“Il movimento francescano, otto secoli di profezia cristiana” di Davide Romano


 

Il grande paradosso del Poverello

C'è qualcosa di paradossale, e forse di provvidenziale, nel fatto che il più ricco dei movimenti spirituali della cristianità sia nato dal figlio di un mercante che scelse di spogliarsi nudo davanti al vescovo di Assisi. Francesco Bernardone - che tutti conoscono come San Francesco - non aveva la minima intenzione di fondare un movimento. Voleva soltanto vivere il Vangelo sine glossa, senza fronzoli teologici, senza interpretazioni dotte. «Va', ripara la mia casa che, come vedi, è tutta in rovina», gli aveva detto il Crocifisso di San Damiano. Lui pensava si trattasse di quattro mura sgretolate. Non immaginava che quella "casa" fosse l'intera Chiesa di Cristo.

Eppure da quel momento di grazia - era il 1205 - è nato il più vasto arcipelago di famiglie religiose che la storia cristiana ricordi. Francescani dell'Osservanza, Conventuali, Cappuccini, Clarisse, Terz'Ordine Regolare, Ordine Francescano Secolare: un universo di circa un milione di anime che da otto secoli tengono accesa la fiaccola del Poverello. Non male, per uno che aveva come unico programma quello di «seguire nudo il Cristo nudo».

 

La prima famiglia: i Frati Minori e la rivoluzione della minorità

«Nessuno vi chiami maestro, perché uno solo è il vostro maestro e voi siete tutti fratelli» (Mt 23,8). Questa parola di Gesù divenne il DNA dei Frati Minori. Quando Francesco si presentò a Papa Innocenzo III con i suoi primi undici compagni, non portava costituzioni elaborate o regole dotte. Aveva in mano il Vangelo e basta. «Regula nostra est Evangelium», dirà sempre. La regola è il Vangelo, punto.

Il termine "minori" non era un vezzo di umiltà. Era una dichiarazione di guerra sociale. Nel Medioevo esistevano i "maiores" - nobili, ricchi, potenti - e i "minores" - poveri, sottomessi, senza voce. Francesco scelse deliberatamente di stare dalla parte degli ultimi. Non per ideologia, ma per imitazione di Cristo che «da ricco che era, si fece povero per voi, perché voi diventaste ricchi per mezzo della sua povertà» (2Cor 8,9).

Simone Weil, la filosofa francese convertitasi al cristianesimo, colse nel segno quando scrisse: «Francesco d'Assisi ha rappresentato il tentativo più puro di cristianizzare la vita sociale che la storia ricordi». I suoi frati non dovevano possedere nulla, nemmeno le loro celle. Dovevano lavorare con le mani, e se il lavoro non bastava, mendicare. Dovevano girare il mondo annunciando la pace, non con le spade come i crociati, ma con l'esempio della vita.

La divisione tra Osservanti, Conventuali e Cappuccini nacque proprio da interpretazioni diverse di questo ideale. Gli Osservanti vollero mantenere la purezza originaria della povertà assoluta. I Conventuali accettarono alcuni compromessi pratici per essere più efficaci nell'apostolato. I Cappuccini, nati nel Cinquecento, rappresentarono un ritorno alle origini più radicale, con quella barba intonsa che li rese inconfondibili.

 

Il secondo ordine: Chiara e la rivoluzione femminile

Santa Chiara d'Assisi non fu semplicemente la "versione femminile" di Francesco. Fu una rivoluzionaria a suo modo, forse più radicale del santo stesso. Quando, diciottenne, fuggì di casa nella Domenica delle Palme del 1212 per raggiungere Francesco alla Porziuncola, compì un gesto che avrebbe cambiato la storia della vita religiosa femminile.

«Poiché per divina ispirazione vi siete fatte figlie e ancelle dell'Altissimo sommo Re, il Padre celeste, e vi siete sposate allo Spirito Santo», scrisse Francesco nella sua Regola per le Clarisse. Ma Chiara non si accontentò di essere una devota seguace. Volle il "privilegium paupertatis", il privilegio della povertà assoluta anche per le donne. Una novità scandalosa: i monasteri femminili erano sempre stati sostenuti da rendite e possedimenti. Chiara volle che le sue sorelle vivessero di elemosina, come i frati.

Furono quarant'anni di battaglia con Roma. Papi e cardinali non capivano questa ostinazione femminile. Ma Chiara tenne duro, e ottenne quello che voleva. Il "privilegium paupertatis" fu approvato il 9 agosto 1253. Lei morì l'11 agosto. Aveva vinto.

Oggi le Clarisse sono sparse in tutto il mondo: oltre 20.000 monache contemplative che da otto secoli pregano, lavorano e testimoniano che «nulla è impossibile a Dio» (Lc 1,37). Jacques Maritain, il grande filosofo cattolico, scrisse di loro: «Sono la riserva aurea della Chiesa, il polmone spirituale dell'umanità».

