Vi è qualcosa di irresistibilmente affascinante nelle
conversioni religiose dei personaggi celebri, specialmente quando a essere
abbracciata è la fede cattolica. Non è solo la curiosità morbosa per le vicende
altrui – quella c'è sempre, inutile negarlo – ma è l'intreccio tra il divino e
l'umano, tra la vita pubblica e l'intimità dell'anima che cattura l'attenzione.
Come se il fatto che un divo del cinema, un intellettuale di grido o un
politico navigato s'inginocchi davanti a un crocifisso possa in qualche modo
confermare o smentire le nostre personali convinzioni.
In fondo, ci piace pensare che chi ha avuto tutto – fama,
denaro, successo, bellezza – abbia scoperto che quel “tutto” non bastava. E che
abbia trovato nella Chiesa quella risposta che noi, comuni mortali, cerchiamo
da sempre. O, per i più cinici, ci piace credere che anche quelle conversioni
siano, in fin dei conti, un’altra forma di spettacolo, un modo elegante per
reinventarsi quando i riflettori cominciano a spegnersi.
La verità, come sempre, sfugge alle nostre categorizzazioni.
Ogni conversione è una storia a sé, un percorso intimo e personalissimo che può
iniziare tra le pieghe dell'inquietudine esistenziale, nel dolore di una
perdita o nell'incontro con una testimonianza autentica. Proviamo a raccontarne
alcune, tenendo presente che, come ammoniva sant'Agostino – lui stesso illustre
convertito – i sentieri che portano a Dio sono tanti quante sono le anime che
lo cercano.
Hollywood e la croce, conversioni sotto i riflettori
Partiamo da Hollywood, quella fabbrica di sogni e illusioni
che, paradossalmente, ha visto alcune delle conversioni più sincere e durature.
Il caso di Gary Cooper resta emblematico. La star di “Per chi suona la campana”
e “Mezzogiorno di fuoco”, sex symbol degli anni ‘30 e ‘40, abbracciò il
cattolicesimo nel 1959, poco prima della sua morte per cancro. La sua
conversione, documentata dalla figlia Maria Cooper Janis nel libro “Gary
Cooper: Enduring Style” (PowerHouse Books, 2011), fu influenzata dall’amicizia
con il regista cattolico Leo McCarey e dalla lunga riflessione sulla mortalità
innescata dalla malattia. “Quello che cerco è la pace interiore”, dichiarò in
un’intervista al Catholic Digest nel 1960. “E l'ho trovata solo quando ho
capito che c’è qualcosa di più grande di me, una presenza che dà senso a
tutto”.
Più recente e altrettanto significativa è la conversione di
Nicole Kidman, cresciuta come cattolica ma allontanatasi dalla Chiesa durante
il matrimonio con Tom Cruise, seguace di Scientology. Come riportato dal biografo
David Thomson in “Nicole Kidman: An Unauthorized Biography” (Knopf, 2006),
l'attrice australiana è tornata alla fede cattolica dopo il divorzio, trovando
in essa un’ancora durante il periodo difficile della separazione. “La fede mi
ha dato la forza quando tutto sembrava crollare”, ha dichiarato al Sydney
Morning Herald nel 2003. Oggi Kidman frequenta regolarmente la messa con i
figli e ha voluto un matrimonio cattolico con Keith Urban.
Ma la conversione hollywoodiana che ha fatto più rumore
negli ultimi anni è quella di Shia LaBeouf, star di “Transformers” e artista
controverso. La sua conversione, avvenuta durante la preparazione per il film
“Padre Pio” (2022), è stata raccontata dallo stesso attore in un’intervista a
Bishop Barron Presents nell'agosto 2022. LaBeouf, cresciuto in una famiglia
ebraica non praticante, ha trovato nella fede cattolica un’àncora dopo anni di
scandali, problemi con la legge e dipendenze. “Non cercavo Dio, cercavo una via
d'uscita dalla vergogna”, ha confessato. “Invece ho trovato qualcosa di molto
più grande”. La rivista America ha definito la sua conversione “uno dei più
sorprendenti percorsi spirituali di Hollywood” (settembre 2022).
Non tutte le conversioni hollywoodiane resistono alla prova
del tempo, certo. Ma è interessante notare come, in un ambiente notoriamente
secolarizzato come quello dell’industria cinematografica, la Chiesa cattolica
continui a esercitare un fascino particolare. Forse perché, come suggerisce il
critico culturale Ross Douthat nel suo “Bad Religion” (Free Press, 2012), “il
cattolicesimo offre una narrazione completa, una visione del mondo che risponde
alle domande ultime che il materialismo hollywoodiano lascia inevase”.
