Parlami di lei

 


 

Parlami di lei,
tu che conosci il mormorio lento delle pietre
e il sussurro che l’ulivo affida al vento
quando il giorno si arrende al tramonto.
Parlami adesso,
ora che la sera cade lieve
come la carezza di chi non tornerà più.

 

C’era in lei un respiro che somigliava al pane caldo,
una dolcezza che l’acqua sapeva,
ma tratteneva, pudica.
Camminava come chi non vuole svegliare i fiori,
e la terra, sotto, diventava silenzio,
come quando ci si innamora per la prima volta.

 

Io,
che ho avuto solo un giorno –
ma era tutto il cielo –
lo tengo cucito al cuore
come una tasca vuota
che profuma ancora del suo nome.
Le ore non tornano.
Non tornano le ciglia abbassate
mentre pronunciavo piano
la sua felicità.

 

Era lei
la mia estate d’inverno,
la finestra socchiusa sul miracolo.
La sua voce sapeva di casa,
di colline lontane,
di vento buono
che muove il grano
senza mai strapparlo.

 

E ora,
nei vicoli dove il mare trattiene il respiro,
chiedo ai muri stanchi:
– L’avete vista?
Sapete dov’è passata,
lei che sapeva piegare la luce
con un sorriso,
e andarsene via
come chi non vuole farsi male?

 

Parlami di lei.
Dimmelo tu, tempo,
che m’hai lasciato lì
con una carezza spezzata
e nessuna parola abbastanza grande
da tenerla con me.

 

(Davide Romano)

 

Commenti

  1. "Non mi aveva toccata , non ce n'era bisogno. La sua presenza mi turbava talmente che avevo la sensazione che mi avesse accarezzata a lungo già da tempo " (Anäis Nin, Il Delta di Venere)

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