C’è un’ora che non sai,
un fiato nella casa chiusa,
e l’aria torna a muoversi.
Non la chiami:
ti sfiora soltanto,
come l’acqua che insiste
sulla pietra che credeva d’essere sola.
È discreta la gioia,
entra per fenditure antiche,
sul ciglio di una parola taciuta,
nel gesto che non pensavi
ancora capace di nascere.
E ti ritrovi intero,
quasi senza accorgerti,
come il ramo che dopo l’inverno
scopre di portare una gemma
e non sa quando l’ha accolta.
Allora impari il silenzio
che non pesa,
la luce che non brucia,
la vita che non domanda niente
e pure ti chiama per nome.
Perché la gioia è così:
arriva da un margine remoto,
non fa rumore,
ma ti attraversa
e rimani, per un istante,
nudo e vero
come il primo uomo
davanti al mattino del mondo.
(D. R.)

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