Il grande paradosso
del Poverello
C'è qualcosa di paradossale, e forse
di provvidenziale, nel fatto che il più ricco dei movimenti spirituali della
cristianità sia nato dal figlio di un mercante che scelse di spogliarsi nudo
davanti al vescovo di Assisi. Francesco Bernardone - che tutti conoscono come
San Francesco - non aveva la minima intenzione di fondare un movimento. Voleva
soltanto vivere il Vangelo sine glossa, senza fronzoli teologici, senza
interpretazioni dotte. «Va', ripara la mia casa che, come vedi, è tutta in
rovina», gli aveva detto il Crocifisso di San Damiano. Lui pensava si trattasse
di quattro mura sgretolate. Non immaginava che quella "casa" fosse
l'intera Chiesa di Cristo.
Eppure da quel momento di grazia -
era il 1205 - è nato il più vasto arcipelago di famiglie religiose che la
storia cristiana ricordi. Francescani dell'Osservanza, Conventuali, Cappuccini,
Clarisse, Terz'Ordine Regolare, Ordine Francescano Secolare: un universo di
circa un milione di anime che da otto secoli tengono accesa la fiaccola del
Poverello. Non male, per uno che aveva come unico programma quello di «seguire
nudo il Cristo nudo».
La prima famiglia:
i Frati Minori e la rivoluzione della minorità
«Nessuno vi chiami maestro, perché
uno solo è il vostro maestro e voi siete tutti fratelli» (Mt 23,8). Questa
parola di Gesù divenne il DNA dei Frati Minori. Quando Francesco si presentò a
Papa Innocenzo III con i suoi primi undici compagni, non portava costituzioni
elaborate o regole dotte. Aveva in mano il Vangelo e basta. «Regula nostra est
Evangelium», dirà sempre. La regola è il Vangelo, punto.
Il termine "minori" non era
un vezzo di umiltà. Era una dichiarazione di guerra sociale. Nel Medioevo
esistevano i "maiores" - nobili, ricchi, potenti - e i
"minores" - poveri, sottomessi, senza voce. Francesco scelse
deliberatamente di stare dalla parte degli ultimi. Non per ideologia, ma per
imitazione di Cristo che «da ricco che era, si fece povero per voi, perché voi
diventaste ricchi per mezzo della sua povertà» (2Cor 8,9).
Simone Weil, la filosofa francese
convertitasi al cristianesimo, colse nel segno quando scrisse: «Francesco
d'Assisi ha rappresentato il tentativo più puro di cristianizzare la vita
sociale che la storia ricordi». I suoi frati non dovevano possedere nulla,
nemmeno le loro celle. Dovevano lavorare con le mani, e se il lavoro non
bastava, mendicare. Dovevano girare il mondo annunciando la pace, non con le
spade come i crociati, ma con l'esempio della vita.
La divisione tra Osservanti,
Conventuali e Cappuccini nacque proprio da interpretazioni diverse di questo
ideale. Gli Osservanti vollero mantenere la purezza originaria della povertà
assoluta. I Conventuali accettarono alcuni compromessi pratici per essere più
efficaci nell'apostolato. I Cappuccini, nati nel Cinquecento, rappresentarono
un ritorno alle origini più radicale, con quella barba intonsa che li rese
inconfondibili.
Il secondo ordine:
Chiara e la rivoluzione femminile
Santa Chiara d'Assisi non fu
semplicemente la "versione femminile" di Francesco. Fu una
rivoluzionaria a suo modo, forse più radicale del santo stesso. Quando,
diciottenne, fuggì di casa nella Domenica delle Palme del 1212 per raggiungere
Francesco alla Porziuncola, compì un gesto che avrebbe cambiato la storia della
vita religiosa femminile.
«Poiché per divina ispirazione vi
siete fatte figlie e ancelle dell'Altissimo sommo Re, il Padre celeste, e vi
siete sposate allo Spirito Santo», scrisse Francesco nella sua Regola per le
Clarisse. Ma Chiara non si accontentò di essere una devota seguace. Volle il
"privilegium paupertatis", il privilegio della povertà assoluta anche
per le donne. Una novità scandalosa: i monasteri femminili erano sempre stati
sostenuti da rendite e possedimenti. Chiara volle che le sue sorelle vivessero
di elemosina, come i frati.
Furono quarant'anni di battaglia con
Roma. Papi e cardinali non capivano questa ostinazione femminile. Ma Chiara
tenne duro, e ottenne quello che voleva. Il "privilegium paupertatis"
fu approvato il 9 agosto 1253. Lei morì l'11 agosto. Aveva vinto.
Oggi le Clarisse sono sparse in tutto
il mondo: oltre 20.000 monache contemplative che da otto secoli pregano,
lavorano e testimoniano che «nulla è impossibile a Dio» (Lc 1,37). Jacques
Maritain, il grande filosofo cattolico, scrisse di loro: «Sono la riserva aurea
della Chiesa, il polmone spirituale dell'umanità».