Gli intellettuali e la fede, quando la ragione incontra il
mistero
Se le conversioni delle star del cinema possono essere
liquidate dai cinici come operazioni di immagine, più difficile è spiegare con
la stessa facilità quelle degli intellettuali, degli scrittori, dei pensatori
che hanno dedicato la vita alla ricerca della verità. Qui la Chiesa può vantare
una tradizione illustre, da Agostino d'Ippona a John Henry Newman, da Gilbert
Keith Chesterton a Edith Stein.
Uno dei casi più eclatanti del XX secolo è quello di Malcolm
Muggeridge, giornalista britannico, direttore del satirico Punch e
corrispondente di guerra, che per anni fu un critico feroce del cristianesimo.
La sua conversione al cattolicesimo, avvenuta nel 1982 all'età di 79 anni
insieme alla moglie Kitty, fu preceduta da un lungo percorso intellettuale e
spirituale, documentato nella sua autobiografia “Chronicles of Wasted Time”
(Collins, 1972). Fu l’incontro con Madre Teresa di Calcutta, su cui realizzò un
documentario per la BBC nel 1969, a segnare una svolta decisiva. “Ho visto in
lei qualcosa che non potevo spiegare con le categorie del mio scetticismo”,
scrisse. “Una luce che veniva da altrove”. Muggeridge, che era stato un
libertino e un cinico, divenne un apologeta della fede e un difensore della
vita, schierandosi contro l'aborto e l'eutanasia.
Altrettanto significativa è la conversione di Alasdair
MacIntyre, uno dei più importanti filosofi morali contemporanei. Nato in una
famiglia protestante scozzese, MacIntyre è passato attraverso il marxismo e
l'ateismo prima di approdare al cattolicesimo nel 1983. Come racconta Nicholas
Wolterstorff in “Inquiring about God” (Cambridge University Press, 2010), la
conversione di MacIntyre fu il risultato di un lungo confronto intellettuale
con la tradizione tomista e con i limiti del liberalismo moderno. Il suo “After
Virtue” (University of Notre Dame Press, 1981), scritto prima della conversione
ma già orientato verso una critica della modernità, è considerato uno dei testi
filosofici più influenti degli ultimi decenni. MacIntyre ha trovato nel
cattolicesimo non una fuga dalla ragione, ma il suo compimento: “Solo una
tradizione che riconosca la dipendenza della ragione da un contesto di virtù
può salvare la razionalità stessa”, ha dichiarato in un'intervista a First
Things nel 1994.
Più recente e meno nota al grande pubblico, ma non meno
significativa, è la conversione dello scrittore e saggista Joseph Pearce. Ex
membro del National Front britannico, movimento di estrema destra, e redattore
di una rivista razzista che gli costò due condanne al carcere per incitamento
all’odio razziale, Pearce ha trovato la via della conversione attraverso la
letteratura cattolica, in particolare le opere di G.K. Chesterton e Hilaire
Belloc. La sua trasformazione da militante neonazista a cattolico devoto è
narrata nel suo memoir “Race With the Devil” (Saint Benedict Press, 2013). Oggi
Pearce è un rispettato biografo e critico letterario, direttore della rivista
Saint Austin Review e autore di studi su Tolkien, Shakespeare e Oscar Wilde.
Questi percorsi intellettuali verso il cattolicesimo
sembrano confermare ciò che il teologo Hans Urs von Balthasar scriveva nel
saggio “La verità è sinfonica” (Jaca Book, 1974): “La fede cattolica non è un
rifugio per menti deboli, ma una sfida per intelletti forti che cercano una
visione integrale della realtà”.
Dalla politica all'altare, conversioni che cambiano la
storia
Anche il mondo della politica ha visto conversioni
clamorose, che talvolta hanno modificato non solo la vita personale dei
protagonisti ma anche il corso degli eventi. Il caso più celebre in Italia è
quello di Alcide De Gasperi, nato nel Trentino asburgico in una famiglia
cattolica ma allontanatosi dalla pratica religiosa durante gli anni
universitari. La sua riscoperta della fede, narrata dal biografo Piero Craveri
in "De Gasperi" (Il Mulino, 2006), avvenne gradualmente durante il
fascismo, anche grazie all'influenza della moglie Francesca. La fede cattolica
divenne per lui non solo un ancoraggio personale durante gli anni difficili del
regime e della guerra, ma anche l'ispirazione per il suo progetto politico di
ricostruzione democratica dell'Italia. "Un politico può anche essere
devoto", scrisse in una lettera alla figlia, "quando comprende che il
servizio agli altri è la forma più alta di fedeltà a Dio".