 

Il Terz'Ordine: la santità per tutti

L'intuizione più geniale di Francesco fu forse quella del Terz'Ordine. Nel 1221, mentre i frati si moltiplicavano e le Clarisse crescevano nei loro monasteri, il santo capì che la maggior parte delle persone non poteva lasciare tutto per seguirlo. Allora inventò una forma di vita francescana per i laici: sposati, commercianti, artigiani, nobili, contadini. Tutti potevano diventare francescani rimanendo nel mondo.

«Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli» (Mt 5,3). Francesco intuì che la povertà evangelica non era solo questione di non avere soldi. Era questione di cuore, di libertà interiore, di non essere schiavi delle cose. Un mercante poteva essere più "povero" di un mendicante, se usava i suoi beni per il bene comune e non se ne faceva possedere.

Il Terz'Ordine esplose. Nella sola Germania, alla fine del Duecento, si contavano 100.000 terziari. Erano una forza sociale formidabile: imponevano la pace nelle città lacerate dalle fazioni, fondavano ospedali, proteggevano i deboli. Dante Alighieri era terziario francescano. Come Giotto, Cristoforo Colombo, Galileo Galilei. E in tempi più recenti, Alcide De Gasperi e Giorgio La Pira.

Oggi l'Ordine Francescano Secolare conta circa 300.000 membri nel mondo. Non sono religiosi in senso tecnico, ma laici che hanno scelto di vivere il Vangelo secondo il carisma francescano. Gilbert Keith Chesterton, lo scrittore inglese convertito al cattolicesimo, ne catturò l'essenza: «Francesco non disse al ricco di dare ai poveri. Disse ai poveri di non invidiare i ricchi, e ai ricchi di non disprezzare i poveri. Questo è molto più difficile, e molto più rivoluzionario».

 

La riforma dei Cappuccini: ritorno alle origini

Nel 1525, frate Matteo da Bascio ebbe una visione. Vide San Francesco che gli diceva: «Matteo, la mia Regola è stata rilassata. Riportala al primo rigore». Nacquero così i Cappuccini, l'ultimo grande ramo dell'albero francescano. Il nome veniva dal cappuccio a punta che portavano, diverso da quello degli altri francescani.

Volevano povertà assoluta, vita eremitica, predicazione itinerante. Niente conventi sontuosi, ma povere capanne. Niente libri dotti, ma solo il Vangelo e il Crocifisso. La loro regola era semplicissima: «Vivere il santo Vangelo di nostro Signore Gesù Cristo, osservando povertà, castità e obbedienza».

I Cappuccini conquistarono l'Europa con la loro predicazione ardente. San Fedele da Sigmaringa morì martire in Svizzera mentre cercava di riportare i calvinisti alla Chiesa cattolica. San Giuseppe da Leonessa evangelizzò i Turchi a Costantinopoli e fu martirizzato. San Lorenzo da Brindisi, dottore della Chiesa, fu diplomatico papale e teologo raffinato, pur mantenendo la semplicità cappuccina.

«I Cappuccini», scrisse lo storico Ludwig von Pastor, «furono la forza d'urto della Controriforma». Ma non solo. Quando nel 1630 la peste devastò Milano, San Carlo Borromeo chiamò i Cappuccini per assistere gli appestati. Molti morirono, ma la loro testimonianza rimase. Alessandro Manzoni li immortalò nei "Promessi Sposi" con la figura di Fra Cristoforo.

 

Il carisma francescano nel mondo moderno

«Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura» (Mc 16,15). Questo comando di Gesù risuona oggi con particolare urgenza nell'universo francescano. I figli di Francesco sono presenti in tutti i continenti, spesso nelle periferie più dimenticate del mondo.

In America Latina, i francescani sono stati protagonisti dell'evangelizzazione fin dal XVI secolo. Junípero Serra, il francescano spagnolo che fondò le missioni della California, è stato canonizzato da Papa Francesco nel 2015. In Africa, i francescani gestiscono scuole, ospedali, lebbrosari. San Massimiliano Kolbe, il francescano polacco morto ad Auschwitz al posto di un padre di famiglia, aveva fondato una "Città dell'Immacolata" anche in Giappone.

Il movimento francescano oggi conta circa 32.000 frati (tra tutte le famiglie), 15.000 suore del Secondo Ordine, oltre 400.000 membri del Terz'Ordine Regolare e dell'Ordine Francescano Secolare. È il più grande movimento religioso della Chiesa cattolica dopo quello benedettino.