Il Terz'Ordine: la
santità per tutti
L'intuizione più geniale di Francesco
fu forse quella del Terz'Ordine. Nel 1221, mentre i frati si moltiplicavano e
le Clarisse crescevano nei loro monasteri, il santo capì che la maggior parte
delle persone non poteva lasciare tutto per seguirlo. Allora inventò una forma
di vita francescana per i laici: sposati, commercianti, artigiani, nobili,
contadini. Tutti potevano diventare francescani rimanendo nel mondo.
«Beati i poveri in spirito, perché di
essi è il regno dei cieli» (Mt 5,3). Francesco intuì che la povertà evangelica
non era solo questione di non avere soldi. Era questione di cuore, di libertà
interiore, di non essere schiavi delle cose. Un mercante poteva essere più
"povero" di un mendicante, se usava i suoi beni per il bene comune e
non se ne faceva possedere.
Il Terz'Ordine esplose. Nella sola
Germania, alla fine del Duecento, si contavano 100.000 terziari. Erano una
forza sociale formidabile: imponevano la pace nelle città lacerate dalle
fazioni, fondavano ospedali, proteggevano i deboli. Dante Alighieri era
terziario francescano. Come Giotto, Cristoforo Colombo, Galileo Galilei. E in
tempi più recenti, Alcide De Gasperi e Giorgio La Pira.
Oggi l'Ordine Francescano Secolare
conta circa 300.000 membri nel mondo. Non sono religiosi in senso tecnico, ma
laici che hanno scelto di vivere il Vangelo secondo il carisma francescano.
Gilbert Keith Chesterton, lo scrittore inglese convertito al cattolicesimo, ne
catturò l'essenza: «Francesco non disse al ricco di dare ai poveri. Disse ai
poveri di non invidiare i ricchi, e ai ricchi di non disprezzare i poveri. Questo
è molto più difficile, e molto più rivoluzionario».
La riforma dei
Cappuccini: ritorno alle origini
Nel 1525, frate Matteo da Bascio ebbe
una visione. Vide San Francesco che gli diceva: «Matteo, la mia Regola è stata
rilassata. Riportala al primo rigore». Nacquero così i Cappuccini, l'ultimo
grande ramo dell'albero francescano. Il nome veniva dal cappuccio a punta che
portavano, diverso da quello degli altri francescani.
Volevano povertà assoluta, vita
eremitica, predicazione itinerante. Niente conventi sontuosi, ma povere
capanne. Niente libri dotti, ma solo il Vangelo e il Crocifisso. La loro regola
era semplicissima: «Vivere il santo Vangelo di nostro Signore Gesù Cristo,
osservando povertà, castità e obbedienza».
I Cappuccini conquistarono l'Europa
con la loro predicazione ardente. San Fedele da Sigmaringa morì martire in
Svizzera mentre cercava di riportare i calvinisti alla Chiesa cattolica. San
Giuseppe da Leonessa evangelizzò i Turchi a Costantinopoli e fu martirizzato.
San Lorenzo da Brindisi, dottore della Chiesa, fu diplomatico papale e teologo
raffinato, pur mantenendo la semplicità cappuccina.
«I Cappuccini», scrisse lo storico
Ludwig von Pastor, «furono la forza d'urto della Controriforma». Ma non solo.
Quando nel 1630 la peste devastò Milano, San Carlo Borromeo chiamò i Cappuccini
per assistere gli appestati. Molti morirono, ma la loro testimonianza rimase.
Alessandro Manzoni li immortalò nei "Promessi Sposi" con la figura di
Fra Cristoforo.
Il carisma
francescano nel mondo moderno
«Andate in tutto il mondo e
proclamate il Vangelo a ogni creatura» (Mc 16,15). Questo comando di Gesù
risuona oggi con particolare urgenza nell'universo francescano. I figli di
Francesco sono presenti in tutti i continenti, spesso nelle periferie più
dimenticate del mondo.
In America Latina, i francescani sono
stati protagonisti dell'evangelizzazione fin dal XVI secolo. Junípero Serra, il
francescano spagnolo che fondò le missioni della California, è stato
canonizzato da Papa Francesco nel 2015. In Africa, i francescani gestiscono
scuole, ospedali, lebbrosari. San Massimiliano Kolbe, il francescano polacco
morto ad Auschwitz al posto di un padre di famiglia, aveva fondato una
"Città dell'Immacolata" anche in Giappone.
Il movimento francescano oggi conta
circa 32.000 frati (tra tutte le famiglie), 15.000 suore del Secondo Ordine,
oltre 400.000 membri del Terz'Ordine Regolare e dell'Ordine Francescano Secolare.
È il più grande movimento religioso della Chiesa cattolica dopo quello
benedettino.