Oltreoceano, la conversione di Jeb Bush, ex governatore
della Florida e candidato alle primarie repubblicane nel 2016, ha suscitato
meno clamore ma non è meno significativa. Cresciuto come episcopaliano, Bush si
è convertito al cattolicesimo nel 1995, influenzato dalla moglie messicana
Columba. Come riportato dal Washington Post (15 giugno 2015), la sua
conversione non fu un'operazione di facciata per conquistare l'elettorato
ispanico, ma una scelta profonda che ha influenzato le sue posizioni su temi
come l'aborto e l'immigrazione, spesso in contrasto con la linea del suo
partito.
Un caso più controverso è quello di Tony Blair, che ha
abbracciato formalmente il cattolicesimo solo dopo aver lasciato la carica di
primo ministro britannico nel 2007. La sua conversione, preparata da anni di
partecipazione alla messa insieme alla moglie cattolica Cherie, è stata vista
da molti come tardiva e opportunistica, considerando le posizioni pro-choice
del suo governo. Il biografo John Rentoul, in "Tony Blair: Prime
Minister" (Little, Brown, 2001), sostiene che Blair avrebbe voluto
convertirsi molto prima, ma fu consigliato di aspettare per non creare
imbarazzi istituzionali in un paese con una forte tradizione anticattolica. Lo
stesso Blair, in un'intervista alla BBC nel dicembre 2007, ha ammesso: "Ho
sempre voluto farlo, ma la politica rende tutto più complicato".
Questi esempi illustrano come la conversione religiosa,
anche per chi vive sotto i riflettori della politica, rimanga un fatto
intimamente personale ma con potenziali ripercussioni pubbliche. Come scrive il
politologo Francis Fukuyama in "Identity" (Farrar, Straus and Giroux,
2018), "la fede religiosa, in un'epoca di identità frammentate, può
offrire quella narrazione coerente che la politica contemporanea non riesce più
a garantire".
Dalle altre fedi a Roma: il fascino dell'universalità
cattolica
Un capitolo particolarmente interessante è quello delle
conversioni al cattolicesimo da parte di esponenti di altre confessioni
religiose, in particolare dall'ebraismo e dall'islam. Questi passaggi, spesso
dolorosi per le rotture familiari e comunitarie che comportano, testimoniano il
fascino che l'universalità cattolica continua a esercitare.
Il caso dell'israeliano Israel Zolli, rabbino capo di Roma
durante la Seconda guerra mondiale, resta emblematico. La sua conversione,
avvenuta nel febbraio 1945 dopo la liberazione di Roma, suscitò scandalo nella
comunità ebraica, che la percepì come un tradimento, soprattutto alla luce
dell'Olocausto appena consumato. Zolli, che nel battesimo prese il nome di
Eugenio in omaggio a papa Pio XII, raccontò il suo percorso nel libro
"Before the Dawn" (Sheed & Ward, 1954). La sua non fu una
conversione improvvisa, ma il punto d'arrivo di una lunga ricerca teologica
iniziata anni prima. "Non ho abbandonato l'ebraismo", dichiarò,
"l'ho completato". Judith Cabaud, nella biografia "Israel Zolli,
rabbino di Roma" (San Paolo, 2010), presenta la sua conversione come un
atto di coerenza intellettuale piuttosto che di opportunismo, come invece
sostennero i suoi detrattori.
Più recente e altrettanto significativa è la conversione di
Magdi Cristiano Allam, giornalista egiziano naturalizzato italiano, ex
vicedirettore del Corriere della Sera. Musulmano moderato e critico
dell'islamismo radicale, Allam è stato battezzato da Benedetto XVI durante la
veglia pasquale del 2008. Nel suo libro "Grazie Gesù" (Mondadori,
2008), Allam descrive il suo percorso come una liberazione: "Dal
relativismo sono approdato alla fede nell'Assoluto". La sua conversione è
stata criticata da molti leader musulmani come una provocazione, soprattutto
per la scelta di ricevere il battesimo dal Papa in una cerimonia pubblica.
