita ascolto, anche oltre i confini del Nord Europa. Perché quello che succede oggi nelle terre dei fiordi potrebbe essere il futuro del cristianesimo europeo di domani.

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