Ma i numeri, come sempre, dicono
poco. L'importante è lo spirito. E lo spirito francescano sembra fatto apposta
per i tempi che viviamo. Henri Bergson, il filosofo francese, scrisse:
«Francesco d'Assisi fu forse il più grande mistico dell'Occidente cristiano. Ma
fu anche il più pratico». Ecco il segreto: unire contemplazione e azione,
preghiera e servizio, amore per Dio e cura per il creato.
L'ecologia
francescana: una profezia antica per una crisi moderna
«Laudato si', mi' Signore, per sora
nostra matre Terra, la quale ne sustenta et governa, et produce diversi fructi
con coloriti flori et herba». Il Cantico delle Creature, composto da Francesco
morente nel 1225, è considerato il primo testo poetico in volgare italiano. Ma
è anche molto di più: è il manifesto di un'ecologia integrale che anticipa di
otto secoli la sensibilità contemporanea.
Francesco non era un ecologista nel
senso moderno. Era un innamorato di Dio che vedeva nell'intera creazione un
riflesso della bellezza divina. «Tutte le cose», scrisse San Bonaventura, «per
lui erano come gradini per salire a Dio». Il sole era "frate sole",
la luna "sora luna", l'acqua "sora acqua humile et preziosa et
casta". Una famiglia cosmica dove ogni creatura aveva la sua dignità.
Papa Francesco, nell'enciclica
"Laudato si'" del 2015, ha riscoperto questa dimensione profetica del
carisma francescano. «Francesco è l'esempio per eccellenza della cura per ciò
che è debole e di una ecologia integrale, vissuta con gioia e autenticità»,
scrive il Papa. «È il santo patrono di tutti quelli che studiano e lavorano nel
campo dell'ecologia».
Non è un caso che il primo Papa
francescano della storia abbia scelto il nome del Poverello proprio quando
l'umanità sta prendendo coscienza dei limiti del pianeta. Il carisma
francescano offre una via alternativa al consumismo sfrenato: la sobrietà
gioiosa, la fraternità universale, la cura amorevole per la casa comune.
La sfida del
futuro: essere profeti in terra secolarizzata
«Voi siete il sale della terra; ma se
il sale perde il sapore, con che cosa lo si renderà salato?» (Mt 5,13). Questa
parola di Gesù risuona con particolare attualità per il movimento francescano
del XXI secolo. In un mondo sempre più secolarizzato, qual è il compito dei
figli di Francesco?
La risposta sta forse nella capacità
di coniugare fedeltà alle origini e creatività pastorale. I francescani di oggi
non possono limitarsi a conservare un patrimonio spirituale, per quanto
prezioso. Devono essere profeti del nostro tempo, capaci di leggere i segni dei
tempi e di incarnare il Vangelo nelle sfide contemporanee.
È quello che stanno facendo in molte
parti del mondo. Nelle favelas del Brasile, dove i francescani vivono gomito a gomito
con i poveri. Nei quartieri multietnici delle metropoli occidentali, dove
gestiscono centri di accoglienza per immigrati. Nei campus universitari, dove
propongono percorsi di formazione per giovani in ricerca. Nei media, dove
alcuni francescani sono diventati comunicatori apprezzati.
Romano Guardini, il grande teologo
tedesco, scrisse: «Francesco d'Assisi è una figura di portata mondiale. Il suo
messaggio supera i confini del cristianesimo e parla a tutti gli uomini di
buona volontà». È questa universalità del carisma francescano che continua ad
attrarre anche chi non condivide la fede cristiana. La testimonianza di una
vita sobria e fraterna, l'amore per la natura, la capacità di dialogo con
tutti: sono valori che parlano al cuore dell'uomo contemporaneo.
Il sogno continua
Ottocento anni dopo la conversione di
Francesco, il movimento che da lui ha preso nome è ancora vivo e vitale. Certo,
ha attraversato crisi e riforme, ha conosciuto momenti di splendore e periodi
di declino. Ma il fuoco acceso dal Poverello di Assisi continua a bruciare.
Perché quel fuoco non è umano. È il fuoco stesso del Vangelo, che «non passerà
mai» (Mt 24,35).
Thomas Merton, il monaco trappista
americano, scrisse nelle sue memorie: «Se dovessi indicare il santo che più mi
ha influenzato, direi senza esitazione San Francesco d'Assisi. Non perché abbia
mai pensato di imitarlo - sarebbe stata presunzione - ma perché in lui ho visto
cosa significa essere completamente di Cristo».
Ecco il segreto del movimento
francescano: non l'imitazione esteriore del santo di Assisi, ma la
partecipazione al suo spirito. Quello spirito che trasforma i cuori, che fa
vedere nei poveri il volto di Cristo, che sa scorgere nelle creature un
riflesso del Creatore. Quello spirito che, ancora oggi, continua a cambiare il
mondo. Una persona alla volta, una comunità alla volta, una famiglia religiosa
alla volta.
Il sogno di Francesco continua. E
continuerà finché ci saranno uomini e donne disposti a scommettere che «nulla è
impossibile a Dio» (Lc 1,37).
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