Ogni anno, il 27 gennaio, un silenzio sospeso avvolge l’Italia e il mondo
intero. È il giorno in cui si ricorda la Shoah, il genocidio degli ebrei
perpetrato dal regime nazista, un crimine che ha straziato l’Europa e segnato
in modo indelebile la storia del Novecento. Quella data non è soltanto il
ricordo della liberazione del campo di Auschwitz, ma un invito a riflettere
sull’umanità, sui suoi abissi e sui suoi errori. Un’occasione per domandarsi
se, a distanza di tanti anni, abbiamo davvero imparato le lezioni che la storia
ci ha imposto.
Nel panorama della memoria storica, il 27 gennaio assume una forza
simbolica che va al di là della mera celebrazione di un anniversario. È il
momento in cui le parole di chi ha vissuto quel dramma – i sopravvissuti, i
deportati, coloro che hanno portato sulle spalle un fardello che nessuna
generazione futura potrà mai comprendere pienamente – tornano a risuonare,
potenti e dolorose. Ogni anno ci sembra che quei racconti, quelle
testimonianze, quelle voci di chi ha visto e subito l’inimmaginabile, possano
smorzarsi, possano rischiare di sbiadire. Ma non deve essere così. Non può
esserlo.
La memoria come dovere
Perché, al di là delle parole, la Giornata della Memoria ci interroga su
qualcosa di ben più profondo: il dovere di non dimenticare. Non dimenticare
significa innanzitutto non cedere alla tentazione dell’indifferenza. Non
dimenticare è un impegno che riguarda ciascuno di noi, non solo come cittadini,
ma come esseri umani. Chi ha vissuto l’orrore, chi ha respirato la polvere
degli inceneritori nei lager nazisti, chi ha visto spezzarsi la propria vita,
ha sempre ricordato che il silenzio, l’indifferenza, sono complici della
barbarie. Come scriveva Primo Levi, uno dei più grandi testimoni della Shoah:
«Se comprendere è impossibile, conoscere è necessario». Non possiamo mai
credere che l'orrore dell'Olocausto sia una parentesi staccata dalla realtà che
ci circonda. Ogni volta che chiudiamo gli occhi, ogni volta che ci allontaniamo
dal ricordo, rischiamo di perdere una lezione fondamentale. Rischiamo di
dimenticare che l’odio, la violenza, la discriminazione non sono legati a
un'epoca passata, ma possono riaffiorare in qualsiasi momento, se lasciamo che
la memoria venga cancellata.
In questo senso, la Giornata della Memoria non è solo un tributo alle
vittime, ma un atto di resistenza. Un atto di resistenza contro la
banalizzazione della storia, contro chi vuole ridurre l’orrore a una narrazione
monolitica e lontana, distaccata dalla nostra esperienza. Come ci ricorda Elie
Wiesel, sopravvissuto ad Auschwitz, «Per sopravvivere bisogna ricordare, per
ricordare bisogna testimoniare». Non possiamo dimenticare, perché il ricordo ci
rende più forti, più vigili, più responsabili.
La trasmissione della memoria alle nuove generazioni
La vera sfida della memoria non sta solo nel conservare il ricordo di
quanto accaduto, ma nel trasmetterlo. Oggi, che i testimoni diretti di quei
giorni terribili si stanno facendo sempre più rari, il rischio di perdere la
memoria di ciò che è stato cresce ogni anno. Le generazioni più giovani, quelle
che non hanno conosciuto la paura di una guerra devastante, non hanno vissuto
la morte quotidiana dei campi di concentramento, non possono comprendere fino
in fondo la portata di quanto accaduto. Eppure, è proprio loro che dobbiamo
rivolgerci, perché sono loro a doversi fare carico del futuro. Non basta
parlare di numeri, di fatti, di eventi. È necessario educare alla memoria, con
il cuore e con la testa. Come scriveva lo stesso Levi: «La memoria è un atto di
volontà, non un’ispirazione».
Il rischio che la memoria della Shoah diventi un capitolo di storia, un
evento lontano e distante, è più concreto che mai. Ma la memoria non è un
esercizio formale. Non è un articolo di storia, né una lezione da imparare sui
libri. La memoria della Shoah è una sfida per il presente. È un richiamo alla
nostra capacità di riconoscere l’umanità in ogni uomo, a non cadere nelle
trappole dell’intolleranza e del pregiudizio. L’odio che ha scatenato quella
tragedia non si è estinto con la fine della Seconda Guerra Mondiale. I germi di
quel male sono sempre lì, pronti a germogliare in un clima di paura e di
ignoranza.
L’attualità della memoria
Nel nostro tempo, che assiste a un revival di nazionalismi, xenofobia,
razzismo, l’insegnamento della Shoah è più che mai urgente. Come ammoniva lo
stesso Wiesel, «L’indifferenza è più pericolosa dell’odio. È il più grande
nemico della giustizia». E se la memoria non è trasmessa correttamente, se il
ricordo non è vivificato ogni anno, rischiamo che la storia possa ripetersi, in
forme diverse, ma con gli stessi meccanismi. Il passato non è mai passato. Lo
dimostra, purtroppo, la cronaca quotidiana, che ci offre un’eco del passato nei
nuovi episodi di violenza, di odio, di persecuzione.
In un mondo sempre più diviso, sempre più polarizzato, il rischio di
ripetere gli errori del passato è più che concreto. Ecco perché la Giornata
della Memoria è un invito a non girarsi dall’altra parte. Non basta
commemorare, bisogna anche agire. Come ci ricordava Hannah Arendt, filosofa che
ha indagato le radici del totalitarismo, «La più grande prova che possiamo dare
di essere uomini è ricordare». E ricordare non è solo un atto di conservazione,
ma di attivismo. Un’attivazione che deve passare attraverso le scuole, le
università, i media, le istituzioni. Ma anche attraverso le nostre coscienze
individuali.
Un impegno di tutti
La memoria della Shoah non è un fatto del passato, ma una realtà che ci
interroga ogni giorno. Ogni anno, il 27 gennaio, dobbiamo fermarci a
riflettere, a domandarci se stiamo facendo abbastanza, se stiamo guardando
davvero al nostro presente con gli occhi di chi ha vissuto l’orrore. Non
possiamo permettere che la memoria venga sepolta sotto il peso dell’indifferenza.
Come ci ricorda un altro sopravvissuto, il grande scrittore Primo Levi: «La
memoria non è solo un ricordo. È un impegno». Un impegno che riguarda tutti
noi, oggi più che mai, nel momento in cui le ombre del passato sembrano
riaffiorare in forme nuove. La Giornata della Memoria non è solo un
anniversario da celebrare, ma un richiamo a non cedere mai alla tentazione
dell’oblio. La memoria, infatti, è la nostra unica protezione contro l’oblio,
l’unico strumento che ci consente di costruire un futuro di pace e di civiltà.
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