Negli anni successivi, tuttavia, Allam ha preso le distanze dalla Chiesa su
alcuni temi, in particolare sull'immigrazione e sul dialogo interreligioso,
fino a dichiarare nel 2013 di non riconoscersi più nel "cattolicesimo
relativista e remissivo" di Papa Francesco, pur restando cristiano.
Di segno diverso ma ugualmente significativa è la
conversione di Muhammad Shaikh, intellettuale pakistano che ha abbracciato il
cattolicesimo nel 2005, come documentato dal Pakistan Christian Post (12 aprile
2005). La sua decisione gli è costata minacce di morte e l'esilio, ma non l'ha
fatto recedere. In un'intervista ad Asia News (3 maggio 2006), Shaikh ha
spiegato: "Ho trovato nel cattolicesimo quella sintesi di fede e ragione
che l'islam promette ma non realizza. E ho scoperto un Dio che non chiede
sottomissione ma offre amore".
Queste conversioni dall'ebraismo e dall'islam al
cattolicesimo sembrano confermare ciò che il filosofo Jean-Luc Marion scrive in
"Dio senza essere" (Jaca Book, 2008): "Il cristianesimo non è
una religione tra le altre, ma il superamento del religioso stesso in direzione
di un incontro personale con Dio".
La via dell'arte: quando la bellezza conduce alla verità
Un percorso particolare verso il cattolicesimo è quello
degli artisti, per i quali spesso è la via pulchritudinis, la via della
bellezza, a condurre alla verità della fede. Il compositore francese Olivier
Messiaen, uno dei giganti della musica del Novecento, non era un convertito in
senso stretto, essendo nato in una famiglia cattolica, ma visse un profondo
risveglio spirituale che influenzò tutta la sua opera. Come riporta il
musicologo Peter Hill in "The Messiaen Companion" (Faber & Faber,
1994), la fede di Messiaen non era un ornamento esteriore ma il cuore stesso
della sua ispirazione. Opere come la "Turangalîla-Symphonie" o il
"Quatuor pour la fin du temps", composto durante la prigionia in un
campo di concentramento tedesco, sono tentativi di tradurre in suoni i misteri
della fede cattolica.
Tra i convertiti in senso proprio, spicca la figura del
poeta americano Robert Lowell. Nato in una famiglia protestante del New
England, Lowell si convertì al cattolicesimo nel 1940, all'età di 23 anni,
influenzato dalla lettura di Léon Bloy e Jacques Maritain. Come documenta
Jeffrey Meyers nella biografia "Robert Lowell: Life and Art"
(Houghton Mifflin, 1994), la conversione di Lowell fu così radicale da
spingerlo a rompere con la famiglia e con la tradizione culturale in cui era
cresciuto. La sua prima raccolta poetica, "Lord Weary's Castle"
(1946), vincitrice del Premio Pulitzer, è intrisa di simbolismo cattolico e di
una visione sacramentale della realtà. Sebbene Lowell si sia poi allontanato
dalla pratica religiosa negli anni '50, la sua formazione cattolica ha
continuato a influenzare la sua poetica.
Più recente e meno nota è la conversione del regista polacco
Krzysztof Zanussi, avvenuta negli anni '60. Come racconta egli stesso nel
libro-intervista "Tra fede e cultura" (Spirali, 2003), il suo
percorso verso il cattolicesimo fu segnato dalla lettura delle opere di Romano
Guardini e dall'amicizia con Karol Wojtyła, futuro Giovanni Paolo II.
"L'arte che non si pone domande ultime non è vera arte", ha
dichiarato in un'intervista a La Civiltà Cattolica (aprile 2007). "E le
domande ultime, prima o poi, conducono alla soglia della fede".
Questi esempi mostrano come, per molti artisti, la
conversione non sia stata una fuga dall'arte verso la religione, ma una
riscoperta della dimensione trascendente dell'arte stessa. Come scrive il
filosofo Jean-Luc Nancy in "Del sacro" (Bollati Boringhieri, 2007),
"l'arte e il sacro condividono lo stesso spazio: quello dell'invisibile
che si fa visibile, dell'indicibile che cerca espressione".