Ma i numeri, come sempre, dicono poco. L'importante è lo spirito. E lo spirito francescano sembra fatto apposta per i tempi che viviamo. Henri Bergson, il filosofo francese, scrisse: «Francesco d'Assisi fu forse il più grande mistico dell'Occidente cristiano. Ma fu anche il più pratico». Ecco il segreto: unire contemplazione e azione, preghiera e servizio, amore per Dio e cura per il creato.

 

L'ecologia francescana: una profezia antica per una crisi moderna

«Laudato si', mi' Signore, per sora nostra matre Terra, la quale ne sustenta et governa, et produce diversi fructi con coloriti flori et herba». Il Cantico delle Creature, composto da Francesco morente nel 1225, è considerato il primo testo poetico in volgare italiano. Ma è anche molto di più: è il manifesto di un'ecologia integrale che anticipa di otto secoli la sensibilità contemporanea.

Francesco non era un ecologista nel senso moderno. Era un innamorato di Dio che vedeva nell'intera creazione un riflesso della bellezza divina. «Tutte le cose», scrisse San Bonaventura, «per lui erano come gradini per salire a Dio». Il sole era "frate sole", la luna "sora luna", l'acqua "sora acqua humile et preziosa et casta". Una famiglia cosmica dove ogni creatura aveva la sua dignità.

Papa Francesco, nell'enciclica "Laudato si'" del 2015, ha riscoperto questa dimensione profetica del carisma francescano. «Francesco è l'esempio per eccellenza della cura per ciò che è debole e di una ecologia integrale, vissuta con gioia e autenticità», scrive il Papa. «È il santo patrono di tutti quelli che studiano e lavorano nel campo dell'ecologia».

Non è un caso che il primo Papa francescano della storia abbia scelto il nome del Poverello proprio quando l'umanità sta prendendo coscienza dei limiti del pianeta. Il carisma francescano offre una via alternativa al consumismo sfrenato: la sobrietà gioiosa, la fraternità universale, la cura amorevole per la casa comune.

 

La sfida del futuro: essere profeti in terra secolarizzata

«Voi siete il sale della terra; ma se il sale perde il sapore, con che cosa lo si renderà salato?» (Mt 5,13). Questa parola di Gesù risuona con particolare attualità per il movimento francescano del XXI secolo. In un mondo sempre più secolarizzato, qual è il compito dei figli di Francesco?

La risposta sta forse nella capacità di coniugare fedeltà alle origini e creatività pastorale. I francescani di oggi non possono limitarsi a conservare un patrimonio spirituale, per quanto prezioso. Devono essere profeti del nostro tempo, capaci di leggere i segni dei tempi e di incarnare il Vangelo nelle sfide contemporanee.

È quello che stanno facendo in molte parti del mondo. Nelle favelas del Brasile, dove i francescani vivono gomito a gomito con i poveri. Nei quartieri multietnici delle metropoli occidentali, dove gestiscono centri di accoglienza per immigrati. Nei campus universitari, dove propongono percorsi di formazione per giovani in ricerca. Nei media, dove alcuni francescani sono diventati comunicatori apprezzati.

Romano Guardini, il grande teologo tedesco, scrisse: «Francesco d'Assisi è una figura di portata mondiale. Il suo messaggio supera i confini del cristianesimo e parla a tutti gli uomini di buona volontà». È questa universalità del carisma francescano che continua ad attrarre anche chi non condivide la fede cristiana. La testimonianza di una vita sobria e fraterna, l'amore per la natura, la capacità di dialogo con tutti: sono valori che parlano al cuore dell'uomo contemporaneo.

 

Il sogno continua

Ottocento anni dopo la conversione di Francesco, il movimento che da lui ha preso nome è ancora vivo e vitale. Certo, ha attraversato crisi e riforme, ha conosciuto momenti di splendore e periodi di declino. Ma il fuoco acceso dal Poverello di Assisi continua a bruciare. Perché quel fuoco non è umano. È il fuoco stesso del Vangelo, che «non passerà mai» (Mt 24,35).

Thomas Merton, il monaco trappista americano, scrisse nelle sue memorie: «Se dovessi indicare il santo che più mi ha influenzato, direi senza esitazione San Francesco d'Assisi. Non perché abbia mai pensato di imitarlo - sarebbe stata presunzione - ma perché in lui ho visto cosa significa essere completamente di Cristo».

Ecco il segreto del movimento francescano: non l'imitazione esteriore del santo di Assisi, ma la partecipazione al suo spirito. Quello spirito che trasforma i cuori, che fa vedere nei poveri il volto di Cristo, che sa scorgere nelle creature un riflesso del Creatore. Quello spirito che, ancora oggi, continua a cambiare il mondo. Una persona alla volta, una comunità alla volta, una famiglia religiosa alla volta.

Il sogno di Francesco continua. E continuerà finché ci saranno uomini e donne disposti a scommettere che «nulla è impossibile a Dio» (Lc 1,37).

Commenti