“La vergogna sotto il pulpito. Il caso Ansaldi e l’ombra lunga sul protestantesimo francese” di Davide Romano
In principio fu la Parola. Lo fu per Lutero, che inchiodò le sue 95 tesi a
Wittenberg come si pianta un chiodo nel cuore dell’ipocrisia religiosa. Lo fu
per Calvino, che fece della coscienza individuale un tempio inviolabile. E lo
fu per generazioni di credenti che videro nel protestantesimo non solo una
Riforma teologica, ma una rivoluzione morale. Oggi, invece, la Parola è
diventata grido, denuncia, e infine silenzio colpevole.
Jean Ansaldi – morto nel 2010 – fu pastore
della Chiesa Riformata di Francia per 15 anni e poi docente di etica alla
Facoltà teologica protestante di Montpellier, membro del consiglio pastorale
della comunità di Villeméjane, influente e riverito come si conviene ai
chierici che sanno intrecciare cultura e carisma. Ma dietro l’autorità
ecclesiale e l’autorevolezza accademica, si nascondeva un’altra storia, oggi
svelata con parole che pesano come pietre: abuso, violenza, dominio.
Il comunicato congiunto pubblicato nei giorni
scorsi dalla Chiesa protestante unita di Francia (ÉPUdF) e dall’Istituto
protestante di teologia di Montpellier, entrambi eredi della lunga e tormentata
storia della Riforma nel Paese delle guerre di religione, è un documento amaro.
Riconosce che Ansaldi ha “gravemente abusato della sua posizione per aggredire
sessualmente e violentare donne nell’ambito di cosiddette terapie, psicoanalisi
o accompagnamenti spirituali”. Una definizione chirurgica, impietosa, che parla
di un “sistema di dominio totale” orchestrato in nome del Vangelo.
E tuttavia, il dato più sconvolgente non è
solo la condotta del singolo – che pure riveste una gravità devastante – ma
l’atteggiamento dell’istituzione. I fatti erano già stati denunciati nel 2003.
Ma la parola delle vittime – è scritto – fu ignorata, soffocata, persino
derisa. Nessuno si mosse per fermare quell’uomo, né per offrire riparo a chi
chiedeva giustizia. È qui che la Chiesa ha fallito. Non solo nel non vedere, ma
nel non voler vedere. Non nel non sapere, ma nel non voler sapere.
Il protestantesimo francese ha attraversato
secoli di persecuzioni, clandestinità e diaspora. I suoi padri spirituali – dai
martiri ugonotti ai pensatori del XIX secolo – hanno fatto della responsabilità
individuale e della trasparenza comunitaria due pilastri incrollabili. Eppure
proprio lì, dove la coscienza doveva vigilare e il presbiterio custodire, si è
insediato un sistema di omertà che sa troppo di mondanità e troppo poco di
Spirito.
Antoine Nouis, direttore del giornale Réforme, ha definito questo scandalo un
“tsunami”. E ha usato parole nette per sottolineare l’assurdità della
situazione: “Jean Ansaldi era un professore di etica che rileggeva la fede
cristiana alla luce della psicoanalisi lacaniana e ha segnato profondamente i
pastori della mia generazione. Ha usato la sua autorità per comportarsi in modo
rivoltante con le donne, sotto la copertura dell’accompagnamento spirituale e
terapeutico. Il testo parla di stupri”.
Un’istituzione religiosa che tace di fronte
alla sofferenza, tradisce il mandato ricevuto. Il pastore è colui che guida,
non colui che domina. È l’uomo della compassione, non del controllo. E se un
corpo ecclesiale – sia esso sinodale o episcopale – si mostra più preoccupato
del proprio onore che del dolore delle vittime, diventa un tempio sfigurato,
dove la luce non entra più.
L’ÉPUdF e l’Istituto teologico hanno
finalmente riconosciuto i loro torti, chiesto scusa pubblicamente, aderito alla
Commissione Ricognizione e Riparazione (CRR) istituita nel 2023 per dare voce
alle vittime di abusi all’interno delle Chiese protestanti francesi. È un passo
dovuto. Ma è anche una resa tardiva.
Chiunque conosca un minimo di storia della
Riforma, sa che essa non è nata per caso. È nata come risposta a una crisi
morale e teologica, alla corruzione e alla menzogna, all’autorità che si
sostituiva alla coscienza. Ma nessuna Riforma, per quanto luminosa, è al riparo
dalle ombre. Il peccato non è una prerogativa romana o luterana, calvinista o
anglicana: è un veleno trasversale, e più letale quando mascherato da zelo
pastorale.
Nel protestantesimo di oggi, che in Francia
rappresenta circa il 3% della popolazione (un milione e mezzo di fedeli), e che
spesso si vanta di maggiore trasparenza, partecipazione e controllo democratico
rispetto ad altre confessioni, questa vicenda apre una ferita profonda. Perché qui
non è in gioco solo la memoria di un uomo infedele al suo mandato, ma la
credibilità stessa della Parola annunciata.
La
Chiesa non deve solo chiedere perdono. Deve imparare ad ascoltare. Anche quando
la voce è tremante, anche quando è scomoda. Soprattutto quando chi parla non ha
potere, ma solo dolore. Altrimenti, come ammoniva Bonhoeffer, sarà soltanto una
grazia a buon mercato: e di questo tipo di grazia, il mondo non ha più bisogno.
Di sistemi orchestrati in nome del Vangelo non mancano esempi. La puntata del programma Report del 13 luglio ha posto in luce le aspettative della chiesa ultraconservatrice americana che purtroppo vanta adepti anche nel contesto italiano. A confronto di fanatismi di questo genere l'egemonia monarchica indotta dal desiderio fatto carne è poca cosa ....
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