Le conversioni dell'era digitale: nuove strade per antiche
ricerche
Nell'era di internet e dei social media, anche le
conversioni religiose assumono forme nuove, talvolta più pubbliche e
mediatiche, talvolta più discrete ma facilitate dall'accesso a risorse online
che un tempo sarebbero state difficilmente reperibili. È il caso di Leah
Libresco, blogger atea e razionalista che ha annunciato la sua conversione al
cattolicesimo sul blog Patheos nel 2012, scatenando un putiferio nel mondo
dell'ateismo militante online. Come racconta nel suo libro "Arriving at
Amen" (Ave Maria Press, 2015), il suo percorso è stato puramente
intellettuale: "Non ho avuto esperienze mistiche o crisi esistenziali. Ho
semplicemente seguito l'argomentazione morale fino alla sua conclusione logica,
e mi sono ritrovata cattolica". La sua conversione è stata coperta da
testate come CNN, The Huffington Post e The Guardian, facendone un caso
emblematico di conversione nell'era digitale.
Simile ma con sfumature diverse è la conversione di Jennifer
Fulwiler, blogger texana e atea convinta, che ha documentato il suo cammino
verso il cattolicesimo nel libro "Something Other Than God" (Ignatius
Press, 2014) e nel suo blog "Conversion Diary". Per Fulwiler, madre
di sei figli, il percorso è iniziato con domande esistenziali sulla maternità
che l'ateismo non riusciva a soddisfare. "Mi sono ritrovata a pregare un
Dio in cui non credevo ancora", ha scritto, "e lui ha risposto".
Un fenomeno interessante è anche quello dei "cattolici
digitali", convertiti che utilizzano i nuovi media per testimoniare la
loro fede. Brandon Vogt, convertito dall'ateismo nel 2008, ha fondato
StrangeNotions.com, un portale di dialogo tra cattolici e atei, e ha scritto
"Why I Am Catholic (And You Should Be Too)" (Ave Maria Press, 2017).
Vogt rappresenta una nuova generazione di convertiti che non vede
contraddizione tra fede cattolica e cultura digitale, ma anzi utilizza la
seconda per diffondere la prima.
Questi esempi mostrano come, nell'era digitale, le
conversioni religiose non siano diventate più rare o più superficiali, come
alcuni temevano, ma abbiano trovato nuovi canali di espressione e condivisione.
Come osserva il sociologo Massimo Introvigne nel saggio "Nuove religioni e
Internet" (Mimesis, 2015), "il web non ha sostituito l'esperienza
religiosa tradizionale, ma l'ha integrata, offrendo spazi di confronto e
approfondimento che spesso conducono a incontri reali e a scelte
concrete".
Conclusioni: oltre lo stereotipo
Questa rassegna, necessariamente incompleta, di conversioni
celebri al cattolicesimo ci mostra quanto sia riduttivo lo stereotipo del
convertito come persona fragile in cerca di certezze o, all'opposto, come
opportunista in cerca di visibilità. Le strade che conducono a Roma sono
infinite, come infinite sono le motivazioni, le esperienze, i percorsi
intellettuali ed emotivi che portano uomini e donne a bussare alle porte della
Chiesa.
Se c'è un filo conduttore in queste storie così diverse, è
forse quella ricerca di una verità che non sia solo intellettuale ma
esistenziale, di una coerenza tra pensiero e vita, di una risposta che abbracci
tutte le dimensioni dell'umano. Come scrive il filosofo Charles Taylor in
"L'età secolare" (Feltrinelli, 2009), "il bisogno di significato
e di pienezza non è scomparso nella modernità secolarizzata; ha solo assunto
forme diverse, talvolta meno visibili ma non meno intense".
Per chi crede, queste conversioni sono segno dell'azione
della grazia che opera nei modi più imprevedibili. Per chi non crede, sono
comunque testimonianze di quella inquietudine che caratterizza l'umano, di quel
"cuore inquieto" che, come diceva Agostino, non trova pace finché non
riposa in qualcosa – o Qualcuno – che lo trascende.
E forse, in fondo, è proprio questo il fascino perenne delle
storie di conversione: ci ricordano che, in un mondo che sembra premiare il
cinismo e l'indifferenza, la ricerca della verità e la disponibilità a cambiare
vita per essa restano valori fondamentali. Anche quando – anzi, soprattutto
quando – portano dove non ci si aspettava di arrivare: davanti a un altare, in
ginocchio, a confessare che forse, dopotutto, non siamo noi i padroni del
nostro destino.
Complimenti , uno degli articoli più belli che abbia letto!
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