Roma, un pomeriggio d’estate del 1557. Nelle ombre fresche di una piccola
sala privata nel Palazzo Apostolico, si consuma un incontro che non ha
testimoni, se non Dio e la polvere degli archivi vaticani. Il papa è Paolo IV,
al secolo Pietro Carafa. Di fronte a lui siede, come evocato da un moto
dell’anima, l’amico d’un tempo, San Gaetano da Thiene. Ma Gaetano è morto da
anni. Eppure, nella stanchezza del pontefice, tra le pieghe della sua coscienza
bruciata dallo zelo, l’amico ritorna. E parlano. Come se il tempo potesse
cedere davanti all'urgenza del cuore.
PAOLO IV (alzando lo sguardo dalla scrivania, con occhi febbrili):
Tu? Sei proprio tu, Gaetano? O è il fantasma della mia giovinezza che viene a
deridermi?
GAETANO (con un sorriso pacato, la veste consunta come quella di un mendicante):
Se sono un fantasma, allora sono quello della misericordia. Ma non vengo per
deriderti, Pietro. Vengo perché ti vedo stanco. E forse anche un po’ solo.
PAOLO IV (torcendo le mani):
Solo? Ho i cardinali, i miei inquisitori, i miei nunzi. Ho Roma, l’intero
apparato della Chiesa. Ho la verità che mi brucia nel petto!
GAETANO:
Hai la verità, sì. Ma Pietro... ti brucia o ti illumina?
PAOLO IV (irritato):
Non venirmi a parlare come facevi a Venezia, quando volevi convincermi a vivere
tra i poveri! Tu con i tuoi oratori, i tuoi malati, le tue mani sporche di
piaghe. Io ho scelto la riforma, la dottrina, l’ortodossia. Ho salvato la
Chiesa dagli eretici, dai luterani, dagli ambigui.
GAETANO (con voce più dolce, ma ferma):
Hai salvato una struttura, Pietro. Ma a quale prezzo? Hai costruito muri dove
forse bisognava tessere veli. Hai invocato fuoco, ma la carità l’hai messa in
nota a piè di pagina. Ti ricordi quando parlavamo della riforma della Chiesa
come ritorno a Cristo povero?
PAOLO IV (si alza, la voce si fa roca):
Cristo povero, sì... Ma anche Cristo giudice! Spada e fuoco, Gaetano! La
misericordia senza la giustizia è debolezza! La carità senza la verità è
compromesso!
GAETANO:
E la giustizia senza misericordia? È violenza con paramenti sacri. Pietro, tu
ed io volevamo la stessa cosa: una Chiesa che somigliasse al suo Fondatore. Ma
tu hai scelto la corazza, io ho scelto il grembiule. Tu hai impugnato la
chiave, io ho lavato i piedi.
PAOLO IV (abbassando la testa):
Eppure, senza la mia intransigenza, Roma sarebbe oggi luterana. Ho fatto ciò
che dovevo.
GAETANO:
Non lo nego. Hai lottato. Hai vegliato. Ma ti sei chiesto se il popolo di Dio
ti ama o ti teme?
PAOLO IV (quasi sussurrando):
Mi temono.
GAETANO (avvicinandosi e posandogli una mano sulla spalla):
E quando morirai, Pietro, cosa porterai davanti al Giudice? I roghi? I decreti?
Le bolle? O le lacrime dei peccatori che non hai ascoltato? Le madri degli
ebrei cui hai imposto di separarsi dai figli? Le anime fragili che la paura ha
spinto via?
PAOLO IV (con voce spezzata):
E tu, Gaetano... cosa porterai?
GAETANO:
Le mani vuote. Ma sporche di piaghe. E spero, almeno, qualche sorriso. Tu mi
chiamavi “il contemplativo attivo”. Ma io ti chiamavo fratello. E lo sei
ancora. Anche se ora porti la tiara.
PAOLO IV (siede lentamente, come schiacciato da un peso antico):
Forse ho sbagliato a gridare troppo e ad ascoltare poco. Ma chi mi perdonerà?
Roma è feroce, e la storia non ha cuore.
GAETANO:
Cristo non è la storia, Pietro. È il cuore del Padre. E ti aspetta. Anche ora.
Non sei mai troppo vecchio per inginocchiarti, né troppo papa per piangere.
PAOLO IV (due lacrime rigano le sue guance scavate):
Mi fai paura, Gaetano. Perché mi ricordi ciò che avrei potuto essere.
GAETANO (stringendogli le mani):
No. Ti ricordo ciò che ancora puoi essere. La giustizia è necessaria. Ma senza
l’amore, è solo un’ombra del Regno. Vieni. Vieni con me... almeno per un
momento, nel silenzio.
PAOLO IV (chiude gli occhi):
Pregami, amico mio. Pregami, che possa morire non solo papa, ma cristiano.
Il sole calava dietro la cupola. Nella stanza, il vecchio pontefice restò
immobile, le mani giunte, il cuore inquieto. Di Gaetano, nessuna traccia. Se
non quel profumo tenue di poveri e santi, che solo certi amici sanno lasciare.
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